Affrontare il declino delle aree interne: l’Irpinia diventa un caso studio

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La provincia di Avellino è un caso di studio. E infatti il paper di Alessandra Marra e Michele Grimaldi – ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Civile all’Università di Salerno – si prova a costruire una metodologia per affrontare il declino delle aree interne, a sostegno di una pianificazione strategica sostenibile del territorio.

Il lavoro riguarda la lotta al declino e allo spopolamento delle Periferie Interne (che troveremo identificate con le iniziali IP), un fenomeno in atto a livello globale e in tutta Europa, dove ha raggiunto una dimensione allarmante, causando disparità regionali che minacciano il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

In Italia, dove il termine Aree Interne (AIS) è usato come sinonimo, più della metà dei Comuni presenta i problemi tipici delle periferie. Poiché queste ultime hanno una natura sovracomunale, la pianificazione territoriale strategica provinciale è considerata adeguata a contrastare queste criticità, assicurando uno sviluppo equilibrato e sostenibile in ambito sociale, economico e ambientale.

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A tal fine, dopo una revisione dello stato dell’arte, la ricerca di Marra e Grimaldi propone una metodologia per la costruzione e la mappatura di un Indice di Declino, utile per identificare spazialmente i comuni più critici che forniscono strategie prioritarie per contrastare il fenomeno attraverso un Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. Il metodo si basa su un approccio di analisi multicriteriale, in cui viene integrata l’Analisi delle Componenti Principali (PCA) e viene applicato al caso di studio della Provincia di Avellino – Regione Campania – che contiene molti comuni appartenenti alle aree interne. Il metodo proposto è utile anche per supportare la pianificazione e la programmazione regionale per la coesione territoriale e la crescita regionale sostenibile.

1. Introduzione

Nei Paesi sviluppati, il fenomeno dello spopolamento di vaste aree territoriali, avvenuto parallelamente all’esodo verso le aree urbane e metropolitane, ha assunto una dimensione preoccupante, con disparità economiche, sociali e ambientali potenzialmente gravi che minacciano uno sviluppo regionale sostenibile. Il fenomeno di generale declino da cui sono affette queste aree è destinato ad aggravarsi, considerando che si stima che la popolazione residente nelle città sarà del 70% entro il 2050.

In Europa, queste porzioni di territorio sono definite Periferie Interne (PI) in quanto, in una prima fase, sono state identificate come aree interne e/o montane, geograficamente distanti dai principali centri urbani, rispetto ai quali sono periferiche. Successivamente, oltre alla perifericità sono state considerate anche le problematiche socio-economiche, intese come un processo più complesso e multidimensionale, guidato da molteplici cause, che minacciano il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) promossi dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. L’Agenda territoriale europea 2030 riconosce la pianificazione territoriale come cruciale per migliorare i divari di sviluppo del PI, rafforzare la coesione territoriale e garantire uno sviluppo regionale sostenibile.

In Italia, le porzioni di territorio interessate dalle suddette problematiche sono definite Aree Interne (AI) e sono oggetto di specifiche politiche di contrasto al declino nell’ambito della Strategia Nazionale per le Aree Interne, con l’acronimo italiano SNAI.

Il termine Aree Interne permette di distinguerle dalle Periferie Urbane (UP), che presentano problemi di disuguaglianze in parte sovrapponibili ma leggibili su scala infraurbana piuttosto che su scala regionale. Le UP si trovano in contesti territoriali a più alta densità di popolazione, tipici delle aree urbane e metropolitane piuttosto che dei territori rurali delle AI, e sono soggette ad altre politiche specifiche.

In Italia, nelle AI, che coincidono principalmente con i piccoli comuni, si assiste a un generale calo demografico, che si traduce in un rapido e allarmante spopolamento delle AI in tutte le regioni, anche se in misura maggiore nel Sud Italia.

Secondo la Commissione europea, i principali problemi responsabili del fenomeno della perifericità interna, o driver, sono il basso potenziale economico, la mancanza di servizi essenziali e lo svantaggio socio-economico.

La Commissione raccomanda di enfatizzare la dimensione territoriale delle politiche, nel senso che politiche territoriali ben mirate e complete possono invertire il declino della PI.

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Trattandosi di problemi sovracomunali che coinvolgono ampi territori, le strategie per contrastarli possono essere inquadrate nella pianificazione territoriale strategica e rivolte principalmente alle aree in condizioni più gravi.

Sebbene siano riconoscibili diversi periodi di pianificazione strategica e molteplici approcci alla sua concezione, la pianificazione strategica è considerata in grado di affrontare una molteplicità di problemi. Affronta questi problemi con strategie di medio-lungo termine che coinvolgono molteplici attori e specificità territoriali. La sua connotazione spaziale consente di territorializzare i problemi e, di conseguenza, di indirizzare le strategie verso i luoghi in cui si ritiene possano essere più efficaci, puntando a uno sviluppo equilibrato e sostenibile.

A tal fine, è stata condotta una revisione della letteratura scientifica internazionale e nazionale per comprendere i criteri e i metodi per identificare spazialmente i PI/IA.

In questa direzione, è necessario considerare il consistente lavoro svolto nell’ambito del progetto Processes, Features and Cycles of Inner Peripheries in Europe (PROFECY) a livello europeo e della Strategia Nazionale delle Aree Interne (SNAI), a livello italiano. Pertanto, invece di condurre una revisione ex novo, il lavoro si è mosso lungo i seguenti due percorsi, ritenuti più rilevanti:

  • L’analisi dei principali rapporti tecnici di PROFECY e SNAI (letteratura tecnica);
  • Lo studio di articoli peer-reviewed che prendono i risultati di questi programmi come punto di partenza scientifico per migliorarne il contenuto, rendendolo adatto al contesto italiano (Letteratura accademica).

I risultati complessivi di questa revisione sono riassunti di seguito per evidenziare le lacune della letteratura che hanno portato alla definizione degli obiettivi di questo specifico contributo, parte di un più ampio progetto di ricerca volto a contrastare il declino delle aree interne attraverso la pianificazione urbana e territoriale.

1.1. Letteratura tecnica

Come accennato, sia in Europa che in Italia sono state avviate particolari politiche per contrastare il declino demografico e favorire lo sviluppo delle Periferie/Aree Interne (IP/IA): il progetto PROFECY del programma ESPON 2020, a livello europeo, e la SNAI in Italia. Entrambe le manovre prevedono l’identificazione spazio-geografica delle aree più critiche al fine di territorializzare le strategie volte a migliorarne le condizioni, secondo un approccio basato sull’area.

Nel progetto PROFECY, avviato nel 2016, i PI sono stati mappati su scala NUTS-3 [23], corrispondente alle province per l’Italia, con riferimento ad alcuni indicatori scelti in base ai seguenti problemi o driver, riconosciuti come affliggenti tali aree:

  • Scarsa accessibilità/mancanza di accesso ai servizi di interesse generale;
  • Il basso potenziale economico o la situazione socio-economica svantaggiata;
  • La combinazione dei due fattori precedenti.

Inoltre, il progetto PROFECY si occupa anche di identificare le aree a rischio di diventare IP (RIP) per prevenire un possibile peggioramento delle loro condizioni, tale da farle diventare IP nel tempo. L’aggiornamento della mappatura, finalizzato nel 2022, ha come obiettivo principale la revisione dei dati sui servizi di interesse generale e gli impatti sulla loro accessibilità dovuti alla crisi sanitaria COVID-19.

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In Italia, la SNAI, avviata con il ciclo di programmazione 2014-2020, individua le AI su base comunale, corrispondenti alla scala europea LAU, utilizzando come unico indicatore il tempo di percorrenza (t) necessario per raggiungere i poli urbani più vicini spazialmente, poli che coincidono con i comuni in grado di offrire i seguenti “servizi essenziali”:

  • Istruzione, per la quale si considera l’intera offerta scolastica secondaria;
  • Mobilità, per la quale deve essere presente almeno una stazione di categoria Silver, che prevede sistemi di media-piccola e lunga percorrenza, inferiore alla classe Gold, costituita da sistemi medio-grandi, secondo la classificazione di Rete Ferroviaria Italiana;
  • Sanità, per la quale deve essere presente almeno un ospedale con DEA di I livello, dove DEA è l’acronimo di “Dipartimento di Emergenza e Accettazione”.

In questo modo, i comuni italiani sono classificati in Centri di Offerta di Servizi, ovvero poli e poli intercomunali; aree di cintura (t < 20′); Aree Interne, suddivise in Intermedie (20′ < t > 40′), Periferiche (40′ < t > 75′) e Ultraperiferiche (t > 75′).

Nella fase iniziale di implementazione, la SNAI ha riguardato aree progetto, definite “Aree Pilota”, in cui erano mature le condizioni tipiche delle AI, una per regione. Un punto importante della SNAI è l’incoraggiamento dei Comuni coinvolti nella gestione associata delle attività comunali funzionali al successo della strategia, compresa la pianificazione urbana. Questo approccio, pur non coinvolgendo le province, incorpora la necessità di governare problemi che vanno oltre la dimensione del singolo comune, spingendo verso la dimensione intercomunale della pianificazione urbana [31]. In Italia, tuttavia, la pianificazione intercomunale si è affermata solo di recente e solo in alcune regioni.

L’aggiornamento della SNAI è stato fornito anche attraverso la nuova programmazione 2021-2027, che segue lo stesso approccio teorico e gli stessi criteri per la mappatura delle AI, ma considera dati di base più aggiornati e tecniche di calcolo delle distanze più sofisticate.

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QUI trovate per intero i capitoli dedicati alla letteratura di riferimento. Noi passiamo direttamente a tradurre e approfondire gli obiettivi di questa ricerca.

1.3. Lacune della letteratura e scopo del lavoro

Dall’analisi dello stato di fatto condotta con riferimento alla letteratura tecnico-accademica citata, si possono evidenziare le seguenti lacune:

  • La mancanza di una definizione condivisa di IP/IA;
  • L’eterogeneità dei problemi scatenanti o dei driver di declino;
  • L’assenza di un accordo sull’insieme di indicatori più adatti a misurare le IP/IA.

Al contrario, diversi studi sostengono l’uso dell’analisi delle componenti principali (PCA) come tecnica appropriata per ridurre il set di indicatori, evitando il rischio di ridondanza di informazioni, introducendo le cosiddette “componenti principali”.

Inoltre, gli studi sono coerenti nello scegliere la base comunale come unità di mappatura, ritenendo quella provinciale inadatta a cogliere le caratteristiche delle PI/IA a supporto delle politiche di contrasto dei fenomeni che le caratterizzano. Questo approccio suggerisce anche che lo strumento di pianificazione territoriale strategica più efficace per incorporare queste politiche è il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP).

Tuttavia, il rischio dell’applicazione della PCA è che le componenti principali estratte non siano interpretabili o categorizzabili al fine di definire strategie su misura per affrontare i fattori di declino. Questo aspetto rappresenta un limite che deve essere considerato quando la mappatura spaziale deve supportare la definizione di strategie di pianificazione. Inoltre, i driver selezionati devono essere affrontati nella pianificazione strategica a livello sovracomunale, coerentemente con gli scopi e la scala di applicazione di questi strumenti di pianificazione.

Va inoltre considerato che in Italia alla pianificazione provinciale viene data sempre meno importanza a causa della riforma dettata dalla Legge n. 56 del 2014, meglio conosciuta come Legge Delrio, che ha portato a una maggiore fragilità istituzionale delle Province. Nonostante ciò, un ente intermedio tra la regione e il comune, come la provincia, risulta più adatto ad affrontare problematiche di natura sovracomunale, anche in considerazione della scarsità di risorse che caratterizza i comuni, in particolare quelli di piccole dimensioni, e della loro scarsa attitudine all’associazionismo per una programmazione coordinata, questione sollevata dagli studiosi in merito alle difficoltà di attuazione della SNAI.

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Alla luce di quanto emerso, l’obiettivo principale di questo lavoro è quello di fornire alle Province uno strumento di supporto alle decisioni spaziali in grado di informarle sulla gravità del fenomeno del declino nei territori di loro competenza e responsabilizzarle sulle strategie volte ad arginarlo, da prevedere nei loro PTCP, in modo spazialmente esplicito.

La metodologia proposta è stata concepita per applicare la PCA integrandola in un approccio multicriteriale, al fine di gestire il limite di applicarla singolarmente, come già detto.

Si passa dunque ad illustrare la proposta metodologica applicata al caso di studio della Provincia di Avellino, che comprende numerosi comuni classificati come Aree Interne dalla SNAI, emblematico per la sperimentazione del metodo.

3. Caso di studio

La provincia di Avellino, nel distretto storico dell’Irpinia, nella Regione Campania (Italia), si trova nel tratto centrale dell’Appennino italiano, ha una popolazione di 397.010 abitanti ed è seconda per estensione territoriale dopo la provincia di Salerno, che conta più di un milione di abitanti. Su un totale di 118 comuni che la compongono, solo 7 superano i 10.000 abitanti, tutti localizzati intorno al capoluogo Avellino, che conta 52.161 residenti. Fa eccezione il comune di Ariano Irpino, situato al limite provinciale opposto ma secondo comune per popolazione con 20.890 abitanti, secondo i dati diffusi dall’Istituto Italiano di Statistica (ISTAT) al 1° gennaio 2024.

Il terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980 è stato l’evento che ha colpito la provincia con conseguenze drammatiche, che hanno interessato aree molto più vaste, sia nella Regione Campania che nella Regione Basilicata dell’Italia meridionale. Tuttavia, lo spopolamento è iniziato già nel secondo dopoguerra, nella stagione dell’emigrazione diretta all’estero. A partire dagli anni Duemila, la dinamica demografica, nel suo generale trend discendente, è stata più incisivamente influenzata dal calo della natalità piuttosto che dall’emigrazione.

Nel primo ciclo di programmazione, la SNAI ha incluso 61 comuni nelle AI: 34 intermedi, 25 periferici e 2 ultraperiferici. Nel secondo ciclo di programmazione, i comuni classificati come AI sono 59, di cui 31 intermedi e 28 periferici. In entrambi i cicli di programmazione, l’unico polo individuato è il Comune di Avellino, attorno al quale gravitano tutti i Comuni delle Aree di Cintura.

3.1. Pianificazione territoriale strategica esistente

Il Piano Territoriale Generale della Regione Campania, approvato nel 2008, individua aree intercomunali per le quali delineare strategie di sviluppo condivise, denominate Sistemi Territoriali di Sviluppo (STS). I STS sono stati perimetrati seguendo la geografia dei precedenti processi di auto-riconoscimento delle identità locali e di auto-organizzazione nello sviluppo (es. strumenti di programmazione negoziata, distretti industriali, parchi naturali e comunità montane). I STS sono classificati in base alle dominanti territoriali, rispetto alle quali il PTR propone una matrice di linee guida strategiche, alle quali assegna pesi diversi tra i valori uno e quattro.

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Tra questi indirizzi vi è una linea specifica finalizzata alla “valorizzazione dei territori marginali”, che riguarda sostanzialmente i Comuni che presentano le problematiche delle AI, anche se non espressamente dichiarate. Il PTCP di Avellino, che propone le stesse strategie ma diversifica i pesi attribuiti dal PTR, dà maggior peso a questa linea in numerosi STS appartenenti alla provincia per evitare il persistere del fenomeno dello spopolamento. A questo stesso scopo, il PTCP di Avellino individua gruppi di Comuni, i “Sistemi di Città”, per i quali propone strategie comuni di maggior dettaglio da affrontare a livello locale attraverso una pianificazione intercomunale coordinata. I diversi sistemi di città sono stati individuati in modo che ognuno di essi formasse un’unica città di almeno 20.000 abitanti (data dalla somma della popolazione dei singoli comuni che rientrano nel sistema), utilizzando principalmente il criterio demografico per la loro delimitazione.

5. Discussione

La metodologia proposta consente di individuare le Periferie Interne (PI), le Aree a rischio di diventare PI (PIR) e i poli di I e II livello a scala provinciale. Questo risultato permette di definire un quadro complessivo dello stato di degrado in cui versano i comuni di una determinata provincia e informa su dove e come intervenire attraverso specifiche strategie da disegnare nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.

L’obiettivo principale raggiunto è quello di fornire alle Province uno strumento di supporto alle decisioni in grado di renderle partecipi e responsabili degli interventi volti ad arginare il fenomeno del declino guidato da driver sovracomunali di competenza di un ente di area vasta.

5.1. Posizionamento della carta nello stato dell’arte

La prima innovazione del lavoro riguarda la definizione dei fattori di declino, rappresentati dalle categorie. La loro selezione è stata effettuata sulla base dei principali problemi che affliggono le PI, rispetto ai quali sono stati scelti gli indicatori presentati, sistematizzando le indicazioni degli studiosi per migliorare il set di indicatori proposti nell’ambito dei progetti PROFECY e SNAI.

In particolare, le categorie relative ai servizi non si limitano a considerare solo i servizi essenziali, ma si suddividono in servizi primari, secondari e complementari.

La metodologia alla base della SNAI considera solo la presenza di servizi essenziali per l’identificazione dei poli, con riferimento, più precisamente, ai servizi essenziali a prestazione medio-alta.

La metodologia proposta, invece, considera anche servizi essenziali di livello prestazionale inferiore (ad esempio, la stazione di classe Bronzo) oltre a servizi complementari, quali luoghi di cultura (biblioteche, teatri e cinema), servizi commerciali e servizi legati allo sport.

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L’ampliamento della gamma di servizi consente quindi di considerare ulteriori funzioni urbane per l’identificazione dei poli. In questo modo, i poli di riferimento possono essere non solo i Comuni che garantiscono il rispetto di criteri più restrittivi simili a quelli fissati dalla SNAI, ma anche i Comuni che, pur attraverso strutture con prestazioni inferiori, sono comunque in grado di soddisfare le esigenze rilevanti della popolazione, in ambito storico-artistico, sportivo e commerciale. Questi comuni, quindi, cessano di avere un ruolo “muto e passivo” ma assumono una nuova veste di centri di offerta di alcuni servizi, considerati ancora essenziali per una migliore qualità della vita e fonte di attrazione per la popolazione.

Un’ulteriore novità per quanto riguarda i fattori di declino è l’inclusione della sezione relativa ai rischi territoriali, che non sono stati presi in considerazione dalla letteratura tecnica nel suo complesso, nonostante la loro importanza per la definizione delle principali criticità di queste aree, soprattutto a causa della particolare posizione geografica che la maggior parte dei PI occupa, anche nel caso italiano.

Inoltre, al fine di migliorare la descrizione dello stato in cui si trovano i PI, sono state proposte anche alcune modifiche nella scelta degli indicatori rispetto a quelli disponibili nell’analisi dello stato dell’arte. Il modello proposto incorpora un ampio set di indicatori, che prende in considerazione l’intero declino dei fattori responsabili della condizione o dello stato potenziale della periferia interna.

Secondo la letteratura esaminata, la PCA viene applicata per evitare informazioni ridondanti e difficoltà di applicazione dovute alla non disponibilità dei dati. Tuttavia, poiché la PCA comporta il rischio di identificare categorie non interpretabili o non significative per la pianificazione strategica a livello sovracomunale, la metodologia integra la PCA in un approccio multi-criteriale.

Questo approccio, che rappresenta una novità nello stato dell’arte dell’analisi, permette di:

  • Gestire un numero considerevole di variabili per la costruzione dell’indice di declino composito, riducendo quelle non necessarie senza perdere il livello di informazione iniziale;
  • Lavorare su categorie corrispondenti ai fattori di declino che la letteratura tecnico-accademica riconosce come driver, rispetto ai quali definire strategie di contrasto nella pianificazione sovracomunale, coerentemente con gli obiettivi e la scala spaziale di questo livello di pianificazione.

Un’ulteriore novità del metodo presentato è la volontà di identificare spazialmente non solo i PI ma anche i PIR, riprendendo il metodo proposto dal progetto europeo PROFECY. In linea con quest’ultimo, il riconoscimento dei PIR è considerato utile, in quanto la conoscenza di un rischio potenziale permette di fornire strategie su misura per evitare che le aree interessate si trovino nel tempo nella condizione più gravosa di PIR.

Un’altra novità del metodo risiede nell’ambito provinciale di studio, dimensione trascurata non solo nel contesto più generale della pianificazione, ma anche dalla metodologia SNAI che, fin dall’inizio, si è concentrata sull’associazionismo dei comuni per la sua attuazione.

Questa scelta si inserisce in un quadro istituzionale che vede le Province italiane al centro di un processo di marginalizzazione, volto a eliminare le spese improduttive della pubblica amministrazione. In realtà, questa scelta sembra essere motivata dal fatto che le Province sono un punto critico sul fronte del consenso politico piuttosto che dalla loro inefficacia funzionale.

Inoltre, la pianificazione comunale coordinata e il ricorso all’unione dei comuni sono poco praticati nelle AI, compromettendo il perseguimento degli obiettivi fissati dalla SNAI. Di conseguenza, il riconoscimento del ruolo attivo della pianificazione di coordinamento provinciale nella lotta al declino delle aree interne, anche in sinergia con piani e programmi, come il Piano Territoriale Regionale (PTR) e la SNAI, può superare efficacemente i limiti degli approcci finora perseguiti.

5.2. Limiti, possibili aggiustamenti e trasferibilità della metodologia

Un possibile limite del modello proposto consiste nella non applicabilità nel caso di province con un numero di comuni inferiore alla soglia minima, tale da garantire la significatività statistica (105 comuni per le sette variabili considerate nella categoria “Mancanza di servizi primari”). In questo caso, come anticipato nella sezione metodologica, è possibile estendere l’area di studio all’intera regione di riferimento. In questa direzione, il metodo qui proposto è utile per definire i Sistemi Territoriali di Sviluppo (STS), ovvero gruppi di comuni per i quali si possono prevedere strategie condivise, da esplicitare nel Piano Territoriale Regionale (PTR), al fine di mitigare i gap territoriali di sviluppo.

La trasferibilità della metodologia è garantita dalla misurabilità degli indicatori di input, che derivano da dataset ad accesso aperto, forniti e periodicamente aggiornati dalle istituzioni pubbliche. Tuttavia, la scelta degli indicatori è stata condizionata dalla disponibilità dei dati necessari a quantificarli per l’intero territorio italiano, al fine di garantire la trasferibilità del metodo ad altre province e regioni italiane, possibile sviluppo futuro del lavoro. Questo problema riguarda soprattutto i piccoli comuni, ma questi ultimi costituiscono in gran parte le AI. Pertanto, per gli sviluppi futuri della metodologia, è auspicabile un’integrazione degli indicatori proposti e la disponibilità di nuovi dati. Ciò consentirebbe anche una maggiore armonizzazione degli indicatori.

Il modello proposto è trasferibile anche a contesti geografici diversi dall’Italia, se i dati necessari a misurare gli indicatori fossero resi disponibili da istituzioni pubbliche simili.

Ad esempio, in Europa, tali dati dovrebbero essere accessibili alla scala UAL, cosa probabile. In questa direzione, potrebbero essere necessari degli aggiustamenti alla metodologia, considerando che la pianificazione sovracomunale potrebbe essere di competenza di enti decisionali diversi dalle province, con finalità specifiche. Ciò può avere ripercussioni non tanto sulla scala spaziale di analisi e mappatura, quanto sulla gamma di strategie che possono essere definite per affrontare i fattori di declino corrispondenti alle categorie, che potrebbero dover essere integrate. In questo scenario, è interessante confrontare i risultati ottenuti dall’applicazione del metodo multicriteriale qui proposto con quelli derivanti dall’applicazione della PCA singolarmente. In particolare, è importante verificare se e in che misura le componenti estratte corrispondano alle categorie, senza definire queste ultime a priori come nella metodologia proposta, ma considerando l’intero set di indicatori. Tuttavia, ciò implica la scelta di un’area di studio più ampia, comprendente un numero sufficiente di comuni, per soddisfare il requisito della significatività statistica.

6. Conclusioni

Il termine “periferie interne” (IP) si riferisce al complesso di problemi che si verificano a livello mondiale e che interessano vasti territori in Europa, causando disparità regionali che minacciano il raggiungimento di uno sviluppo urbano e territoriale sostenibile.

I PI sono caratterizzati dallo spopolamento, dalla distanza dai grandi centri urbani, dalla mancanza di occupazione, dalla scarsa accessibilità ai servizi, dalla vulnerabilità ai rischi naturali e antropici e, di conseguenza, dal declino generale.

In Italia, il termine “Aree Interne”, introdotto dalla Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI), si riferisce a porzioni di territorio simili. Sebbene sia sempre più marginalizzata, la pianificazione di coordinamento provinciale-territoriale è considerata idonea a definire le opportune azioni di contrasto, poiché i problemi di queste aree sono principalmente sovracomunali.

In questo contesto, è stata condotta un’analisi dello stato dell’arte dei metodi e delle tecniche utili all’identificazione spaziale dei PI/IA. Sulla base di questa revisione della letteratura, è stata definita una proposta metodologica per mappare le suddette aree su base comunale, con l’obiettivo di supportare la definizione di strategie di contrasto su misura nella pianificazione del coordinamento provinciale-territoriale.

In sintesi, la proposta metodologica consente di mappare, su base comunale, quanto segue:

  • Periferie Interne (PI), ovvero aree che versano in condizioni critiche, suddivise in PI di Grado I e PI di Grado II, a seconda del livello di degrado;
  • Aree a rischio di diventare IP (RIP), cioè aree che non possono essere classificate come IP, in quanto non si trovano nelle stesse condizioni allarmanti, ma che tendono a diventarlo se non sono oggetto di adeguate strategie;
  • Poli che si dividono in Poli di I livello e Poli di II livello, cioè i comuni non interessati dalle problematiche che interessano le aree di cui ai punti precedenti.

La metodologia proposta è stata applicata al caso di studio della Provincia di Avellino, che comprende diversi comuni appartenenti al contesto delle AI della Regione Campania, Italia. I risultati ottenuti integrano il quadro conoscitivo del Piano Territoriale di Coordinamento di Avellino, consentendo di definire le strategie rivolte ai comuni in base alla classe di declino complessiva e alle classi di categoria individuate.

I risultati ottenuti supportano inoltre la pianificazione e la programmazione regionale nella delimitazione dei Sistemi Territoriali di Sviluppo e delle Aree Prioritarie in cui attuare la SNAI al fine di garantire uno sviluppo regionale equilibrato e sostenibile.

In questa direzione, ulteriori implicazioni del percorso metodologico presentato riguardano il confronto dei risultati ottenuti secondo l’approccio top-down qui proposto, con i riscontri bottom-up , rispetto al percorso partecipativo e al quadro conoscitivo e strategico sviluppato per la costruzione del Piano Urbanistico Comunale di alcuni comuni prototipo.

Si tratta di comuni della provincia di Avellino che presentano problematiche tipiche dei PI/IA, come si evince dal livello di declino risultante da questo lavoro: Andretta, Bagnoli Irpino, Lapio, Lioni, Sant’Angelo all’Esca e Villanova del Battista.

Questi Comuni hanno usufruito o usufruiscono tuttora del supporto tecnico-scientifico del Dipartimento di appartenenza degli autori per la formazione del Piano Urbanistico Comunale in virtù di specifici accordi istituzionali. Questo approfondimento ci permetterà di capire come i fattori di declino, oggetto di questo studio, abbiano effetti a livello locale e come il piano generale a livello comunale possa affrontare questi problemi di natura sovracomunale nelle strategie di pianificazione a livello locale, mettendo a sistema piani e programmi come il PTR, il PTCP e la SNAI.

La traduzione di queste strategie di medio-lungo termine in azioni da attuare a livello locale nel breve periodo è utile affinché la stessa pianificazione strategica del territorio sia davvero efficace nel contrastare i problemi delle AI.

Quest’ultimo deve essere affrontato con una cooperazione interistituzionale in un quadro strategico di riferimento condiviso da piani e programmi e con le comunità locali, combinando l’approccio “area-based” con quello “place-based”. Ciò consente di perseguire una diretta fertilizzazione incrociata della politica di coesione con la pianificazione territoriale e la governance territoriale sul modello delle migliori pratiche europee.

Immagine in copertina, Paesaggi Irpini





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