Non ci sarà nessun taglio alle detrazioni per le spese sanitarie. Nella bozza degli emendamenti alla manovra del governo circolati ieri, l’esecutivo chiarisce che nella più generale rimodulazione delle tax expenditure sull’Ires non rientrerà quest’ambito, che finisce per coinvolgere oltre 18 milioni di contribuenti.
La stretta
Nel testo della legge di bilancio approvata in Consiglio dei ministri, il governo ha avviato una sostanziale rimodulazione delle detrazioni, con l’obiettivo di agevolare i nuclei più numerosi e quelli meno abbienti, anche grazie all’introduzione del quoziente familiare. Dal prossimo anno chi dichiara tra i 75 e i 100mila euro dovrà sottostare a un tetto massimo di 14.000, che scende a 8mila per i contribuenti sopra questo livello. In questa direzione, oltre alla sanità, «sono esclusi dal computo dell’ammontare complessivo degli oneri e delle spese», anche quelle per sostenere e investire nelle start up e nelle Pmi innovative.
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Slitta la manovra
Dopo il vertice di maggioranza del 24 novembre Giorgia Meloni e gli altri leader del centrodestra sulle modifiche alla manovra, avevano concordato di rafforzare gli aiuti alle famiglie e al sociale. E questa missione è presente negli emendamenti del governo che si appresta a depositare in Parlamento, prima dello sbarco del testo in Aula. Al riguardo ieri l’iter della legge di bilancio ha registrato un piccolo stop di natura più tecnica che politica. Nonostante le bozze siano circolate per tutta la giornata ieri il Mef non ha depositato le proposte dei vari ministeri, mentre la commissione Bilancio che avrebbe dovuto lavorare in notturna è stata riconvocata per domani.
Dietro questo stallo ci sarebbe un ritardo nella consegna delle relazioni illustrative o la richiesta delle opposizioni di “spacchettare” i correttivi del governo in singoli emendamenti. Oltre – a quanto pare – alla necessità di riformulare alcune norme. Fatto sta che la legge di bilancio, invece che mercoledì prossimo, dovrebbe essere licenziata dalla Camera in prima lettura venerdì.
Le opposizioni chiedono a Giancarlo Giorgetti di venire in Commissione, Ma nel centrodestra fanno notare che la tenuta della maggioranza è salda. «La manovra finanziaria sarà approvata nei tempi previsti», non a caso ha sottolineato il vicepremier e leader forzista Antonio Tajani.
Pensioni e bonus, le modifiche
Tornando alle modifiche previste dal governo, come detto, molto spazio viene dato alle famiglie e al sociale, con un occhio anche al mondo del lavoro. Per esempio si va verso un aumento di 8 euro al mese delle pensioni dei soggetti disagiati over 70. Dopo le spinte della Lega, l’esecutivo fa sua la proposta di reintrodurre un bonus per l’acquisto di elettrodomestici – dotazione complessiva 50 milioni di euro – che ha come obiettivo anche quello «di sostenere la competitività del sistema produttivo industriale» al centro di forti crisi occupazionali. Con un Isee inferiore ai 25mila euro, chi cambierà i vecchi e più energivori frigoriferi, lavatrice o lavastoviglie con modelli più green potrà ottenere uno sconto fino a 200 euro. Che scende a 100 per i cittadini più abbienti. Sempre aiutare i nuclei più bisognosi – e con Isee entro i 15mila euro – nasce il fondo “dote famiglia” per aiutarli nel pagamento delle rette per lo sport dei figli. Alle scuole paritarie sono destinate risorse maggiori di 50 milioni in più per 2025 e di altri 10 milioni per il 2026. Cresce di 5 milioni per l’anno prossimo e di altri 5 per quello successivo il fondo per sostenere la spesa sociale dei Comuni.
Sostegni
Rispetto al passato viene rifinanziato il decreto per la cosiddetta morosità incolpevole. Possono accedere a questo strumento quei cittadini che per motivi contingenti e di causa maggiore – come la perdita del lavoro – sono stati costretti a saltare alcune rate dell’affitto. Il governo ha messo in campo, nel prossimo biennio, 30 milioni in questa direzione. Sempre per affrontare il nodo dell’occupazione e rafforzare le opportunità di riconversione professionale, il governo rivede le policy seguite negli ultimi anni ed estende per 13 settimane la Naspi, l’assegno di disoccupazione, anche a quei lavoratori che si sono dimessi. In passato la Nuova assicurazione sociale per l’impiego, introdotta con il Jobs Act, veniva erogata a chi era licenziato.
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