Caro Babbo Natale (2024 edition)

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Allora, come va Babbo Nata’?

Lo chiedo a te, che magari hai lungimiranza e riesci a capire che ne sarà di noi umani almeno nel breve e medio termine. Nel lungo periodo, come diceva John Maynard Keynes, saremo tutti morti.

Vagli a dare torto, a Keynes.

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Bel tipo John Maynard Keynes – grande amico dell’umbratile Wittgenstein – la sua schiatta s’imparentò addirittura con quella di Darwin. Genialoide, estroso, estroverso. Confessò di non capirci niente negli scritti di Marx, eppure elaborò teorie economiche, a favore della popolazione povera e debole, più affidabili ed abbordabili di qualunque soluzione proposta dal barbuto di Treviri. (Io ho sempre ritenuto che Marx fosse un sociologo, finanche un filosofo, non un propositivo economista.)

No, non voglio farti un pippone di cultura, ma ricordare che già ai primi del Novecento, il Nostro inglese scrisse: «La capacità di abituarsi alle circostanze è un tratto spiccato del genere umano. Ben pochi di noi si rendono conto appieno del carattere fortemente insolito, instabile, complicato, incerto, temporaneo dell’organizzazione economica con cui l’Europa occidentale è vissuta […]. Consideriamo naturali, permanenti, sicuri, alcuni dei più singolari e temporanei nostri vantaggi recenti e ci regoliamo nei nostri piani di conseguenza. Su questa base precaria ed ingannevole progettiamo miglioramenti sociali ed allestiamo piattaforme politiche, coltiviamo le nostre animosità e le nostre particolari ambizioni, e pensiamo di disporre di un margine bastante per fomentare, anziché mitigare, il conflitto civile nella famiglia europea.» (Grassetto mio)

Un secolo dopo queste parole sono ancora validissime. Vagli a dare torto a Keynes, appunto.

Parole sante, anche riferite alla situazione politica attuale. E allargo l’orizzonte all’Europa tutta, ovviamente, perché il problema dello sdoganamento di destrorsa prepotenza e revanscismo reazionario (alimentati certo da disagi sociali, ma anche da grossa crisi della cultura), spinte che fomentano il conflitto civile nella famiglia europea (come diceva Keynes), si spinge oltre Atlantico.

Come solitamente mi accade, mi sembra di vivere alla fine del 1500 a Frittole (do you remember «Non ci resta che piangere»?), quando il povero Vitellozzo veniva giustiziato perché il suo pensiero non garbava a Savonarola.

La denuncia da parte dei politici di adesso per presunta offesa e/o diffamazione – contro giornalisti e scrittori principalmente – è diventata prassi intimidatoria quotidiana. Magari succede (il più delle volte) che il denunciato vinca in giudizio (o che il GIP archivi immediatamente), ma vuoi mettere le rogne, la gogna mediatica, l’opinione pubblica che ama sputtanare chicche&sia (alla Totò).

Ciò in quanto è diventato pericolosissimo anche avere idee sociali, progressiste e democratiche, di equità, uguaglianza, sostegno, accettazione e solidarietà diverse (o diversamente) dalle idee propalate dal mainstream partitico di maggioranza, cioè.

Il consenso è mio e guai a chi lo tocca. Parafrasando Bonaparte non possiamo negare che lo spoil system stia creando catastrofi, non solo culturali.

Continuiamo a blandire l’elettorato evasore, regaliamo condoni e ammiccamenti concordatari. Ho sentito in televisione che il 40% dei cittadini italiani (quelli stipendiati e pensionati) è caricato delle tasse per mantenere anche il 90% dei restanti cittadini, la cui gran parte evade fiscalmente o paga sperequatamente meno tasse (sì, certo, mi riferisco alla flat tax).

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L’evasione in Italia è stimata in circa 80 miliardi di euro all’anno. Con così tanti soldi ci fai una finanziaria da standing ovation e nel medio termine recuperi pure i deficit di bilancio nonché riduci lo sforamento del rapporto debito pubblico/PIL.

Se dico che il concordato fiscale è un flop oltre che una pessima idea, metto in pericolo la mia incolumità? Mi salvi tu se sottolineo che la Sanità deve essere pubblica e universale, o mi devo guardare le spalle?

Per Natale, ti chiedo dunque la manleva, prima di ogni altra cosa, sennò non posso continuare a scriverti! Perché più son piccoli i pesci (come me) più c’è gusto a terrorizzarli con denunce, liti temerarie, richieste di risarcimento danni monstre e gogne mediatiche.

Poi, vorrei chiederti, caro Babbo Natale, di non leggere mai più rapporti OCSE in cui siamo ignominiosamente nella parte bassissima della classifica dell’alfabetizzazione. In altre parole: siamo somari, somarissimi, non conosciamo la storia, non sappiamo fare i calcoli, non abbiamo idea di come si possano risolvere i problemi (sia di matematica che sociali).

Anche il CENSIS lo ha confermato: siamo in una deriva culturale abominevole. Mazzini, Manzoni, Leopardi, Nixon, chi erano mai costoro? Altro che il Carneade di Don Abbondio! Come si calcola l’area di un cerchio? Quante furono le Guerre d’Indipendenza italiane?

Siamo terzultimi tra le nazioni europee (davanti a Cipro e la solita Romania), per libri letti. Grazie che poi votiamo male ed eleggiamo la peggio gente.

Ho letto su The Economist che noi Italiani siamo – in tutto l’Occidente – mediamente più somari di dieci anni fa. In altri termini, la comprensione media di un testo si è ridotta da dieci anni in qua.

Siamo davvero sicuri che il declino culturale sia dovuto alla carenza d’insegnanti, ovvero al fatto che li paghiamo poco? O non sia, piuttosto, causato dall’aumento di appeal (diffusamente magnificato dai nuovi media) di altri valori, antagonisti alla cultura: ricchezza facile, prepotenza risolutiva e tacitante, successo immediato, band-wagonism (detto anche camaleontismo) d’accatto?

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La scuola non ce la fa, anche perché il declino culturale globalizzato prende tutti, anche i docenti, a tutti i livelli.

Abbiamo importato dagli USA quello che già decenni fa Isaac Asimov denunciava come ’culto dell’ignoranza’, ovverosia quell’anti-intellettualismo generato dall’equazione la mia ignoranza vale quanto la tua sapienza. Non ci si meravigli dunque dell’esistenza e della visibilità dei terrapiattisti.

Ahimè, è l’ignoranza a favorire il populismo crasso, grazie al nostro difetto di fabbrica: il fideismo nell’uomo solo al comando, l’uomo della provvidenza, il conducator, il veltro, quello che pensa al posto nostro. Tutte figure che hanno bisogno di un popolo bue, per poter comandare, e noi bovini ci siamo diventati, a furia d’inseguire il principio di comodità e di minimo sforzo (anche sinaptico). Più si restringe l’enciclopedia dei riceventi, meglio attecchiscono le ideologie demagogiche e quelle retrive.

(Anche usare a sproposito l’appellativo ’filosofo’ è segno di ignoranza, a meno che non lo si dica ironicamente, come quando da queste parti si definisce filosofo uno che cerchi l’erba bettonica, aka vertoneca. Per favore, Babbo Natale, fa’ pure che l’apposizione ’filosofo’ – così abusata in tivvù e sui giornali – sia destinata solo a chi abbia inciso sulla Storia della Filosofia e non a chi la insegni o sia semplicemente laureato in tale nobile materia.)

La gente è impazzita, è insofferente, è impaziente. Sono forme di disperazione individuale, in quanto è da un pezzo finita l’epoca della solidarietà, del collettivo, della capacità di riunirsi e fare massa per cambiare quelle condizioni (politico-economiche) che distruggono lo stato sociale.

E che ci siano Paesi privi di stato sociale non significa che possiamo farne a meno, erodendone annualmente quote, come capita in Italia, ma anche in Gran Bretagna, giusto per citare esempi che conosciamo (anche grazie al cinema di Ken Loach).

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Lo stato sociale è quella condizione che rende pacifiche le nazioni, perché laddove le disuguaglianze sociali sono minime, è minima anche la bellicosità individuale e collettiva. Lo stato sociale era l’orizzonte di Keynes.


Ecco, Babbo Nata’, lascia perdere i tunnel costosi e i ponti utopici, annulla i progetti inutili e dispendiosi, ché non sono desideri collettivi e urgenti, bensì rodomontate di facciata e propaganda. Pensa piuttosto a chi vede svanire la sanità pubblica ed universale – nonché di qualità – come Marty McFly vedeva scomparirsi nelle foto.

Nonostante la stretta inserita nel novellamento del Codice della Strada (prendi una multa anche se solo hai visto «Trainspotting» tre giorni prima o hai ascoltato Bob Marley in auto, ho letto da qualche parte, perché già basta l’intenzione – secondo il dicastero dei Trasporti e delle Infrastrutture – a fare di te un trasgressore), la gente guida male, parcheggia peggio, ha deciso che le strisce pedonali siano la riserva di caccia per abbattere i pedoni (gli attraversamenti più pericolosi in città? Davanti al Vescovado e al culmine di Rampa Sant’Antonio).

Gli autovelox non si devono infrattare, ma bisogna segnalarli con luminarie da feste natalizie: lo scopo è ridurre velocità, danni e feriti, non sghignazzare contro i trasgressori, in preda a sadica aticofilia.

La soluzione non è la sanzione, né il controllo pedissequo ed individuale (praticamente impossibile da attuarsi), bensì l’autocontrollo e l’introiezione delle buone regole del vivere civile. Eppure, chi ci governa pensa che abbiamo la stessa mentalità sanzionatoria del personaggio di Giacomo Poretti (in una storica gag di Aldo Giovanni e Giacomo), quell’anzianotto che sull’autobus incalza con perfidia il controllore contro gli abusivi del tram.

C’è gente che porta il cane a guinzaglio lungo e lunghissimo (illusione di libertà per l’animale?) facendoti inciampare e ti guarda come se fossi Hannibal-the-Cannibal perché smadonni contro il cane ed il suo gestore. Reato di lesa caninità! Su, presto! promulghiamolo.

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Cammino per le strade di questa Città – umida e fintamente spavalda – ad ogni ora (vado al lavoro a piedi, esco di casa alle sette di mattina) ed è una pena vedere deiezioni canine en plein air, o anche nei sacchetti ma assolutamente gettati negli angoli delle strade, piazzati sui bidoni condominiali, o depositati sui cartoni pronti per il ritiro dall’autocompattatore.

E m’incazzo perché io, le regole, le seguo: pago i bolli, le assicurazioni, metto cinture in auto, faccio le revisioni, tengo le catene da neve a bordo, mi fermo agli stop, rispetto i giorni del conferimento del pattume, perché la parola che ho imparato è RISPETTO. Rispetto per il buon vivere di comunità, per il benessere collettivo, per evitare danni a cose, persone, ambiente e ambienti. Rispetto l’altrui libertà e gradirei il reciproco.

Leggo, sul sito della BBC, che in Giappone, a Fukushima, rendono pubblici i nomi di chi sgarra a conferire il pattume, perché costoro non avrebbero avuto rispetto dei concittadini, dell’ambiente, del lavoro degli operatori ecologici. Interessante punizione, ma qui in Europa non si può fare per via delle regole sulla privacy. Leggo ancora dalla BBC, che in altra cittadina nipponica, le categorie dell’immondizia sono ben 45. Immagino il terrore degli abitanti di quella comunità: passeranno ore d’incubo prima di riuscire a selezionare bene il rusco.

Lungi da questi parossismi, per quest’anno ti chiederò più cultura e meno paura; più pedagogia e meno terrorismo psicologico. Più saggezza e meno vuota propaganda.

E poi, lo so che non esiste un Tlön, se non nei desiderata di John Lennon e nei libri di Borges, ma almeno qualche guerra la potresti spegnere, no?

Ottime cose, Babbo Nata’ e salutami Keynes, mo’ che lo vai a trovare per consigli.

Photo credits: Rielaborazione grafica del ritratto di J.M.Keynes, Drawer of Drawings

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