La narrazione governativa sullo stato finanziario del Ticino ne sottolinea le difficoltà e i relativi disavanzi, ma manca di un’analisi onesta sulle cause strutturali che li hanno generati.
I disavanzi non derivano, come sostiene il Governo, da eventi contingenti come la pandemia o le tensioni geopolitiche, né tantomeno dai mancati utili della Banca Nazionale Svizzera, ma sono piuttosto il frutto di politiche fiscali che negli anni hanno privilegiato sgravi e agevolazioni per i contribuenti più abbienti e per le grandi imprese. Questi sgravi, che pesano per 200 milioni di franchi sulle finanze cantonali, hanno ridotto le entrate fiscali e ora il ceto medio e le persone fragili si trovano a sopportare il peso di tagli ai servizi essenziali come la sanità, la socialità e l’istruzione. Tagli, presentati come una soluzione per riportare equilibrio finanziario, ma che non risolvono i problemi, al contrario, creano un debito occulto che graverà sulle future generazioni.
Il fattore determinante per la fragilità delle finanze pubbliche non è l’aumento della spesa pubblica, ma la crescita non adeguata delle entrate. Questo squilibrio, oltre ad essere causato da una ridistribuzione fiscale insufficiente, è il risultato di un’economia basata in buona parte su settori a basso valore aggiunto.
I salari sono troppo bassi e le imposte ne soffrono, anche perché non sono sufficientemente progressive per ridurre le disuguaglianze. In questo contesto i disavanzi diventano strutturali, mentre le disparità sociali aumentano, creando una società meno equa, con costi sociali crescenti e risorse mal distribuite.
Infatti l’aumento della spesa sociale non è la causa del disavanzo cantonale, ma è la conseguenza di salari troppo bassi a fronte di costi fissi sempre più elevati come i premi di cassa malati e gli affitti. Questa dinamica pesa sui conti pubblici e crea un circolo vizioso, in cui le entrate fiscali insufficienti non possono sostenere i servizi necessari alla popolazione. Così, il ceto medio e basso, già alle prese con la perdita del potere d’acquisto, viene ulteriormente penalizzato da tagli a servizi e prestazioni fra cui i sussidi di cassa malati.
Un altro punto da evidenziare riguarda le entrate fiscali derivanti dalle imposte delle persone giuridiche. Entrate stagnanti da oltre vent’anni nonostante un aumento del numero di aziende, di addetti e di frontalieri. Questo è dovuto sia a sgravi fiscali, che non hanno prodotto i risultati fiscali e economici sperati, sia a scelte politiche discutibili che hanno puntato tutto su rendite di posizione come il segreto bancario, l’elusione fiscale delle aziende del lusso e il lavoro a basso costo. Una politica che è andata a scapito dello sviluppo di un’economia più radicata e solida.
Le riduzioni fiscali vengono chiamate sgravi, quasi siano una panacea per tutti, ma in realtà si tratta di una riduzione del contributo dei più benestanti alla costruzione di una società equa. Perché quando i più abbienti pagano meno tasse lo Stato ha meno risorse per garantire i servizi pubblici essenziali. Ridurre le imposte non solo amplia le disuguaglianze, ma sottrae risorse preziose che potrebbero essere investite in politiche innovative e permetterebbe al Governo di far fronte ai problemi reali ed emergenti di cui non si sta occupando sufficientemente.
Di pochi giorni fa la notizia della strategia economica del nuovo Governo laburista in Inghilterra. Una strategia che va nella direzione opposta. Aumenta le imposte ai più abbienti, aumenta le imposte alle grandi imprese, attraverso un loro contributo maggiore al sistema pensionistico, e rilancia il paese con un imponente piano di investimenti.
Forse anche in Ticino dovremmo smetterla di proporre ricette superate accompagnate da narrazioni che sostengono di aiutare il ceto medio, quando invece lo impoveriscono.
Finalmente anche i Comuni si sono accorti dei danni causati dalle incoscienti politiche fiscali degli ultimi anni. Meglio tardi che mai. Speriamo, questa volta, di averli al nostro fianco quando ci sarà sul tavolo del Parlamento la proposta di deduzione integrale dei premi di cassa malati. Una proposta che potrebbe costare cantonali e comunali altri 100 milioni in meno di entrate.
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