La guerra ibrida nel Mar Baltico

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 


Che tre navi da guerra stiano navigando nel Mar Baltico di per sé non sarebbe una gran notizia: l’area è da anni considerata altamente sensibile, soprattutto per la presenza di una vasta rete di cavi sottomarini che garantisce telecomunicazioni ed elettricità alle nazioni limitrofe. E in quelle acque gelide, lungo le quali corre un delicato confine, si combatte da tempo un “conflitto ibrido”: Russia da una parte, Alleanza Atlantica dall’altra. Però le tre navi in questione battono bandiera svedese: ed è la prima volta da oltre 200 anni a questa parte che la Svezia partecipa attivamente a manovre militari. L’ultima dichiarazione ufficiale di guerra, da parte del paese scandinavo, risale al 1814, al conflitto con la Norvegia: da allora oltre due secoli di neutralità, posizione mantenuta anche durante la Seconda guerra Mondiale. Ma lo scorso marzo la Svezia, sulla scia delle preoccupazioni dovute all’invasione della Russia in Ucraina, aveva deciso di entrare formalmente nella Nato (dopo la Finlandia, portando a 32 il numero dei membri dell’Alleanza). E ora la “discesa in acqua”, per partecipare a un’operazione coordinata dalla stessa Nato per rafforzare la presenza militare in quelle acque, dopo i ripetuti casi di sabotaggio delle infrastrutture sottomarine. «Non siamo in guerra, ma nemmeno in pace», ha riassunto con uno slogan d’impatto il primo ministro svedese, Ulf Kristersson. «La vera pace richiede libertà e l’assenza di gravi conflitti tra i Paesi. Mentre noi e i nostri vicini siamo esposti ad attacchi ibridi, effettuati non con robot o soldati, ma con computer, denaro, disinformazione e azioni di sabotaggio». Altre 11 navi della marina svedese non saranno immediatamente impiegate, ma rimarranno pronte a intervenire in caso di necessità.

Un’interminabile serie di incidenti sospetti

Il problema è che troppo spesso, nel più recente passato, nel Mar Baltico si sono verificati incidenti che hanno compromesso il funzionamento di quelle infrastrutture. A partire dall’incidente più eclatante, l’attentato con cariche esplosive nel settembre 2022 contro i gasdotti Nord Stream 1 e 2, che garantivano il trasporto di gas naturale dalla Russia alla Germania. Ma gli episodi, con dinamiche più o meno nitide e con esiti più o meno gravi, sono proseguiti: come lo scorso novembre, quando il cavo di telecomunicazione C-Lion1, 728 miglia, della società finlandese Cinia, che dal 2016 collega la Finlandia alla Germania, è stato tranciato di netto. Secondo quanto accertato dai tecnici, la parte recisa si trova nelle acque a sud-est dell’isola svedese di Öland, circa a metà del suo percorso. «Il cavo non si era mai rotto, e non si può rompere senza un impatto esterno», aveva spiegato in una nota l’azienda finlandese. Il 25 dicembre scorso un altro incidente, con il cavo elettrico Estlink 2, che corre tra la Finlandia e l’Estonia, che sarebbe stato agganciato e trascinato per oltre 60 miglia, quasi cento chilometri, dall’enorme àncora (4 metri di lunghezza, 2,5 metri di larghezza, 11 tonnellate di peso) di una petroliera di una società con sede negli Emirati Arabi Uniti, ma battente bandiera delle Isole Cook, in Polinesia, che dal porto russo di Ust-Luga era diretta ad Aliağa, in Turchia. Nell’incidente sono stati danneggiati anche quattro cavi utilizzati per le connessioni Internet. Le autorità finlandesi, che hanno immediatamente preso il controllo della petroliera incriminata, ancora oggi “sequestrata” a Porvoo, vicino al porto di Kilpilahti, nel Golfo di Finlandia, sospettano che la nave faccia parte della “flotta ombra” del Cremlino, utilizzata per il trasporto di petrolio russo aggirando le sanzioni imposte dai paesi del G7, e che sia stata impiegata in un’operazione di sabotaggio volontario. Scrive il sito statunitense Military.com: «La “flotta ombra” russa è composta da petroliere obsolete acquistate usate, spesso da entità non trasparenti con indirizzi in paesi non sanzionatori come gli Emirati Arabi Uniti o le Isole Marshall, e battenti bandiera di luoghi come il Gabon o le Isole Cook. Alcune delle navi sono di proprietà della compagnia di navigazione statale russa Sovcomflot. Il loro ruolo è quello di aiutare gli esportatori di petrolio della Russia a eludere il tetto di prezzo di 60 dollari al barile imposto dagli alleati dell’Ucraina». Secondo una stima della Windward, azienda leader nell’intelligenza artificiale marittima specializzata nella gestione del rischio, la “flotta ombra” potrebbe essere composta attualmente da 1.400 navi.

La Nato aumenta la sorveglianza

Insomma, in quello specchio di mare c’è bisogno di vigilare, tra contrabbando di petrolio, sospette azioni di sabotaggio deliberato e incidenti apparentemente fortuiti, visto che il Mar Baltico è relativamente poco profondo, con una media di circa 180 piedi, pari a circa 55 metri (nel 2023 una portacontainer cinese aveva danneggiato, sempre con un’àncora, si presume involontariamente, il gasdotto sottomarino Balticconnector tra Finlandia ed Estonia). Ne è convinta anche la Nato, che martedì scorso ha convocato un vertice a Helsinki, al quale hanno partecipato gli stati che si affacciano sul Baltico, e che ha deciso di lanciare una nuova operazione di monitoraggio dell’area, la Baltic Sentry (Sentinella del Baltico), con l’obiettivo di mettere in sicurezza le infrastrutture critiche. La missione includerà l’uso di navi pattuglia, aerei e droni sottomarini.«Dobbiamo sfruttare appieno le possibilità offerte dal diritto internazionale per agire contro le navi sospette», ha spiegato il presidente finlandese Alexander Stubb. Mentre il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha deciso di mandare un “avviso ai naviganti”: «I comandanti delle navi in questione devono capire che le potenziali minacce alle nostre infrastrutture avranno delle conseguenze, tra cui il possibile abbordaggio, il sequestro e l’arresto dei membri dell’equipaggio». I capi di Stato e di governo di Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia e Svezia hanno diffuso al termine del vertice un comunicato congiunto: «Siamo profondamente preoccupati per le azioni, siano esse negligenti o dolose, che causano danni o minacciano il funzionamento delle infrastrutture sottomarine. Siamo determinati a scoraggiare, individuare e contrastare qualsiasi tentativo di sabotaggio. Qualsiasi attacco contro la nostra infrastruttura sarà affrontato con una risposta solida e determinata».

Il timore è che questi ripetuti “incidenti” possano innescare una sorta di escalation tra Nato e Russia. Ma presidiare, e sorvegliare con efficacia, quell’ampio tratto di mare non è questione da poco: circa 145.560 miglia quadrate attraversate ogni giorno da circa 4.000 navi. Dopo l’incidente di Natale al cavo Estlink 2, si è attivata anche la Joint Expeditionary Force (JEF, il quartier generale è a Northwood, nel nord-ovest della Grande Londra), una coalizione a puro scopo difensivo di 10 nazioni del nord Europa (Danimarca, Estonia, Finlandia, Islanda, Lettonia, Lituania, Norvegia, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito) che cooperano principalmente per sorvegliare, e dunque aumentare la sicurezza, nell’area del Mar Baltico, nell’Atlantico settentrionale e nell’area a nord del Circolo Polare Artico. Scrive lo Shipping Telegraph: «L’operazione della JEF, attivata all’inizio di gennaio e denominata Nordic Warden (Guardiano del nord), sfrutta l’intelligenza artificiale per valutare i dati provenienti da una serie di fonti, tra cui il sistema di identificazione automatica (AIS) che le navi utilizzano per trasmettere la loro posizione, per calcolare il rischio rappresentato da ogni nave che entra nelle aree di interesse. Navi specifiche identificate come facenti parte della flotta ombra russa sono state registrate nel sistema in modo che possano essere monitorate attentamente quando si avvicinano alle principali aree di interesse. Se viene valutato un rischio potenziale, il sistema monitorerà l’imbarcazione sospetta in tempo reale e invierà immediatamente un avviso, che sarà condiviso con le nazioni partecipanti alla JEF e con gli alleati della Nato».

Il deputato russo: «Liberiamo il Baltico»

In merito all’incidente dello scorso 25 dicembre, e sulla possibilità che si sia trattato di un deliberato atto di sabotaggio, l’emittente canadese CBC News ha chiesto un parere a Edward Hunter Christie, ricercatore senior presso l’Istituto finlandese per gli affari internazionali: «Non credo che molte persone serie possano dubitare che questa azione sia stata ordinata da Mosca. Le dichiarazioni ufficiali saranno ovviamente più caute, ma penso che nessuno, a porte chiuse, abbia dubbi sulla natura di questo incidente». Dal Cremlino, naturalmente, nessun commento ufficiale. L’unica reazione del portavoce, di fronte alla notizia del sequestro della Eagle S, è stata: «Non è una questione che riguarda la Russia. È assurdo continuare a incolpare la Russia di qualsiasi cosa senza motivo». Assai più esplicito l’ex vice ministro degli Esteri russo, Andrei Fedorov: «La distruzione del cavo Estlink 2 il giorno di Natale è stata certamente un’azione deliberata dell’equipaggio della petroliera Eagle S, e non un incidente. Nel luogo in cui quella nave ha navigato, le àncore non vengono mai abbassate. In secondo luogo, tutte le carte nautiche e il software delle navi nella regione mostrano chiaramente le posizioni dei cavi. L’obiettivo di tali azioni è semplice: creare problemi». Ma a far luce su quali potrebbero essere i veri obiettivi di Putin, sono le parole di un deputato russo, Alexander Kazakov, che intervenendo in un programma televisivo locale ha dichiarato: «Non prendiamoci in giro: il Mar Baltico è davvero diventato il mare interno della Nato. La piccola Kaliningrad e San Pietroburgo nella baia sono tutto ciò che ci rimane. Ma possiamo liberare il Mar Baltico, cioè farlo nostro, solo via terra: nessuna battaglia navale ci aiuterà. Abbiamo bisogno di una parte della costa baltica. Così li provochiamo, per alzare la tensione, in modo da avere qualcosa a cui rispondere».

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link