Terzo mandato, la riforma costituzionale del 1999 stoppa le ambizioni personali

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Il governatore del Veneto uscente Luca Zaia.

Anche se il Federale della Lega Salvini ha fatto quadrato attorno al presidente del Veneto Luca Zaia per il terzo mandato, ribadendo la volontà del partito di mantenere la guida della regione alle prossime elezioni, sulle ambizioni personali di succedere a sé stessi tocca alla Costituzione mettere un punto fermo stoppandone le velleità.

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La riforma costituzionale sull’elezione diretta del presidente della Regione del 1999, configura la legislazione elettorale regionale come “materia concorrente”: lo Stato stabilisce i principi e le Regioni vi aggiungono i particolari. Se lo Stato, quindi, nello scrivere la legge, avesse messo la questione del tetto ai mandati per i presidenti, come principio generico, ogni Regione avrebbe potuto prevedere il suo. Ma nel 2004, quando, con il governo di centrodestra, ci fu l’approvazione effettiva della legge sui principi di quella materia, si decise di copiare direttamente la normativa che regolava l’elezione diretta del sindaco che prevedeva il tetto dei due mandati.

Tutti, all’epoca, come conferma anche il costituzionalista Stefano Ceccanti, furono d’accordo perché il ragionamento fu il seguente: “se si prevede un limite per i mandati del primo cittadino, perché non prevederlo anche per chi governa la Regione visto che ha molto più potere?”. In questo modo, si scrisse “un principio secco”, non generico, che è di fattoauto-applicativo”. Cioè, entra in vigore dal 2004 per tutte le Regioni ordinarie che prevedano l’elezione diretta, ossia tutte, visto che nessuna ha fatto una scelta diversa in deroga. E il principio è stato ritenuto talmente valido – sottolinea Ceccanti – che è stato persino inserito nella proposta di riforma del Premierato.

Analizzando, ora, la situazione attuale, secondo Ceccanti i margini per aggirare questo “principio secco” della legge sembrano davvero molto esigui. Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che vorrebbe ricandidarsi di nuovo, sostiene, con una nuova normativa regionale, che la “conta dei due mandaticomincerebbe da quando la Regione recepisce la legge. E cioè da ora. Ma questa storia del “recepimento”, anche a detta di molti costituzionalisti, non reggerebbe visto che il principio essendosecco” è entrato immediatamente in vigore senza che si debba recepire e il divieto di un terzo mandato consecutivo è direttamente auto applicativo.

L’obiezione avrebbe avuto un senso, osservano, se avessero scritto la legge “a maglie larghe”, cioè parlando in modo generico di tetto ai mandati. Ma così non è stato. Il Governo ha così presentato ricorso contro la legge regionale della Campania confidando in una sentenza favorevole della Corte Costituzionale.

La scelta di uscire dal partito di appartenenza per candidarsi autonomamente, come annunciato da De Luca e tra le opzioni adombrate pure dal veneto Zaia, anche lui colpito dal divieto, non risolverebbe comunque il problema perché, secondo Ceccanti, il divieto del terzo mandato ricade sulla persona e non sul partito. E anche se si presentassero alle prossime elezioni con liste autonome o per conto di forze politiche diverse dalle attuali, il discorso non cambierebbe. La legge, assicura ancora Ceccanti, «parla molto chiaro».

La speranza di De Luca e Zaia potrebbe essere quella di una pronuncia a loro favore da parte della Consulta, ma si tratta di «un periodo ipotetico dell’irrealtà», si osserva, perché questo creerebbe un precedente pericoloso visto che metterebbe a rischio varie leggi di principio che regolano le Regioni, aprendo un gioco di domino.

Meglio che ci si adegui alla norma sul divieto al terzo mandato che all’atto della sua approvazione era stata condivisa dagli stessi interessati che oggi la criticano (chi non si ricorda il «due mandati e poi via, a casa” pronunciato in televisione dallo stesso Zaia che imperversa sul web in queste ore?) e che la politica ne prenda atto anche per assicurare un doveroso ricambio ai vertici delle istituzioni, che sarebbe auspicabile fosse generalizzato, pure per quei consiglieri regionali e parlamentari che soggiornano sugli scranni da oltre vent’anni.

 

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