Vienna, la pace e Schönborn

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Il 9 gennaio è stata resa pubblica una dichiarazione comune delle fedi (cristiana, ebraica e islamica) sulla pace. Firmata dal card. Chrstoph Schönborn, dal rabbino capo Jaron Engelmayer e dal presidente della comunità islamica Ümit Vural, testimonia «una buona, equilibrata e costruttiva cooperazione» tra le comunità religiose a Vienna e in Austria e rafforza l’impegno «per la pace, nella convinzione che la fede possa essere una base solida per una convivenza pacifica».

«Condanniamo fermamente qualsiasi abuso della religione per incitare e giustificare il terrore e la violenza. Al tempo stesso siamo contro ogni forma di discriminazione e minaccia alla vita religiosa. Ci impegniamo a compiere ogni sforzo per rafforzare la comprensione reciproca e la coesione delle nostre comunità religiose. Facciamo appello alle nostre comunità e a tutte le persone che vivono a Vienna affinché lavorino instancabilmente per mantenere una convivenza pacifica e rispettosa nella nostra città».

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Il cardinale ha aggiunto: «Siamo convinti che le religioni non siano un problema, ma almeno una parte importante della soluzione» nonostante le ferite storiche come la shoah e le guerre all’islam. A proposito dei musulmani ha detto: «Sono cittadini austriaci. È il loro paese, come è il nostro».

Il rabbino Engelmayer ha riconosciuto il ruolo del cardinale nella conoscenza reciproca e nella concordia fra le fedi: «Stiamo dimostrando che le religioni possano trattarsi reciprocamente in modo pacifico e rispettoso». Per Ümit Vural «L’islam è parte di questo paese. Apparteniamo a esso e insieme vogliamo modellare il futuro».

Una consonanza fra le religioni si era già registrata in altre occasioni come gli attentati fondamentalistici del 2020 e durante la pandemia. La crescente forza del populismo e delle destre illiberali e xenofobe fa emergere oggi il valore della dichiarazione e il ruolo del cardinale.

C’è un cardinale a Vienna

Il 22 gennaio prossimo Schönborn compirà 80 anni e il suo pensionamento è imminente. Sarà onorato in una grande celebrazione il 18 a cui sono invitati 4.000 ospiti (in cattedrale e in altre chiese collegate). L’evento sarà trasmesso in diretta sulla televisione e la radio austriaca. Ci sarà anche un discorso del presidente Alexander Van der Bellen.

Il successore del cardinale alla presidente della conferenza episcopale, l’arcivescovo di Salisburgo Franz Lackner, l’ha definito «una figura imponente della recente storia delle Chiesa austriaca» paragonandolo al card. Franz König. Ha ricordato l’inizio del suo ministero in una Chiesa devastata dagli scandali del predecessore e di altri vescovi e come la sua azione sia valsa a gestire con grande efficacia ed equilibrio le conseguenze che potevano essere molto gravi.

Il suo contributo alla Chiesa universale è espresso dalla sua collaborazione come segretario della commissione per il nuovo Catechismo della Chiesa cattolica e dal suo ruolo di consigliere ascoltato sia da Giovanni Paolo II sia, soprattutto, da Benedetto XVI. Molto attento alle tematiche sociali, non ha mai smesso di sostenere la centralità dell’annuncio e della testimonianza cristiana.

Il cardinale è stato particolarmente attivo sul versante ecumenico e inter-religioso, ma anche sul fronte dell’unificazione del continente. La “giornata cattolica dell’Europa Centrale” ha rafforzato i legami fra i territori e i paesi che appartenevano un tempo all’impero asburgico, indirizzando e sostenendo la convergenza verso l’Unione Europea e il suo allargamento.

È riuscito a mantenere l’unità nella Chiesa nonostante momenti di viva contrapposizione all’interno delle comunità (il movimento contestativo “Wir sind Kierche”) e fra i teologi, ma anche con Roma. Va ricordata la polemica diretta con il card. Sodano, segretario di stato, a proposito della mancata inchiesta sul card Hans Groȅr, suo predecessore a Vienna (2010).

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Due citazioni

Sono indicativi del suo magistero due passaggi: sull’islam e sul Catechismo della Chiesa cattolica. Parlando a Teheran il 20 febbraio 2001 invitava i musulmani alla riforma: «Senza questa “inculturazione” la religione resta astratta, avulsa dalla vita. Ma l’inculturazione della religione è sempre anche una nuova sfida a non nascondere o addirittura falsificare il nocciolo religioso, il cuore vivo della religione mediante le condizioni culturali, politiche, economiche in cui la religione viene vissuta. Perciò la riforma deve accompagnare sempre la storia concreta delle nostre comunità religiose».

E sul Catechismo scrive nel 2002 in un convegno romano a dieci anni dalla promulgazione: «Si obietterà forse che è la Bibbia innanzitutto la fonte principale della teologia. È vero che il concilio ci insegna che la Bibbia deve essere l’anima della teologia. È necessario rammentare però ciò che dice il Catechismo al n. 108: “La fede cristiana tuttavia non è una religione del libro. Il cristianesimo è la religione della Parola di Dio: di una Parola che non è una parola scritta e muta, ma il Verbo incarnato e vivente. Perché le parole dei libri sacri non restino lettera morta, è necessario che Cristo, Parola eterna di Dio vivente, per mezzo dello Spirito santo ce ne sveli il significato affinché comprendiamo le Scritture”. Non è il libro in quanto tale ad essere la fonte, ma la Parola vivente di Dio. Parola fatta carne che ha dimorato tra noi. È solo nella fede della Chiesa che è il suo corpo, che le Scritture diventano intelligibili per opera dello Spirito Santo».

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