La Svizzera e la vicenda di Abedini che coinvolge Cecilia Sala

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EPA/FABIO FRUSTACI

Le storie e gli intrecci – negati da Italia e Iran – che hanno portato agli arresti dell’ingegnere iraniano Mohammad Abedini all’aeroporto di Milano-Malpensa e della giornalista italiana Cecilia Sala a Teheran (poi rilasciata mercoledì 8 gennaio) portano anche in Svizzera. Sono infatti molte le domande legate al ruolo della Confederazione in questa intricata vicenda. 

Il caso di Cecilia Sala, giornalista italiana 29enne arrestata in Iran il 19 dicembre e liberata mercoledì 8 gennaio, si è intrecciato con quello di Mohammad Abedini, ingegnere iraniano 38enne arrestato in Italia su richiesta degli Stati Uniti tre giorni prima della giornalista.  

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Abedini (il suo nome vero è Mohammad Abedininajafabadi) resta in carcere a Milano mentre Roma e Teheran continuano a negare l’intreccio tra la sua vicenda e quella di Cecilia Sala. La stampa italiana insiste però sull’esistenza di un legame tra i due casi: la giornalista italiana sarebbe stata arrestata come ritorsione per il fermo dell’ingegnere iraniano. O forse per far pressione su Roma affinché non conceda l’estradizione di Abedini agli Stati Uniti. 

L’accusa statunitense 

Attraverso la start-up IllumoveCollegamento esterno, secondo l’atto d’accusa americano che ha portato al fermo di Abedini all’aeroporto di Milano-Malpensa, l’ingegnere iraniano avrebbe fornito ai pasdaran (Corpo delle guardie della rivoluzione islamica) un sistema di navigazione elettronico. Questo sistema è stato ritrovato tra i rottami di un drone usato dalle milizie iraniane per un attacco avvenuto il 28 gennaio 2024 alla base americana “Tower 22”, nella regione di confine tra Giordania e Siria. L’attacco è costato la vita a tre militari statunitensi mentre altri 40 soldati sono rimasti feriti. 

“L’attacco con il drone iraniano è costato la vita a tre militari statunitensi mentre altri 40 soldati sono rimasti feriti”


Dipartimento di giustizia USA

Come si legge nel comunicato stampaCollegamento esterno del Dipartimento di giustizia statunitense del 16 dicembre scorso, Mohammad Abedini, di Teheran, è stato accusato d’aver esportato sofisticati componenti elettronici dagli Stati Uniti all’Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni.

Secondo i documenti del tribunale, Abedini sarebbe il fondatore e l’amministratore delegato di una società iraniana, la San’at Danesh Rahpooyan Aflak Co. (SDRA o SADRA), che produce moduli di navigazione – noti come Sepehr Navigation System – utilizzati nel programma militare di droni dei pasdaran che gli Stati Uniti hanno designato come organizzazione terroristica.  

A causa delle leggi statunitensi che limitano le esportazioni in Iran, Abedini avrebbe creato una società di facciata in Svizzera, la Illumove SA.  

Secondo i documenti del tribunale, le analisi dell’FBI sul drone recuperato dal luogo dell’attacco hanno dimostrato che si trattava di un mezzo iraniano e che il sistema di navigazione utilizzato era il Sepehr Navigation System, prodotto dalla società di Abedini.    

Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti per questi motivi chiede la sua estradizione. Per questi reati è prevista una pena fino all’ergastolo. 

>>Il servizio del Telegiornale della RSI sul caso Abedini e il suo passato al Politecnico federale di Losanna:

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La vicenda elvetica 

In questo triangolo Roma-Teheran-Washington, un ruolo lo svolge anche la Svizzera. Questo per almeno tre motivi. 

Innanzi tutto, perché l’indirizzo dell’azienda di Abedini, la Illumove SA, si trova al Parco dell’Innovazione (Innovation ParkCollegamento esterno) del Politecnico federale di Losanna (EPFL).  

Secondo, perché l’ingegnere iraniano ha lavorato come assistente di ricerca in un laboratorio dell’EPFL dal 2019 al 2022.  

Terzo, quando nel 1980 gli Stati Uniti decisero di interrompere le relazioni diplomatiche con l’Iran, affidarono alla Svizzera un mandato di “potenza protettrice”.  

E ci sarebbe forse anche un quarto motivo: a Ginevra fra qualche giorno si terrà un vertice sulla questione nucleare iraniana. 

Vediamo questi singoli aspetti un po’ più da vicino. 

Società domiciliata in Svizzera 

Secondo il portavoce dell’EPFL, intervistato dai colleghi della RSI, “la Illumove è una start-up molto piccola. Ce ne sono centinaia nel Parco dell’innovazione dell’EPFL. La sua fondazione è avvenuta nelle migliori condizioni. I prodotti erano sensori di movimento, utili soprattutto nel settore sportivo per seguire i cavalli nelle corse”. 

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Lo scopo di questa azienda nata nel 2019, come si può leggere sul registro di commercio, è “la ricerca, lo sviluppo e la produzione di apparecchiature, sistemi meccatronici e software, nonché la prestazione di servizi nei suddetti ambiti e il commercio di tutti i prodotti”. 

In un primo tempo, il portavoce dell’EPFL, sempre sollecitato dai colleghi della RSI, aveva dichiarato che la Illumove ha solo “una buca delle lettere” presso il Politecnico e che non svolge nessuna attività sul posto. Informazione che ha alimentato il dubbio che la ditta dell’ingegnere iraniano – come sostengono le autorità giudiziarie americane – sia semplicemente una società di comodo, e che serva unicamente per aggirare le sanzioniCollegamento esterno cui è sottoposto l’Iran e che la Svizzera ha deciso di applicare.  

Ricercatore al Politecnico federale di Losanna  

Abedini, laureato in ingegneria meccanica alla Sharif University oh Technology di Teheran, l’università tecnica iraniana più prestigiosa, è stato un ricercatore al Politecnico federale di Losanna tra il 2029 e il 2022 (borsista post-doc). L’EPFL conferma che da allora non ha più né lavorato né collaborato con il Politenico.  

“Se Abedini ha utilizzato le competenze sviluppate nel nostro laboratorio per scopi militari, lo ha fatto a nostra insaputa e ovviamente senza il nostro sostegno”


Ex supervisore di Abedini all’EPFL

Nei giorni scorsi il quotidiano zurighese Tages-Anzeiger ha intervistato per la prima volta il capo del laboratorio di Losanna in cui ha lavorato Mohammad Abedini. Il ricercatore ha subito messo le mani in avanti: “Se Abedini ha utilizzato le competenze sviluppate nel nostro laboratorio per scopi militari, lo ha fatto a nostra insaputa e ovviamente senza il nostro sostegno”.  

Abedini è stato assunto dall’EPFL per le sue competenze tecniche e – come aggiunge il suo supervisore di allora che ha voluto restare anonimo – “il suo lavoro è stato apprezzato”. 

Il quotidiano zurighese chiarisce che l’ex superiore di Abedini era a conoscenza dell’esistenza della società Illumove. “L’azienda, così come era stata presentata al momento della sua fondazione – ricorda l’ex supervisore – era destinata solo ad applicazioni civili”.  

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Rapporti imbarazzanti con accademici stranieri 

La negligenza delle università svizzere nel trattare con scienziate e scienziati stranieri che effettuano ricerche su tecnologie sensibili ha da qualche tempo allarmato il Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC). Si può ipotizzare, racconta la portavoce del SIC Sonja Margelist al Tages-Anzeiger, che “gli istituti di istruzione e ricerca in Svizzera potrebbero diventare sempre più oggetto di attenzione da parte di attori stranieri”. 

A questo proposito, ricorda sempre Margelist “è responsabilità delle università e degli istituti di istruzione superiore ottenere informazioni approfondite sull’istituto partner straniero e sulle sue intenzioni prima delle collaborazioni di ricerca e chiarire i possibili rischi per la sicurezza o la proliferazione con le autorità competenti”. 

I due politecnici federali di Losanna e Zurigo – particolarmente gettonati dagli studenti, studentesse, ricercatori e ricercatrici stranieri – hanno nel frattempo sviluppato nuovi criteri per lo screening di studenti, dottorandi e professori stranieri. In breve, alcune regioni del mondo saranno classificate come sensibili, il che comporterà un aumento dei controlli. Tutte misure prese però ben dopo l’assunzione di Abedini. 

Abedini e la giustizia svizzera 

In Svizzera il caso Abedini non è o non lo sarà mai un caso di rilevanza penale. Il Ministero pubblico della Confederazione conferma che non sta attualmente conducendo alcun procedimento in relazione al caso. Inoltre, il Ministerio pubblico sottolinea che attualmente non ha ricevuto alcuna richiesta di assistenza giudiziaria. 

Sullo sfondo rimangono tuttavia molte domande sul ruolo della Svizzera nell’intera vicenda. La Confederazione, come detto, rappresenta gli interessi degli Stati Uniti in Iran dal 1980. Quando è stata proclamata la Repubblica islamica dell’Iran, l’ambasciata USA a Teheran è stata presa d’assalto e dei diplomatici statunitensi sono stati tenuti in ostaggio. All’epoca gli Stati Uniti decisero di interrompere le relazioni diplomatiche con l’Iran, ma allo stesso tempo affidarono alla Svizzera un mandato di “potenza protettrice”.  

“Le autorità iraniane hanno informato il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) della morte di un cittadino svizzero in prigione”


Nicolas Bideau, resp. comunicazione DFAE

Quando ad esempio gli Stati Uniti il 3 gennaio 2020 hanno assassinato a Bagdad il generale iraniano Qassem Soleimani, le tensioni tra il governo statunitense e quello iraniano sono nuovamente aumentate. In quel caso le autorità iraniane hanno subito convocato il messaggero svizzero che funge da intermediario tra i due Paesi. Cosa si siano detti non si sa. La Svizzera ha però trasmesso messaggi confidenziali tra i due Paesi. Un canale di comunicazione discreto che può aiutare a trovare compromessi o ad allentare le tensioni.  

Da ultimo, Teheran ha in programma colloqui con Regno Unito, Germania e Francia il 13 e 14 gennaio proprio in Svizzera, a Ginevra. All’ordine del giorno l’altamente controverso programma nucleare iraniano. 

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Cittadino svizzero morto in Iran

A complicare la situazione è arrivata la notizia che un cittadino svizzero è stato trovato morto giovedì 9 gennaio in una prigione iraniana. Secondo i media statali iraniani, l’incidente è avvenuto nella prigione di Semnan, nel nord-est del Paese. Il detenuto è stato arrestato dalle autorità di sicurezza per presunto spionaggio e sul caso si stava indagando. 

In un messaggio pubblicato su X, il responsabile della comunicazione del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), Nicolas Bideau, scrive che “le autorità iraniane hanno informato il DFAE della morte di un cittadino svizzero in prigione. Siamo in contatto con le autorità per chiarire le circostanze del decesso”.

Secondo la magistratura iraniana, il detenuto elvetico si sarebbe suicidato.



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