Esattamente otto anni fa milioni di persone scesero in piazza il giorno dopo l’inaugurazione della prima presidenza Trump. Mezzo milione a Washington DC, oltre quattro milioni in tutto il paese, secondo le stime del Washington Post.
La Women’s March (marcia delle donne, ndr) del 2017 fu probabilmente la protesta più partecipata nella storia degli Stati Uniti, dove numeri così ingenti non sono usuali come ad altre latitudini. Quello di Washington fu un corteo impressionante: hotel e bed and breakfast pieni fino a decine di km di distanza, file di ore per prendere la metro, una fiumana di gente che per un giorno si prese la capitale Usa.
Si era arrivate a quel momento sull’onda lunga di Occupy, della candidatura di Bernie Sanders, degli altri movimenti sociali che avevano fatto slittare a sinistra una parte della cultura politica statunitense e soprattutto dopo lo shock della vittoria del magnate newyorkese alle elezioni di novembre 2016.
Nel giro di pochissime ore in molte città statunitensi le strade si riempirono di persone, che protestavano contro quella che veniva percepita come una pericolosa deviazione nella lineare e a tratti noiosa democrazia Usa.
NIENTE di tutto ciò è successo nel sonnacchioso novembre 2024, dove Trump è stato accolto con grande rassegnazione, come un male atteso. Otto anni dopo la Women’s march è tornata con un nuovo nome – People’s march, la Marcia del popolo – con l’obiettivo di costruire e allargare una grande coalizione arcobaleno che non si concentri solo sul machismo di Trump e il patriarcato. Uno dei documenti che lanciava il corteo era molto chiaro e invitava a protestate «tutti coloro che si battono per i diritti umani e la libertà contro il fascismo».
E quindi eccoci qui, otto anni dopo, con centinaia di manifestazioni locali e una nuova marcia per le strade della capitale americana, sfregiata nel frattempo dall’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021.
E mentre Washington si prepara all’inaugurazione di domani, con i lavori in corso ovunque, palchi, barriere, tantissimi agenti, la People’s March comincia con tre concentramenti in centro, a poca distanza dalla Casa che sta per cambiare padrone.
UNO, MOLTO AFFOLLATO, con le organizzazioni femministe e Lgbtq+; un secondo, quello meno numeroso, con le organizzazioni locali nella piazza su cui affaccia il Museo delle vittime del comunismo…; infine quello antimilitarista, internazionalista, ambientalista, l’ultimo a essere inglobato nel corteo che parte in perfetto orario alle 11 ora locale.
Moltissimi cartelli, bandiere, manifesti: onnipresente la principessa Leila di Star wars (bandierine con “Noi siamo la Resistenza” in vendita a $10), notevoli i cartelli con scritto “I have seen a better cabinet at Ikea” (ho visto un gabinetto migliore da Ikea, cabinet in inglese vuol dire sia armadietto che gabinetto di governo), diverse kefieh e bandiere palestinesi. Non sono molte le persone senza un cartello, una bandiera, o il cappellino rosa simbolo delle Women’s March.
Come spesso capita, appena la manifestazione si distende i numeri sembrano meno ristretti di quelli dei concentramenti. Migliaia di persone scorrono nelle strade del centro, costeggiando una protettissima Casa Bianca, e poi davanti al Washington Memorial, dove staziona un gruppetto di uomini bianchi con cappellino Maga.
Per tutto il corteo non mancano solitari o piccoli gruppetti di contestatori, in particolare antiabortisti, che rimangono spesso ai lati del corteo senza alcun incidente – arrivati al Lincoln Memorial (quello di «I have a dream» di Martin Luther King), riescono addirittura a piazzarsi ai lati del palco, prendendosi di fatto lo show per qualche decina di minuti, mentre molte attiviste cercano di coprire i loro orridi manifesti.
IMPREVISTI a parte, il colpo d’occhio è notevole: migliaia di persone riempiono lo spazio antistante al monumento dedicato al presidente protagonista della Guerra civile, disponendosi tutto intorno al laghetto artificiale, ghiacciato per le basse temperature.
Quando all’una esatta le due direttrici della Women’s March prendono la parola per aprire la parte finale della giornata, davanti al Lincoln Memorial è tutto pieno: ricordano il corteo del 2017, un corteo storico e irripetibile, e come questi otto anni siano stati difficili, tra Covid, Charlottesville, le varie catastrofi “naturali” che hanno colpito gli Usa. Ma, insistono, soprattutto per colpa di Trump. Ci aspettano altri quattro anni, probabilmente più brutali e difficili della presidenza passata.
Chi era in piazza oggi si prepara a resistere.
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