L’ennesimo fallimento di Macron nel pantano africano

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Parigi. «Ha insultato tutti gli africani. Ecco come questo signore vede l’Africa e gli africani. Non siamo degli esseri umani ai suoi occhi». Ibrahim Traoré, presidente del Burkina Faso dal golpe del 30 settembre 2022 che ha portato alla deposizione del tenente colonello Paul-Henri Damiba, ha reagito con queste parole, durissime e inedite, al discorso che il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha pronunciato lo scorso 6 gennaio all’Eliseo durante la Conferenza annuale delle ambasciatrici e degli ambasciatori.

Macron, parlando della sua politica africana davanti agli alti diplomatici, ha detto che la Francia ha avuto “ragione” a intervenire militarmente in Africa «contro il terrorismo fin dal 2013», ma i dirigenti africani «si sono dimenticati di dirci grazie». «Non importa, arriverà col tempo. L’ingratitudine, lo so bene, è una malattia non trasmissibile agli esseri umani», ha sottolineato Macron, aggiungendo che “nessuno” degli attuali leader sarebbe oggi a capo di un Paese sovrano senza gli interventi militari dell’armée française.

Le relazioni deteriorate tra Burkina Faso e Francia

Dichiarazioni paternalistiche, con sfumature neocoloniali, che non potevano passare inosservate al di là del Mediterraneo. Le relazioni tra Burkina Faso e Francia hanno iniziato a deteriorarsi dopo che il leader burkinabé ha preso il potere con la forza nel settembre 2022. Il Burkina Faso è uno dei Paesi saheliani, insieme a Mali e Niger, che ha ottenuto la partenza delle forze francesi dal proprio territorio nel 2023 ed è entrato nella sfera di influenza della Russia di Vladimir Putin.

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Il ritiro dei soldati e dell’ambasciatore di Parigi dal Niger è stato annunciato nel settembre 2023 dal presidente Macron: il terzo in tre anni dopo l’abbandono del Mali nel 2020 e del Burkina Faso nel 2022, in ragione dei rispettivi golpe. Macron parla di “riorganizzazione” della sua presenza in Africa. «No, la Francia non si sta ritirando in Africa, semplicemente è lucida, si riorganizza», ha detto il capo dello Stato francese durante la Conferenza degli ambasciatori. Ma la realtà è un’altra, e mostra una Francia fortemente indebolita e contestata da sempre più Paesi africani.

Anche Senegal e Ciad contro Macron

Lo scorso novembre, il Ciad e il Senegal hanno seguito le orme di Mali, Burkina Faso e Niger. Il Ciad ha denunciato l’accordo di cooperazione militare e ha chiesto la partenza delle truppe francesi entro la fine di gennaio, mentre il Senegal ha invocato la chiusura delle basi militari francesi e la fine di tutte le presenze militari straniere, secondo un calendario ancora da definire. Il governo di N’Djamena, in seguito alla conferenza degli ambasciatori all’Eliseo, ha pubblicato un comunicato nel quale ha espresso profonda inquietudine per le dichiarazioni rilasciate da Macron. Che, secondo il governo ciadiano, «riflettono un atteggiamento sprezzante nei confronti dell’Africa e degli africani».

«I leader francesi rispettino il popolo africano»

«Il Ciad tiene a sottolineare che non ha alcun problema né con la Francia come nazione né con il popolo francese, con il quale condivide una storia segnata da rapporti umani e culturali. Tuttavia, i leader francesi devono imparare a rispettare il popolo africano e a riconoscere il valore dei suoi sacrifici», si legge nel comunicato. «La storia attesta che l’Africa, compreso il Ciad, ha svolto un ruolo decisivo nella liberazione della Francia durante le due guerre mondiali, fatto che la Francia non ha mai veramente riconosciuto. Gli immensi sacrifici compiuti dai soldati africani in difesa della libertà sono stati minimizzati e non è stato espresso alcun ringraziamento significativo», ha ricordato l’esecutivo ciadiano.


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Anche il Senegal di Ousmane Sonko ha criticato con veemenza le affermazioni di Macron. «Notiamo che la Francia non ha né la capacità né la legittimità per garantire la sicurezza e la sovranità dell’Africa. Al contrario, ha spesso contribuito a destabilizzare alcuni Paesi africani come la Libia, con conseguenze disastrose per la stabilità e la sicurezza del Sahel», ha dichiarato il primo ministro senegalese, smentendo inoltre le dichiarazioni dell’inquilino dell’Eliseo secondo cui il ritiro delle basi militari francesi era stato negoziato con i Paesi africani interessati, e che è stato per «semplice convenienza e cortesia» che la Francia ha concesso il primato dell’annuncio a questi Stati africani. «La decisione presa dal Senegal deriva dalla sua esclusiva volontà di Paese libero, indipendente e sovrano», ha aggiunto Sonko.

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Macron «non può presentarsi come il salvatore, è arrogante»

In un’intervista a Public Sénat, persino l’ex ambasciatore francese in Mali e in Senegal Nicolas Normand si è detto sorpreso dai contenuti e dai toni utilizzati dal presidente, definendo il suo intervento «estremamente maldestro». «Quando è stato evocato il problema dell’ingratitudine, bisognava nello stesso momento ricordare l’aiuto che i Paesi africani ci avevano dato con i tirailleurs senegalesi, come aveva fatto François Hollande quando era venuto in Mali nel 2013», ha dichiarato Normand, prima di aggiungere: «Non ci si può presentare come il salvatore: è estremamente arrogante nei confronti dei Paesi africani, soprattutto in quanto ex grande potenza coloniale. Quanto al fatto che il presidente Macron abbia detto che senza l’intervento militare francese alcuni Paesi africani non sarebbero più Stati sovrani, è solo un’ipotesi che si può discutere. Non si può essere assertivi su questo argomento. Dirlo in questo modo è un po’ eccessivo».

La Francia si è impegnata militarmente nel Sahel per combattere i jihadisti legati ad al-Qaeda e allo Stato islamico con le operazioni “Serval” (2013-2014) e “Barkhane” (2014-2022). Nel pantano africano, sono morti cinquantotto soldati francesi. Ma è morta anche la Françafrique.

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