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Il Rapporto economico per il 2024 ha fotografato i dieci punti di forza del nostro Paese. Ermete Realacci: «I risultati frutto del gioco di squadra»
Sono dieci i primati italiani che non ci si aspetta. Come quello dell’acciaio verde, in cui l’Italia si scopre leader tra i Paesi del G7 per quota di acciaio prodotto con ciclo a forno elettrico (86%). Oppure quello delle rinnovabili, in cui Enel emerge come primo operatore privato dell’energia pulita, con 63 gigawatt di capacità installata a fine 2023, seguita dalla francese Engie con 45 gigawatt e dalla spagnola Iberdrola con 42. Altri esempi sono l’alto tasso di riciclo dei rifiuti speciali e urbani (91,6%), contro il 79,9% della Francia, il 75,3% della Germania e il 73,4% della Spagna, o la quantità di aziende agricole biologiche, con 82.627 operatori, davanti a Francia (60.522), Spagna (55.851) e Germania (36.688).
Pasta e Unesco
Siamo anche campioni mondiali nella produzione ed esportazione di pasta, con quasi 4 milioni di tonnellate all’anno (3,67 milioni); primi per numero di siti nella lista dei patrimoni Unesco dell’umanità (60 su 1223); leader in Europa del turismo congressuale (553 congressi nel 2023 contro 505 della Spagna). L’Italia è terza al mondo, dietro Cina e Vietnam, per saldo della bilancia commerciale nell’arredo (10,9 miliardi di dollari) e prima al mondo per crescita nell’export del settore farmaceutico tra il 2021 e il 2023, con un balzo di 13,6 miliardi di dollari. Last but not least, è leader nell’export di giostre con ben 137 imprese, (soprattutto in Veneto, Emilia Romagna e Lombardia).
I primati del Made in Italy nascono dal gioco di squadra. Il valore economico della coesione sociale è uno dei punti salienti individuati dall’«Italia in 10 selfie», il compendio per il 2024 dei rapporti della Fondazione Symbola, che fotografa come ogni anno dieci punti di forza del nostro Paese. «L’Italia dà il meglio di sé quando incrocia i suoi cromosomi antichi con il nostro modo di fare economia, che tiene insieme innovazione e tradizione, nuove tecnologie e bellezza, sostenibilità e competizione», spiega Ermete Realacci, presidente della fondazione. I dieci selfie sono un racconto che vuole essere un promemoria e un’agenda: «Da qui possiamo partire per affrontare i nostri mali antichi e le sfide del futuro, partecipando alla missione che si è data l’Europa con il Next Generation Eu, per rispondere alle crisi tenendo insieme coesione, transizione verde e digitale», esorta Realacci. Il dossier, realizzato in collaborazione con Unioncamere, viene distribuito anche a livello internazionale dalla rete delle ambasciate italiane.
«La capacità dell’Italia di stare al mondo – sottolinea il presidente di Symbola – è molto legata alla tenuta comunitaria. Il segreto di questi primati è la coesione, che in un panorama frammentato come quello del sistema produttivo italiano consente anche alle imprese piccole di essere più competitive aggregandosi in distretti», sostiene Realacci. E continua: «Le imprese orientate alla coesione, alla buona governance, alla solidarietà con i lavoratori e con il territorio, al rispetto dell’ambiente e della comunità, sono quelle che crescono meglio e diventano più competitive». Ribadendo il suo slogan di sempre: «Essere buoni conviene». Non solo per le piccole imprese, ma anche per le grandi aziende la pace sociale incrementa i fatturati e la collaborazione con le università, con la società civile e con le altre imprese sul territorio promuove le soluzioni innovative e premia le proposte più dinamiche.
Se una società che non si strappa è propizia alla vivacità imprenditoriale, però, è vero che le incrinature possono provocare spinte contrare dalle vaste conseguenze. «In una società anziana e ricca come la nostra si fa presto a spaventarsi. Il problema dell’ordine pubblico, che indubbiamente esiste, viene ridimensionato da una verifica dei dati. A Milano negli anni Settanta c’erano 150 omicidi all’anno, negli anni Novanta una trentina e nel 2023 sono stati 8. Quindi attenzione, la microcriminalità può far paura, ma bisogna stare attenti a non chiudersi a riccio, perché poi si mette a rischio il nostro futuro», commenta Realacci. L’avversione per il nuovo, per il progresso sociale, economico o ambientale, a volte può mettere a repentaglio anche lo slancio imprenditoriale di un Paese.
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