‘NDRANGHETA E APPALTI SULLA 106

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La “Calabria Lavori” avrebbe sovrafatturato a un’impresa friulana perché essa pagasse una tangente da 150 mila euro alla supercosca Abbruzzese-Forastefano di Cassano Jonio: il 3% su un appalto di 5 milioni per due microtunnel a Trebisacce

Tre imprese di sub-appalti e una ritenuta tangente da quasi 113 mila euro finite sotto sequestro ai fini della confisca, cinque persone finite in carcere con la pesante accusa di estorsione mafiosa, unitamente al ritenuto boss di ‘ndrangheta di Cassano Jonio, il 39enne Leonardo Abbruzzese detto Nino o Castellino che in carcere lo è già da un pezzo, al carcere duro del 41-bis.

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Si tratta dell’ultimo capitolo, o meglio paragrafo, scritto dalla Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro nella Piana di Sibari.

Il “pizzo”, questa volta, sarebbe stato imposto a un’impresa di costruzioni dell’estremo Nord Italia, di Basiliano in provincia di Udine, nel Friuli, la “I.Co.P. Spa Società Benefit”.

Il ritenuto boss Leonardo Abbruzzese

“Fattore Delta”

L’inchiesta anti-‘ndrangheta è stata battezzata “Fattore Delta” e stamane gli agenti della Direzione investigativa antimafia hanno eseguito i 4 decreti di sequestro preventivo e le 6 ordinanze applicative della misura cautelare in carcere emessi dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, Chiara Esposito, su richiesta del sostituto procuratore della locale Direzione distrettuale antimafia, Alessandro Riello.

L’indagine svela le infiltrazioni e ingerenze della supercosca di ‘ndrangheta facente capo alle famiglie Abbruzzese e Forastefano di Cassano Jonio nei lavori del Terzo megalotto della Strada statale 106 in corso di realizzazione dal territorio del comune di Roseto Capo Spulico fino a Sibari, in territorio di Cassano Jonio.

È – com’è noto – il più grande appalto in corso nell’intera regione Calabria:

1 miliardo e trecento milioni di euro.

I nomi degli arrestati stamane finiti in carcere

I destinatari delle misure cautelari sono – oltre al boss Abbruzzese – Antonio Salvo di 35 anni, di Santa Sofia d’Epiro, Gino Cipolla di 43, di San Lorenzo del Vallo, Domenico Basile di 47, di Rocca Imperiale, Giuseppe D’Alessandro di 61, di Tursi in provincia di Matera, e Luigi Falcone di 55, di Corigliano-Rossano.

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150 mila euro di “pizzo” su un appalto da 5 milioni: il 3%

La vicenda estorsiva, verificatasi alla fine del 2022, scaturisce dalla denuncia sporta dall’imprenditore Vittorio Petrucco, legale rappresentante della “I.Co.P. Spa Società Benefit”, il quale ha riferito agl’inquirenti d’avere un contratto di subappalto con la società “Impresa Tre Colli Spa” per la realizzazione della variante al metanodotto “Pisticci-Sant’Eufemia 4 tronco” per conto di “Snam Rete Gas”, consistente nella realizzazione di 2 microtunnel nel Comune di Trebisacce, per un importo pari a 5 milioni di euro.

L’imprenditore ha poi denunciato d’essere venuto a conoscenza della pretesa estorsiva avanzata da Antonio Salvo, capocantiere della “Tre Colli Spa” (l’impresa è però estranea all’inchiesta) per il tramite di due suoi dipendenti, uno dei quali, in particolare, gli aveva riferito ch’erano stati imposti loro 3 fornitori.

L’imprenditore del Nord non aveva capito, ma poi lo portano a Lauropoli…

L’imprenditore aveva chiesto “chiarimenti”, ed era stato accompagnato proprio da Salvo, e da Cipolla che faceva da autista, a Lauropoli, nel quartier generale degli Abbruzzese, gli zingari della ‘ndrangheta sibarita:

prima d’andare al cospetto delle persone che avrebbero dovuto chiarirgli la situazione – tra le quali il boss Nino Abbruzzese in persona – l’imprenditore aveva dovuto lasciare il telefono nell’auto di chi l’aveva accompagnato, come fecero gli accompagnatori stessi.

Nella “riunione di lavoro” gli era stato riferito chiaramente che, per non avere “problemi”, la sua impresa avrebbe dovuto pagare il 3% dell’importo del contratto d’appalto – ovverosia 150 mila euro – e gli avevano dato i nomi dei fornitori coi quali l’impresa appaltatrice avrebbe dovuto lavorare.

La tangente, la “tassa d’impatto ambientale”, sarebbe stata ricavata attraverso un sistema di sovrafatturazioni con quegli stessi fornitori.

Le ditte subappaltatrici “complici”

Una delle 3 ditte colluse che hanno ordito le sovrafatturazioni, attraverso l’utilizzo di documentazione falsa che simulava consegne di materiali e prestazioni di servizi sovradimensionate così da contenere, ab origine, la quota parte destinata al pagamento dell’estorsione che sarebbe poi confluita nelle casse della supercosca Abbruzzese-Forastefano, è la “Calabria lavori Srls” di Corigliano-Rossano, con sede legale in contrada Occhio di lupo dove risiede uno degli arrestati, Falcone, dipendente e capocantiere della ditta coriglianese, che sarebbe stata la prima a mettere in atto il sistema delle fatture sovradimensionate.

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Le altre 2 ditte sono la C.M.I. – Calcestruzzi – materiali – inerti Srl di Rocca Imperiale, e la Smeda Srl di Tursi in provincia di Matera.

Uno degli arrestati è indagato anche per istigazione alla corruzione:

secondo l’accusa avrebbe promesso 20 mila euro al capocantiere d’una società a partecipazione statale appaltante dei lavori, incaricato di pubblico servizio, per indurlo a falsificare i certificati di stato d’avanzamento dei lavori relativi allo smaltimento dell’acqua da parte dell’azienda incaricata.

Oltre alla circostanziata denuncia dell’imprenditore friulano, l’inchiesta consta di intercettazioni ambientali e telefoniche di conversazioni intrattenute dagl’indagati e da soggetti loro vicini, di testimonianze rese da persone informate sui fatti e da puntuali verifiche documentali espletate dagli agenti della Direzione investigativa antimafia. direttore@altrepagine.it



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