Per non tornare al 7 ottobre occorre riconoscere Israele come l’unica potenza del medio oriente in grado di ristabilire linee nette tra democrazia e terrorismo. La vera pace passa da qui: sradicare Hamas, combattere l’Iran
Ieri “all eyes on Rafah”, oggi “all eyes on Hamas”. La tregua è arrivata, in medio oriente, ed è una buona notizia. E’ una buona notizia perché permette di entrare in un percorso di pace che potrebbe essere persino promettente. Perché permette di riportare a casa gli ostaggi che i terroristi di Hamas tengono in cattività da 468 giorni. Perché permette al popolo palestinese innocente di provare a ricostruirsi un futuro diverso da una vita immersa nella devastazione di Gaza.
La tregua è arrivata ed è una buona notizia. Ma per ragionare sul domani e mettersi alla ricerca di altre buone notizie vi è una necessità non negoziabile che riguarda il futuro del medio oriente. E quella necessità coincide con un dovere politico, morale, strategico e umanitario che dovrebbe portare tutta la comunità internazionale a concentrarsi su un tema che costituisce l’unica chiave possibile per avere un medio oriente meno ostaggio dei professionisti del terrore. Il futuro del medio oriente, la sua stabilità, la sua pace, la sua prosperità non dipendono dal ridimensionamento del ruolo di Israele nella regione ma al contrario dipendono dalla capacità da parte della comunità internazionale di disarmare e di fronteggiare con tutti i mezzi a disposizione, non necessariamente quelli militari, i terrorismi contro cui combatte ancor prima del 7 ottobre lo stato di Israele.
La tregua è importante, il cessate il fuoco è una buona notizia, ma per evitare di riportare le lancette del medio oriente a prima del 7 ottobre occorre ricordare in queste ore, con chiarezza, chi, in questa guerra, è stato l’aggredito e chi l’aggressore e occorre in definitiva avere in testa una consapevolezza che dovrebbe essere scontata e che invece non lo è. La questione se Hamas continuerà a prosperare, come entità terroristica e come forza trainante a Gaza, non dovrebbe passare in secondo piano. Sapere che Gaza non potrà più essere utilizzata come una rampa di lancio per attacchi missilistici o invasioni via terra da parte di Hamas non dovrebbe essere per la comunità internazionale un fatto secondario.
E per evitare che in futuro vi sia un altro 7 ottobre la chiave giusta non è quella di girarsi dall’altra parte, dimenticando come è nato il 7 ottobre, ma è attrezzarsi per disarmare, marginalizzare e smantellare la sorgente del terrore che ha permesso ai terroristi di Hamas di colpire l’unica democrazia libera del medio oriente. Senza il regime iraniano, ha ricordato con saggezza due giorni fa il Times di Londra, non ci sarebbe stato nessun 7 ottobre e quindi nessuna guerra a Gaza, così come non ci sarebbe stata alcuna minaccia significativa da parte di Hamas, Hezbollah o degli houthi, perché senza il supporto finanziario e logistico che questi gruppi terroristici ricevono dall’Iran nessuna di queste organizzazioni terroristiche avrebbe mai avuto la capacità di destabilizzare l’intera regione. Dal 7 ottobre a oggi, Israele ha colpito in modo duro Hamas e Hezbollah, ha indebolito l’asse della resistenza dell’Iran e con la sua deterrenza, nonostante la sua reputazione compromessa in parte della comunità internazionale, è emersa, come scritto ieri da Gideon Rachman sul Financial Times, come l’unica super potenza del medio oriente in grado di ristabilire una linea di confine netta tra i paesi democratici e i regimi terroristici.
Chiunque sogni una pace duratura in medio oriente – oltre che ricordare che storicamente ad aver fatto saltare ogni trattativa finalizzata a creare i due popoli e i due stati sono stati i palestinesi, che ogni volta che ne hanno avuto l’occasione, nel 2000 con Bill Clinton, Yasser Arafat e Ehud Barak e nel 2007 con George W. Bush, Ehud Olmert e Abu Mazen, hanno fatto all’ultimo un passo indietro, per paura di legittimare Israele, per paura di confrontarsi con il semplice diritto di Israele a esistere – deve ricordare da oggi in poi che per evitare le guerre, per evitare i conflitti, per proteggere i palestinesi innocenti, per allontanare il terrore del medio oriente occorre mettere da parte l’umanitarismo anti israeliano e occorre investire su un’altra storia e su un altro orizzonte. Sradicare Hamas, scommettere sugli stati arabi più moderati, combattere l’Iran, non fare sconti ai terroristi finanziati da Teheran e ricordare che in medio oriente le guerre cominciano quando i fondamentalisti si sentono legittimati a far prevalere su ogni principio la violenza criminale del terrorismo e finiscono quando i difensori della democrazia, in tutto il mondo, smettono di essere trattati come se fossero dei terroristi e vengono trasformati nell’unico antidoto per combattere la politica del terrore. Ieri “all eyes on Rafah”, oggi “all eyes on Hamas”.
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