Sorprendere il futuro attraverso lo sviluppo di digital twin. È questa l’ambizione di VAIMEE , la startup innovativa e spin-off dell’Università di Bologna che ha scelto come claim Surprising the Future e come nome un’espressione georgiana che indica «stupore». Un’avventura nata nel 2020 per favorire l’interoperabilità dei sistemi in vari settori con un occhio alla sostenibilità.
VAIMEE è stata una delle startup selezionate per il percorso Ecosister Accelerator 2024. Il CEO e co-founder Luca Roffia ci racconta i dettagli del progetto imprenditoriale e fa un bilancio del programma al quale ha partecipato.
Roffia, di cosa si occupa VAIMEE ?
Noi sviluppiamo software in settori chiave come l’agricoltura e l’industria in un’ottica di transizione ecologica. Io vengo dal mondo universitario, sono un ingegnere informatico laureato e dottorato all’Università di Bologna, e il mio ambito di ricerca è quello che mira a trovare soluzioni che, come si dice con un linguaggio tecnico, garantiscano l’interoperabilità dei sistemi in modo che possano comunicare tra di loro.
Il settore è quello del digital twin.
In due parole, cosa significa «gemello digitale»?
Si tratta di un software che interagisce con una parte fisica attraverso IoT, Internet of Things, elabora i dati con dei modelli e li restituisce al mondo fisico con servizi digitali. Mi spiego meglio parlando delle applicazioni che abbiamo sviluppato noi. In campo agritech, favoriamo il risparmio idrico perché la nostra tecnologia è in grado di sapere quando irrigare mentre nell’industria possiamo automatizzare il raffreddamento dei trasformatori.
Quindi VAIMEE ha una vocazione green. È un aspetto che avete considerato fin dall’inizio?
Confesso che quando ho cominciato non avevamo ancora questa sensibilità. Certo, se ci occupiamo di efficientamento, quello che facciamo avrà un impatto sul pianeta però non era ciò a cui guardavamo.
Di sicuro il software per l’irrigazione ha un risvolto di sostenibilità più evidente ma non è da meno quello per i trasformatori. Sull’hardware non c’è tanto da fare ma se la tecnologia riesce a ridurre il consumo energetico nell’attività di raffreddamento, c’è un vantaggio netto non solo per l’ambiente ma anche per i costi. Diciamo che non possiamo prescindere dal tema della sostenibilità che ora ci guida. E questa è stata una bella svolta.
Come e quando siete passati dalla ricerca all’impresa?
Sono stato per tanti anni consulente di un’azienda che opera nel settore dell’elettronica, Alma Elettronica. Loro si occupano di fornire l’elettronica di controllo ai produttori di trasformatori industriali in resina che sono utilizzati per l’alimentazione energetica là dove c’è una grande richiesta di potenza.
Alessandro Fulignani, questo il nome dell’imprenditore diventato co-founder di VAIMEE, mi ha proposto di lavorare insieme per integrare al loro prodotto la parte software per realizzare un gemello digitale per la manutenzione predittiva. Solo che quando siamo partiti nel 2020 e ci siamo costituiti è scoppiato il Covid e per due anni siamo rimasti fermi. Il team all’epoca era composto da quattro persone, oltre Alessandro e me, ci sono Marzio Minarelli, socio di Alma Elettronica, e Cristiano Aguzzi che ora ha intrapreso un’altra strada.
Se era fermo il mondo della produzione, quello dei bandi europei andava avanti. Abbiamo mandato molte candidature e siamo stati selezionati per diversi progetti. Uno in particolare riguardava sistemi per l’agricoltura. Quindi ci siamo spostati seguendo questo filone e sta andando piuttosto bene. Abbiamo messo a punto un gemello digitale che predice i bisogni idrici delle colture e può farlo in ogni condizione e in ogni posto del mondo consentendo di risparmiare acqua, un tema centrale in questo momento.
A che punto siete sul fronte agritech?
Stiamo avendo adesso i primi pilot ma al momento siamo impegnati anche nel progetto Europeo XR4ED che sta lanciando una piattaforma on line per l’uso di tecnologie di realtà virtuale in ambito educational. Noi di VAIMEE siamo stati selezionati per realizzare un progetto pilota del proprio gemello digitale in un ambiente immersivo per simulare con la realtà aumentata i parametri di crescita delle piante in vari contesti atmosferici e di suolo osservabili attraverso visori. Il progetto sarà sperimentato all’interno del corso di Sustainable Water Management tenuto dal professore Gabriele Baroni, partner del progetto attraverso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari dell’Università di Bologna. Tra l’altro, il progetto ci ha permesso di allargare il team. Giulia Gulminelli si occupa di tutta la parte di comunicazione e marketing.
E il digital twin per i trasformatori?
Stiamo ripartendo adesso. L’industria si è risvegliata e sappiamo già che avremo un boom di richieste. Ci siamo testati sull’agritech ma ora si fa sul serio. Questo ci consentirà di avere continuità e di conseguenza di avere le risorse non solo per sviluppare i nostri prodotti ma anche per fare ricerca. Non smetteremo neanche di candidarci a bandi europei perché secondo noi una startup come VAIMEE deve essere sempre sulla cresta dell’innovazione continuando a beneficiare di finanziamenti mirati. Nel team, che ora conta nove persone, c’è Anita Licata che è molto brava a cercare e scrivere bandi. È importante in una startup avere una figura così.
Avete partecipato a Ecosister Accelerator. Su cosa vi siete concentrati?
Il programma di accelerazione ci ha aiutato a fare chiarezza. Innanzitutto siamo stati invitati a concentrarci solo sull’aspetto agritech, lasciando da parte l’ambito industriale dei trasformatori. Abbiamo lavorato molto sul business plan e sul pitch da presentare a eventuali investitori privati.
Non avendo ancora un vero e proprio mercato, ci sarebbe piaciuto avere un contatto con qualche azienda importante del settore per fare un pilot e andare avanti con la validazione del prodotto. Tuttavia possiamo dire che Ecosister Accelerator ci è servito per acquisire un metodo e per fare networking anche con gli altri startupper che hanno partecipato al programma.
Che obiettivi si pone VAIMEE per il prossimo futuro?
Per quanto riguarda il settore agritech, dobbiamo trovare altri clienti, auspicabilmente rilevanti, per continuare a validare il prodotto con l’obiettivo di entrare definitivamente sul mercato. Tra l’altro causa Covid, abbiamo un anno in più di permanenza nel registro delle startup innovative: speriamo di fare il salto di qualità.
Dove vi vedete invece tra qualche anno?
Il nostro sogno è che quella che c’è dietro i due verticali che stiamo sviluppando diventi una tecnologia dirompente. Vogliamo realizzare digital twin interoperabili, sarebbe a dire utilizzabili in ogni ambito, dall’agricoltura alla produzione industriale fino ad arrivare alle smart cities per creare un ecosistema di gemelli digitali. E cosa più di una città smart il campo di prova per l’interconnessione tra sistemi come i trasporti o l’illuminazione. Guardando ancora più avanti, ci piacerebbe vendere la piattaforma come Software-as-a-Service per dare la possibilità a soggetti terzi di sviluppare i propri verticali.
Un consiglio a chi vuole diventare startupper?
Se devo basarmi sulla mia esperienza, dico che il team che ho messo insieme è ciò che mi rende più contento. Sono circondato da giovani. A VAIMEE ciò che conta non è tanto l’abilità, bensì l’agilità, la motivazione e la capacità di imparare. Oltre ad Anita e a Giulia di cui ho parlato prima, c’è Francesco Vinzio, neolaureato magistrale in agricoltura di precisione, al quale abbiamo avuto modo di co-finanziare un dottorato con fondi PNRR che fa ricerca sui nostri temi e Adelina Vivaldo che è stata una mia studentessa triennale, da poco laureata magistrale in bioinformatica.
Rosario Gonzalez Siu, originaria del Messico, sta completando il suo percorso da ingegnere ambientale presso il Politecnico di Milano svolgendo il tirocinio e tesi da noi. Vittorio Vernassa, sviluppatore di videogiochi, si è unito di recente grazie al progetto XR4ED. Last but not least, Gregorio Monari, anche lui mio ex studente: con noi sin dall’inizio, è la colonna portante dello sviluppo software. Grazie Greg! Insomma, in sintesi il mio consiglio è quello di circondarsi di gente molto motivata, che sa che lavorare in una startup comporta fare dei sacrifici e che le cose oggi possono andare bene ma anche male.
Le persone che scegliamo devono credere in quello che facciamo tanto quanto ci crediamo noi founder.
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