Il Consiglio di Stato chiarisce la posizione giuridica, urbanistica e ambientale di una scala in ferro di collegamento al lastrico solare in area vincolata
Continua la nostra indagine sulla natura edilizia di una scala in ferro di servizio per l’accesso al lastrico solare: il caso giudiziario, affrontato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 10506/2024, mette in luce le complessità del diritto amministrativo italiano, una semplice scala in ferro realizzata per accedere al lastrico solare di un edificio è diventata il fulcro di un dibattito legale acceso. La controversia ruota intorno alla classificazione di questa struttura: nuova costruzione o pertinenza dell’immobile?
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Scala in ferro di servizio al lastrico solare: nuova costruzione o pertinenza?
La sentenza in questione riguarda un contenzioso tra un privato cittadino e il Comune di Casamicciola nella splendida isola verde di Ischia. Il nostro protagonista è proprietario di un immobile nel Comune appena menzionato, dove aveva realizzato una scala in ferro per accedere al lastrico solare.
Nel dettaglio, la scala in ferro a due rampe aveva le seguenti caratteristiche:
- andamento a L;
- lunghezza totale di m 6,70 con pedate larghe circa m 0,68.
Il Comune, con ordinanza, ingiungeva al proprietario di demolire la scala, sostenendo che essa era stata realizzata senza il necessario titolo edilizio. Tuttavia, il proprietario aveva presentato una C.I.L.A. (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata) che non era stata ritenuta sufficiente dallo stesso Comune, poiché quest’ultimo aveva stimato che l’opera in discussione rivestisse il carattere di “nuova costruzione”.
Era così servito il ricorso al Tar.
A parere del Tar per la realizzazione della scala in ferro di servizio al lastrico solare può bastare la CILA, ma in area vincolata occorre anche l’autorizzazione paesaggistica
Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) adito dal privato, accoglieva il ricorso, annullando l’ordinanza di demolizione. Il TAR riteneva che la realizzazione della scala non fosse assimilabile ad una “nuova costruzione” (lettera e) dell’articolo 3 del D.P.R. n. 380/2001) e che, pertanto, l’ordinanza comunale era illegittima. Tuttavia, il TAR sottolineava anche che la C.I.L.A. non sarebbe stata sufficiente per legittimare l’intervento, poiché l’area (nonché in “zona sismica”, puntualizzano i giudici) era soggetta a vincolo paesaggistico e avrebbe richiesto l’autorizzazione paesaggistica.
Il ricorrente allora proponeva appello contro la sentenza del TAR, sostenendo che il giudice di primo grado aveva oltrepassato i limiti della domanda formulata, pronunciandosi su questioni non contemplate nell’ordinanza di demolizione. In particolare, l’appellante:
- contestava la necessità dell’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione della scala, ritenendo che si trattasse di un intervento di manutenzione straordinaria escluso da tale autorizzazione, posto che l’opera in questione si riduceva alla sola apposizione di una scala in ferro per accedere in sicurezza al lastrico solare;
- inoltre sosteneva che il TAR aveva violato il principio di non sostituzione all’amministrazione, indicando poteri non ancora esercitati come quello di imporre la richiesta di autorizzazione paesaggistica.
CdS: in area con vincolo paesaggistico anche le opere pertinenziali e precarie devono essere assoggettate ad autorizzazione paesaggistica
Il Consiglio di Stato, confermando il giudizio del Tar, ha precisato e ribadito che, per costante giurisprudenza:
in caso di vincolo paesaggistico sull’area, qualsiasi intervento edilizio che risulti idoneo ad alterare il pregresso stato dei luoghi deve essere preceduto da autorizzazione paesaggistica, in assenza della quale è soggetto a sanzione demolitoria” (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. II, 30 aprile 2024 n. 3930).
quindi, in caso di vincolo paesaggistico, qualsiasi intervento edilizio che alteri lo stato dei luoghi deve essere preceduto da autorizzazione paesaggistica, in assenza della quale l’opera è soggetta a sanzione demolitoria.
La necessità di autorizzazione paesaggistica in accompagnamento a qualunque titolo edilizio rilasciato in area vincolata
Ed ancora, i giudici di Palazzo Spada precisano che:
Infatti, anche nel caso in cui le opere siano assentibili con mera D.I.A./S.C.I.A., se realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico, devono considerarsi comunque eseguite in totale difformità dalla concessione, o dalla D.I.A., laddove non sia stata ottenuta alcuna preventiva autorizzazione paesaggistica e, conseguentemente, è doveroso da parte dell’Amministrazione applicare la sanzione demolitoria” (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. VI, 12 aprile 2024 n. 3365).
Nello stesso solco interpretativo si è poi affermato che “le opere realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico, pur se di natura pertinenziale o precaria e, quindi, assentibili con mera DIA, devono considerarsi abusive, laddove, come nella specie, realizzate in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica, con la conseguente applicazione della sanzione demolitoria” (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. VI, 17 aprile 2024 n. 3864).
In conclusione, il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto. Secondo Palazzo Spada, il TAR non aveva debordato dai propri poteri, poiché il Comune aveva già segnalato la necessità dell’autorizzazione paesaggistica nel corso del giudizio di primo grado. Inoltre, il Consiglio di Stato ha rilevato che l’appellante aveva ottenuto la soddisfazione piena della sua richiesta con l’annullamento dell’ordinanza di demolizione, e quindi non sussistevano i presupposti per proporre l’appello.
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