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La crescita economica, la prosperità e la pace sono “strettamente connesse”. Lo ha detto il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, in occasione dell’incontro “Economia e pace: un’alleanza possibile”, promosso dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, a Bologna. “Per comprendere questo legame, occorre ricordare che nelle economie moderne lo sviluppo si fonda sull’integrazione e sul commercio internazionale. La libera circolazione di merci, capitali, persone e idee facilita il trasferimento di conoscenze e tecnologie, contribuendo a unire i popoli”, ha sottolineato Panetta, che ha aggiunto: “La libertà di scambiare beni e servizi, investire oltre confine e condividere idee e conoscenze ha contribuito al benessere di gran parte della popolazione mondiale, aumentando le opportunità di lavoro − soprattutto per le donne − e riducendo le disuguaglianze tra paesi ricchi e paesi in via di sviluppo”. “Grazie all’accesso ai mercati internazionali, molte economie emergenti sono riuscite a crescere. Centinaia di milioni di persone sono uscite dalla povertà estrema: si stima che senza i progressi degli ultimi trentacinque anni, oggi vi sarebbero 2,4 miliardi di persone in più in condizioni di indigenza”, ha precisato.
Senza pace l’economia non prospera
Continuando sul discorso della pace, Panetta ha sottolineato come senza pace, l’umanità non può prosperare; né può farlo l’economia. “Nei paesi coinvolti in un conflitto, la guerra danneggia gravemente i fattori essenziali per la crescita”, ha sottolineato Panetta, che ha aggiunto: “Lo sforzo bellico sostiene la domanda aggregata e può stimolare l’innovazione, ma distorcendone gravemente le finalità”. “La produzione di equipaggiamenti bellici non contribuisce ad aumentare il potenziale di crescita di un paese. Lo sviluppo deriva dagli investimenti produttivi, non dalle armi”, ha spiegato il governatore della Banca d’Italia, che ha poi evidenziato: “D’altra parte, è sbagliato attribuire alla spesa militare il merito del progresso tecnologico. È la ricerca scientifica a stimolare l’innovazione”.
È urgente “lavorare per un futuro di prosperità più giusto e pacifico. È necessario rilanciare l’integrazione economica e la cooperazione internazionale, correggendone i difetti con politiche che promuovano uno sviluppo sostenibile e inclusivo, capace di coniugare la crescita con il superamento della povertà, con la giustizia sociale, con la difesa dell’ambiente”, ha sottolineato Panetta, che ha aggiunto: “La pace e la prosperità sono legate da un vincolo profondo. La pace non è solo l’assenza di conflitti, ma la creazione di condizioni che consentano a ogni individuo di vivere una vita dignitosa, libera dalla paura e dalla povertà. Allo stesso tempo, una prosperità che non genera benessere diffuso è una prosperità effimera, che rischia di generare conflitti e instabilità”.
Le tensioni geopolitiche sono allarmanti
Il mondo si trova oggi di fronte a “un aumento delle tensioni geopolitiche e dei conflitti che non può non allarmarci. Il numero delle guerre, diminuito dopo la caduta del Muro di Berlino, è tornato a crescere negli ultimi quindici anni, raggiungendo nel 2023 il valore massimo dal secondo conflitto mondiale”, ha sottolineato Panetta, che ha aggiunto: “Dopo anni di rafforzamento della cooperazione internazionale e dell’integrazione economica, la storia sembra ora fare un passo indietro. È un mondo assai diverso dai tempi in cui ho iniziato il mio lavoro di banchiere centrale. Per molti aspetti è un mondo più incerto e meno fiducioso nel futuro, per quanto anche allora non mancassero stridenti contraddizioni e drammatiche tensioni”.
Lo scenario mondiale “sta ora evolvendo verso un sistema multipolare e frammentato, attraversato da nazionalismi e protezionismi, con la competizione tra blocchi contrapposti di paesi che alimenta nuove tensioni geopolitiche. La globalizzazione ha indubbiamente prodotto benefici, ma anche effetti indesiderati, che non sempre sono stati ben compresi o affrontati in modo adeguato dai governi e dalle istituzioni internazionali”, ha sottolineato Panetta, che ha aggiunto: “La globalizzazione è oggi percepita da molti, a torto o a ragione, come un progetto elitario, alimentando malcontento tra ampie fasce della popolazione”. In tale contesto “emergono segnali di rifiuto di principi internazionali condivisi e, talvolta, una visione delle regole della democrazia come una fonte di inefficienza nella competizione globale. Ciò solleva gravi preoccupazioni per il futuro delle relazioni internazionali”
Sulla globalizzazione
“Ha indubbiamente determinato una maggiore integrazione tra paesi e creato opportunità di progresso economico e sociale in molte regioni del mondo. Tuttavia, essa ha mostrato limiti evidenti. Le attuali tensioni commerciali e geopolitiche sono segnali di un sistema che non è riuscito a rispondere appieno alle aspettative e ai bisogni della popolazione mondiale. L’economia sembra essersi globalizzata senza una ‘coscienza globale’”, ha aggiunto.
La priorità è mantenere l’economia mondiale aperta agli scambi internazionali
Recidere i legami economici e commerciali comporterebbe una significativa perdita di benessere per la popolazione mondiale, indebolendo ulteriormente l’assetto multilaterale che ha sorretto lo sviluppo globale dal secondo dopoguerra, con effetti che finirebbero per travalicare i confini dell’economia e della finanza”, ha sottolineato Panetta, secondo cui “è necessario correggere gli squilibri emersi nel tempo, al fine di evitare che le privazioni e le frustrazioni alimentino tensioni e conflitti. Per raggiungere questi obiettivi, occorre agire su più fronti, a livello sia nazionale sia internazionale. Il primo intervento riguarda il contrasto alle disuguaglianze, sia nei paesi poveri sia in quelli avanzati”.
“Un ulteriore ambito di intervento è il rafforzamento dei sistemi di istruzione e formazione”, ha spiegato il governatore della Banca d’Italia, che ha aggiunto: “Va poi rafforzata la protezione sociale e garantito l’accesso a servizi sanitari efficienti”. A livello internazionale “una priorità è la gestione del debito estero dei paesi più poveri, che ha raggiunto i 1.100 miliardi di dollari”. “È fondamentale – ha avvertito Panetta – adottare politiche di sostegno allo sviluppo, anche per contrastare la spinta che le condizioni di povertà estrema esercitano sui flussi migratori, rendendoli difficilmente controllabili; investire nella gestione di questi flussi, al fine di sostenere le economie dei paesi di origine dei migranti e di rispondere alle conseguenze del grave declino demografico nei paesi di destinazione; perseguire modelli di sviluppo sostenibili, che riducano le tensioni derivanti dall’accesso a risorse scarse, come acqua ed energia, spesso all’origine di conflitti”.
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