Quattro mesi senza Chiara Jaconis, quattro mesi senza verità. «E ciò che è peggio è che, a prescindere dalla vicenda giudiziaria, ancora non ho sentito la parola “scusa” dai responsabili», dice con una voce ancora oggi spezzata dal dolore il papà Gianfranco.
Ha un sapore amaro il tempo per la famiglia della trentenne padovana uccisa centoventi giorni fa nei Quartieri Spagnoli da una statuetta che le è caduta in testa, precipitata da un balconcino. Una morte ancora senza colpevoli e senza certezze, se non quella che Chiara non tornerà più a casa dai suoi cari.
Gli appelli per la verità
Da tempo la famiglia sta lanciando appelli affinché tutta la verità sulla tragica vicenda venga fuori. Il primo a parlare è stato papà Gianfranco, fuori dall’ospedale di Napoli dove il 17 settembre scorso si è spenta la trentenne. In quella stessa giornata ha trovato il caldo abbraccio del popolo napoletano.
E ha subito chiesto ai testimoni di farsi avanti, per fare luce su tutti i punti d’ombra della vicenda: primo fra tutti, l’individuazione dei responsabili. «Sono passati quattro mesi ormai. Non riesco a spiegarmi come sia possibile che i colpevoli non si siano fatti avanti», dice Gianfranco. «Non parlo di costituirsi – aggiunge – ma di chiederci scusa, per il dolore creato. E invece, non un biglietto, non una chiamata».
Al momento risulta indagata una famiglia dei Quartieri Spagnoli per omicidio colposo; i sospettati, da parte loro, hanno escluso ogni responsabilità sulla vicenda.
Ha trovato il coraggio di parlare anche la sorella di Chiara, Roberta, che si è detta «fiduciosa nella giustizia», chiedendo però «la collaborazione di tutti».
Parole pronunciate con le lacrime agli occhi, che hanno emozionato tutto il Paese. Era il 21 ottobre. Da allora, purtroppo, non ci sono stati significativi sviluppi sul fronte delle indagini. Ieri Roberta ha riacceso il lumicino della speranza di giustizia, con un altro appello affidato questa volta ai social: «Dopo 4 mesi sono qui ancora a dire che mia sorella merita giustizia», ha scritto sul suo profilo Instagram.
La vicenda, un caso aperto
È il pomeriggio di domenica 15 settembre. Chiara Jaconis sta passeggiando per vico Santa Teresella, nei Quartieri Spagnoli. Si trova in compagnia del fidanzato: insieme hanno trascorso il fine settimana a Napoli, città che la ragazza padovana desiderava visitare fin da quando era bambina.
I due hanno da poco lasciato l’albergo per andare alla stazione degli autobus, da cui arrivare poi all’aeroporto e ripartire alla volta di Parigi, città in cui vivono e lavorano.
Passeggia spensierata e scatta una foto a una panchina con dei cuori disegnati sopra in vico Santa Teresella. Questi gli ultimi istanti di vita: quando riprende a passeggiare, accade l’impensabile. Un oggetto di pietra, di circa tre chili di peso, cade da un balcone al terzo o quarto piano di un palazzo.
Colpendo la ringhiera del terrazzino al secondo piano, la statua si infrange in tredici pezzi. Alcuni, i più piccoli, si spargono in strada. Il più grosso cade a piombo sul vicolo, colpendo Chiara al capo.
La situazione è drammatica: i soccorsi sono tempestivi, e la trentenne viene trasferita all’Ospedale del Mare. «Mi arrivò una chiamata dal fidanzato: disse che c’era stato un incidente e che Chiara era in ospedale», aveva raccontato Gianfranco. Mai furono più agghiaccianti i momenti successivi.
«Gli dissi che sarei partito per Napoli il giorno dopo – prosegue – ma lui, con una delicatezza che non dimenticherò mai, mi disse che non c’era tempo, che dovevo partire immediatamente per poterla salutare».
Il dolore di due città
La notizia del decesso di Chiara ha innescato la solidarietà dell’intera città di Napoli. Il popolo dei Quartieri Spagnoli l’ha nominata angelo protettore dello storico rione. Nelle settimane successive è stato allestito un altarino, mentre in ottobre l’artista Juan Pablo Gimenez ha realizzato un murale a pochi passi dal luogo dell’incidente. A Padova la famiglia Jaconis ha trovato la calda solidarietà della città.
«Ho sentito Gino Cecchettin le settimane successive all’incidente», spiega il papà, «Mi ha fatto riflettere che devo essere grato per quei 30 anni che ho avuto Chiara con me. E in parte ho sentito che aveva ragione». Troppo invece il dolore dei ricordi di quei 30 anni: il periodo natalizio la famiglia Jaconis l’ha trascorso nella città natale di Locri, in Calabria: «Stare a Padova faceva troppo male».
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