Agio al disagio. Una sinistra che dà giustizia alla Giustizia, che dà salute alla Salute – Transform! Italia

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Si chiude l’anno orribile con 90 detenuti morti suicidi e 7 agenti di Polizia Penitenziaria che hanno seguito la stessa sorte, e 245 decessi totali fra i reclusi.
L’anno 2025 si è aperto con 5 detenuti suicidi negli istituti di pena e uno in una residenza di esecuzione in misure di sicurezza(REMS).
Papa Francesco ha aperto una porta straordinaria per il Giubileo 2025 nel carcere di Rebibbia, a testimoniare col suo gesto la necessità della piena applicazione dell’articolo 27 della Costituzione.
Papa Francesco è un capo di Stato: peccato che quando interviene in alcuni campi, ad esempio l’aborto, abbia un’ampia influenza sui credenti e non credenti, cittadini e parlamentari, mentre quando interviene contro la proliferazione di armi ed in questo caso a favore dell’indulgenza nelle carceri non ottenga lo stesso effetto da Governo e parlamentari.
I parlamentari italiani, esclusi Alleanza Verdi Sinistra e Più Europa, non si occupano della Giustizia come di un importante settore di amministrazione, e solo i due partiti sunnominati propongono, accompagnati a volte da altri settori del centrosinistra, vere leggi che includono sia giustizia civile che penale all’interno della società per la salute, il lavoro, l’istruzione.
Sono purtroppo maggioritarie le forze politiche e i settori della società che firmano volentieri la “conventio ad excludendum” di tanti cittadini e dei loro familiari, dell’indotto umano si potrebbe dire, quella che viene declinata in “Chiudi a chiave e buttala via”.
Uno degli aspetti più preoccupanti è poi che l’atteggiamento del diritto a più velocità si accentua sempre più verso i poveri, gli impoveriti, gli immigrati e i disabili.
Parlare di giustizia carceraria nell’epoca in cui il peso dei cittadini e delle loro organizzazioni è in picchiata è difficile, ma vanno combattuti sia lo spirito rinunciatario che, nemico peggiore, l’illusione che si possa ottenere giustizia parziale o favori solo piegando il capo.
I detenuti sono alla frutta, c’è il rischio che si crei un’emulazione dei gesti eclatanti; chi va “dentro” per qualche attività come chi scrive, percepisce da almeno 10 anni un clima continuamente peggiore, a volte uno scollamento fra le associazioni di volontariato, la stanchezza palpabile nel settore della pedagogia e degli agenti di Polizia Penitenziaria.
Completiamo a grandi linee il quadro del disagio carcerario prima di iniziare un discorso proiettato verso il futuro.
Tra le mura dei nostri istituti penitenziari il Ministero della Salute ha evidenziato come il 67,5% dei ristretti abbia almeno una patologia. Le patologie più diffuse sono i disturbi psichici (41,3%), quelli del tratto gastrointestinale (14,5%) e le malattie infettive (11,5%). Negli ultimi anni si è assistito, dall’entrata in vigore della legge 81/2014, con la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e la nascita delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), ad un progressivo coinvolgimento della psichiatria “territoriale” nella presa in cura dei pazienti psichiatrici autori di reato.
I pazienti autori di reato in carico ai Dipartimenti di Salute mentale (DSM) a livello nazionale si stima siano oltre 6.500, i posti in REMS sono circa 650, i pazienti con misure di sicurezza detentive sono meno del 10% di quelli con misure di sicurezza non detentive. È necessario differenziare gli interventi per coloro che vengono ancora chiamati i “folli rei”, per i detenuti che non richiedono misure di sicurezza, ed inoltre per tutti i malati che la legge Basaglia aveva liberato dai manicomi ma per i quali, quasi seguendo un disegno sottilmente crudele, non era stato preparato un avvenire degno di questo nome, facendoli ricadere spesso sulle famiglie, ed in piccola parte su un terzo settore preparato.
Ora, all’inizio del 2025, il mondo politico ha iniziato a parlare di amnistia e indulto.
La prima consiste in un atto di clemenza generale con cui lo Stato rinuncia all’applicazione della pena nei confronti di coloro che abbiano commesso fatti costituenti reato in un determinato periodo, anteriore all’entrata in vigore della legge di concessione del beneficio.
L’indulto è previsto dall’articolo 174 del codice penale. È un atto di clemenza generale che consiste nel condono della pena principale. Non produce effetti sul reato, né estingue le pene. accessorie.
In Italia in totale i provvedimenti sono stati 34, e l’ultimo è stato applicato nel 2006, quando l’affollamento carcerario superava le 60.000 presenze, che si ridussero a 32.000. Il numero dei detenuti che rientrarono nel breve periodo non fu alto. Si deve piuttosto parlare di mancanza di preparazione degli uffici sociali disseminati sul territorio, in parallelo a quanto detto sulla riforma Basaglia, e sul contributo anche qui volontario e comunque qualificato dell’associazionismo, volto a non far sentire gli “amnistiati” dei veri pesci fuor d’acqua.
Il dibattito politico attuale, oltre a vedere fortemente schierati sul NO a qualsiasi provvedimento di clemenza tre partiti, Fratelli d’Italia, Lega e Cinque Stelle, trasuda di pressapochismo e disinteresse a qualsiasi soluzione politica. Non sembra esserci la giusta considerazione del dramma che le carceri non nascondono più, ma svelano a cielo aperto, neanche nelle altre forze politiche.
Dopo il “molto poco” prodotto dalla riforma Cartabia, la parte della stessa applicata dopo la sua sostituzione con Nordio, e la riforma Nordio, il significato stesso del diritto non è stato affrontato.
“Se volete che qualcosa cambi nelle carceri, fatele visitare alle classi scolastiche. Portate qui gli studenti, a vedere e capire”. Queste le frasi che vengono dette al termine di ogni incontro sulla giustizia carceraria, al termine di un concorso che abbia visto i detenuti partecipi, al termine di un concerto o di uno spettacolo teatrale. Non può essere che questa la via, da fuori a dentro.
Far conoscere a chi va verso un futuro sempre più incerto, sia nei termini di lavoro che di salute, di benessere collettivo, di clima, di convivenza, di pace e non di guerra, il modo in cui vengono puniti coloro che hanno commesso reati, e come non verranno recuperati, può e deve far scattare la scintilla.
Il disagio giovanile non è l’unione infeconda di un sostantivo e di un aggettivo creata per riempire la bocca e stilare convegni, ma è una drammatica verità. Una realtà figlia di superficialità addossabile a genitori e società, dell’illusione che il progresso tecnologico avrebbe riempito tutte le carenze, spinto le nuove generazioni verso la felicità, verso la mancanza di dolore.
Invece è proprio l’illusione di non soffrire più, anche e soprattutto attraverso misure securitarie, a rendere fragili le persone. Adolescenti e non solo sempre meno sicuri, con relazioni sempre più difficili, e con atti di suicidio e autolesionismo sempre più frequenti.
Come per i detenuti, i giovani comunicano fra di loro con i loro canali, a noi sconosciuti (non lo fanno forse le piante e gli animali?) e l’emulazione della disperazione cresce. Se non c’è speranza, perché lottare?
Proviamo, subito, a suscitare campagne contro lo stato di cose esistente, col linguaggio dei suoi primi protagonisti. Il capitalismo è sempre il nemico, sta a noi trovare le soluzioni.

Marcello Pesarini



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