Piperno, uno scrutatore di stelle che amava il genius loci

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Dalle colline innevate, ha osservato per l’ultima volta gli astri che amava scrutare, Franco Piperno. Sino all’ultimo istante, oltre all’affetto dei suoi cari e di compagne e compagni che mai lo hanno lasciato solo, pareva che ad accompagnarlo fossero le arcane creature e i corpi celesti di cui in vita s’è circondato: luminosissime la luna e Venere, ammiccanti i lupi dei vicini monti silani.
Nel 1987, al suo ritorno dall’esilio in Francia e Canada dove, come tante altre ed altri militanti degli anni settanta fu costretto a riparare per sfuggire alla persecuzione dello Stato italiano, un amico boscaiolo gli donò due lupacchiotti orfani della madre uccisa da cacciatori. Finché poté, lui li allevò in un recinto di Arcavacata. Lo venne a sapere il grande Andrea Pazienza che a Franco «Pip.Op.» dedicò mirabili ritratti nelle sue vignette e poi illustrò il suo racconto autobiografico I lupi.

PENSATORE MERIDIANO, sovversivo, astrofisico, perseguitato politico, Piperno è una delle più eretiche menti calabresi dell’età contemporanea. Non a caso un suo fraterno amico, il docente Mario Alcaro, lo coinvolse nella stesura della Storia del pensiero filosofico in Calabria da Pitagora ai giorni nostri (Rubbettino 2011).
Nel 1990 Franco fu tra i fondatori di Radio Ciroma. Dentro e intorno a questa emittente comunitaria, che trasmette nell’etere cosentino da 35 anni, si è dispiegato l’ideale municipalista che ha sostanziato gli scritti e la parola di Piperno dopo il suo rientro a Cosenza e la ripresa dell’insegnamento nell’università della Calabria. Secondo Piperno, il federalismo locale, ispirato alla polis magnogreca, è una possibile chiave per disarticolare i poteri costituiti e costruire un contropotere attraverso la democrazia deliberativa. Contro ogni rigurgito lamentoso, ribaltando la narrazione sabaudo-lombrosiana sulla presunta mafiosità e pigrizia delle popolazioni del mezzogiorno, nel libro Elogio dello spirito pubblico meridionale. Genius loci e individuo sociale (manifestolibri 1997) trasforma le antiche stigmate del sud in virtù da ergere a moti d’orgoglio. Lentezza, riottosità, antropologica allergia al capitalismo, rifiuto del lavoro salariato, solidarietà interfamiliare, divengono pilastri fondativi di una nuova lotta sociale e politica per l’autonomia. Non di secessionismo si tratta, bensì di vocazione all’esodo.

NEL 1993, il sindaco socialista Giacomo Mancini nominò Piperno assessore alla Cultura nella sua apartitica giunta comunale. Trascorsero pochi mesi e la prefettura di Cosenza lo sospese per incompatibilità tra l’incarico istituzionale e la precedente condanna per associazione sovversiva. Ottenuta la riabilitazione dopo qualche anno, Mancini lo richiamò ad amministrare la città, affidandogli la delega alla polizia municipale. Tra i suoi vecchi amici e compagni, qualcuno commentò: «Finalmente Franco davvero a capo di una banda armata». In quel periodo si occupò soprattutto di dialogare con la locale comunità rom, nel tentativo di valorizzarne la cultura.
Nel 2002, nella giunta formata dalla sindaca Eva Catizone, fu di nuovo assessore, stavolta alla Scienza, Conoscenza, Identità e Comunicazione, Rapporti con l’Università, Decentramento, Democrazia elettronica, Innovazione tecnologica e dei quartieri, Città cablata. Progettò il planetario che sarà poi costruito, ma purtroppo oggi è chiuso e abbandonato. Volle dedicarlo a Giovan Battista Amico, astronomo cosentino del XVI secolo. A Franco Piperno piaceva osservare e spiegare le stelle intrecciando mitologia, filosofia, astrofisica e politica. Le narrava di notte, alla presenza dei suoi allievi e di tantissime persone incantate dalla potenza e delicatezza della sua lectio. I suoi magistrali insegnamenti sono raccolti nel testo Lo spettacolo cosmico (DeriveApprodi 2010). Con gli studenti era amorevole ma severo, capace di bocciarli agli esami anche tre o quattro volte, se li trovava impreparati. Alcuni di loro hanno deposto una bandiera rossa sul feretro incorniciato dallo striscione di Radio Ciroma.

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DOMANI o nei giorni successivi, a cremazione avvenuta, gli renderanno omaggio in una pubblica e laica cerimonia funebre nell’università, ad Arcavacata. Sarà un doveroso tributo a un filosofo di pregiato intelletto, dotato della solennità oratoria degli antichi poeti e cantori greci, animato da uno slancio in avanti nel cogliere in anticipo l’avvento del digitale e della macchina. Non cesserà il suo ideale dialogo a distanza, nello spazio-tempo, con Ipazia, Aristarco, Marx, Benjamin e Toni Negri. A quest’ultimo era legato da sincera amicizia. Non sempre andavano d’accordo sui massimi sistemi. Franco Piperno non era credente. Commuove e diverte chiedersi se si siano incontrati. Conforta sapere che migliaia di giovani occhi continueranno a guardare le stelle, magari viaggiando sulle immaginifiche ali del suo sovversivo pensiero.



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