L’AQUILA. La montagna salva l’Abruzzo. Quell’entroterra puntellato di piccoli borghi simili a presepi, stazioni sciistiche e natura selvaggia, che – a dispetto del fenomeno dell’abbandono – continuano ad attrarre turisti. Soprattutto in inverno.
Per le vacanze di Natale si è registrato il tutto esaurito nelle strutture ricettive montane, con picchi massimi in provincia dell’Aquila, dall’Alto Sangro al Gran Sasso. Complice l’innevamento copioso, le presenze turistiche sono aumentate del 40% rispetto al 2023. Dati diffusi dal presidente di Federalberghi Abruzzo, Giammarco Giovannelli, e confermati dal sottosegretario con delega al Turismo, Daniele D’Amario. La soddisfazione non manca, perché a scegliere l’Abruzzo non sono più solo pugliesi e campani. Arrivano turisti da Lazio, Umbria, Marche, Emilia Romagna per settimana bianca e vacanze lunghe. In quei borghi dove la restanza, oggi che il turismo della neve impazza, non è poi solo un sogno nel cassetto.
STAGIONE DA INCORNICIARE.
Il turismo della neve ha fatto il pieno. Rispetto allo scorso anno l’aumento delle presenze si attesta al 40%, con punte massime di arrivi nelle stazioni sciistiche e nei borghi interni. «Un boom di presenze», spiega Giovannelli, che è anche presidente della Confcommercio Teramo, «che riguarda, in particolare, in provincia dell’Aquila. Un risultato legato al turismo montano, con un boom di visitatori a cavallo delle festività natalizie, grazie anche al buon innevamento delle piste, che ha consentito di recuperare quel margine percentuale perso nella scorsa stagione invernale a causa della carenze di neve». A giovarne sono le strutture ricettive e tutto l’indotto: dalla ristorazione ai servizi. Dove aumenta la presenza di clientela, segnano una crescita anche le attività che fanno da cornice agli impianti sciistici. Ma non è tutto oro.
Osservando i dati su scala regionale, c’è un tallone d’Achille rappresentato dalla provincia di Teramo. In questo caso il segno meno indica un tracollo di presenze, con un -30% circa di turisti. «Se a livello regionale il dato è molto soddisfacente, con un Abruzzo sempre più orientato al settore turismo con una vocazione specifica, soprattutto nel periodo invernale, per la montagna, è necessario lavorare di più ad una programmazione volta ad una destagionalizzazione delle presenze, che non sia limitata ad alcuni periodi dell’anno»
DESTAGIONALIZZARE.
«Un programma», afferma Giovannelli, «condiviso con gli attori principali: Regione, Comuni, le associazioni di categoria e la filiera ricettiva ed eno-gastronomica. In Abruzzo abbiamo giovani ristoratori e chef che hanno saputo reinterpretare l’eno-gastronomia legata alla cultura delle radici, al passato. Se a questo aggiungiamo la natura, il turismo plen air, escursionismo, storia, cultura e bellezze naturalistiche viene fuori un mix che può fare la differenza per attrarre flussi turistici tutto l’anno e in tutta la regione».
Una dicotomia, quella dettata dalle percentuali delle presenze invernali nelle strutture ricettive abruzzesi, che spacca l’Abruzzo a metà: da una parte montagna e borghi, che tirano molto, con punte di eccellenza per i comprensori sciistici di Campo Imperatore, Ovindoli e Roccaraso, dall’altro la Costa e la provincia di Teramo con un 30% circa in meno di turisti. «Soffre molto anche la montagna teramana», evidenzia Giovannelli, «dove ci sono autorevoli imprenditori che hanno reinvestito puntando sulla ricettività, ma mancano le infrastrutture necessarie e i servizi a supporto di un turismo invernale stabile e qualificato. Questo, oltre a penalizzare gli imprenditori locali, funge da freno a mano rispetto alla scelta di chi decide di trascorrere le vacanze in Abruzzo. Un’area, il Teramano, su cui accendere i riflettori con un’attenta programmazione».
REGIONE SODDISFATTA.
L’aumento delle presenze nella stagione invernale conferma per il territorio un trend di crescita già avviato, con un 3% in più di presenze complessive su base annuale rispetto al 2023 quando gli arrivi, nelle strutture alberghiere ed extralberghiere abruzzesi, sono stati 1 milione 745.372 e le presenze 6 milioni 804.820.
«Numeri su cui lavorare per incrementare ulteriormente un risultato che, per il turismo invernale abruzzese, è estremamente positivo e per rendere strutturale il sistema turistico della regione, a vantaggio degli operatori e di tutta la filiera», secondo Federalberghi.
La Regione Abruzzo raccoglie i frutti di una campagna di promozione e investimenti che ha messo al centro proprio la montagna. «Non abbiamo a disposizione i dati definitivi del 2024», spiega il sottosegreterio D’Amario, «ma il salto di qualità è fatto. E lo dimostrano i numeri. In Abruzzo arrivano, per sciare, non più solo turisti da Puglia e Campania – i consueti bacini di attrazione del turismo invernale – ma da regioni più a nord: Lazio, Umbria, Marche, Emilia Romagna. E lo fanno non più solo per il fine settimana, che quest’anno è stato sostituito da vacanze lunghe e settimana bianca. In provincia dell’Aquila, durante tutto il periodo delle feste, non c’era un solo posto disponibile degli alberghi, in particolare nell’Alto Sangro, a Ovindoli, sul Gran Sasso, che al contrario di altri anni è andato benissimo. Anche la Maielletta, in misura minore, ha attratto sciatori nel fine settimana dalle regioni limitrofe (ma non mancano i problemi, vedi l’articolo a destra, ndc)».
Un segnale più che positivo, lo definisce D’Amario, che registra un’inversione di tendenza sul circo bianco abruzzese, fatto di maggiori presenze e di una crescita dei giorni di permanenza, dai quattro in su. «Dalle regioni del centro-nord si andava a sciare solo in Trentino», afferma, «oggi si valuta l’opzione Abruzzo, che viene scelto da molti e si candida a diventare un’ambita meta invernale. Sta cambiando la tipologia di utenza, oltre ad essere incrementata». Unico neo in una stagione invernale dalle prestazioni eccellenti, la montagna teramana «dove gli impianti di Prati di Tivo sono chiusi», ricorda D’Amario, «è chiaro che il turismo invernale in quell’area non decolla».
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