Battista: «La reddittività prima di tutto»

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Tommaso Battista

Il punto sul settore del presidente Copagri Tommaso Battista: «Fondamentale sostenere il ricambio generazionale e rafforzare la gestione del rischio»

Il futuro dell’agricoltura si gioca su tre asset: ricambio generazionale, redditività e gestione del rischio. A dirlo è il presidente della Copagri Tommaso Battista che puntualizza: «Chiediamo di dare gambe alla Legge Carloni, recuperare misure quali l’esonero dagli obblighi contributivi per gli under41, le agevolazioni fiscali per l’agricoltura multifunzionale e quelle per favorire l’accesso a credito e microcredito. E ancora, misure che possano garantire agli agricoltori stabilità per innovare. Inoltre, va ripensata l’operatività del Fondo mutualistico nazionale per i danni catastrofali».

I saldi Pac delineano una fuga dal grano duro e un ricambio generazionale che non c’è. Uno scenario preoccupante?

La scarsa redditività dei cereali in generale e del grano duro in particolare ha portato a una significativa contrazione produttiva del grano duro. È per questo che nel 2025, oltre ad azioni che puntino ad aumentare la redditività della coltura, sarà importante portare a conclusione l’accordo di filiera del grano duro, in discussione da tempo al Masaf. È fondamentale, infatti, che tutti gli attori di filiera, dai sementieri alla distribuzione, si siedano intorno a un tavolo e facciano un passo indietro per tutelare la produzione, la redditività e la qualità del grano italiano.

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E in merito ai giovani? Ne parlano tutti a gran voce ma in realtà si fa concretamente molto poco. Bandi, misure e legge Carloni, a che punto siamo?

Quella del ricambio generazionale è una delle tematiche più rilevanti per la tenuta e lo sviluppo del settore primario, anche se è bene sgombrare il campo dagli equivoci. Partiamo dal dato, certamente non esaltante, in base al quale nel Belpaese poco meno dell’8% delle imprese agricole è condotto da under35, con una percentuale inferiore alla media Ue e a quelle dei nostri principali competitor. A questi numeri fa da contraltare il fatto che alle aziende under35 si debba la creazione di ben il 15% del valore economico complessivo dall’agricoltura, con una ricchezza media generata di oltre 82mila euro e circa 4500 euro per ettaro, valori nettamente superiori a quelli dell’agricoltura “adulta”, della media Ue e delle giovani imprese europee. Questo si spiega con la naturale propensione dei giovani verso l’innovazione, ma anche con la maggiore specializzazione dell’Italia in coltivazioni ad alto pregio ed elevato valore aggiunto. Proprio per questo, non credo si “faccia poco”, ma serve fare di più e meglio. Esemplare in questo senso è il caso della Legge Carloni, che pur avendo avuto un sostegno unanime in Commissione, ha subìto pesanti tagli durante il suo iter parlamentare, tanto da venirne praticamente svuotata.

Mi dica un’azione concreta, una proposta chiara, che Copagri intende mettere sul tavolo per incentivare il ricambio generazionale.

Anche solo dare gambe ai lodevoli intenti della Legge Carloni, dopo un anno ancora in attesa dei decreti attuativi, sarebbe un segnale di attenzione verso i giovani. Meglio ancora sarebbe riprendere in mano i tanti interventi soppressi, recuperando misure quali l’esonero dagli obblighi contributivi per gli under41, le agevolazioni fiscali per l’agricoltura multifunzionale e quelle per favorire l’accesso a credito e microcredito. Questo sarà sicuramente uno degli impegni che la Copagri porterà avanti nel nuovo anno.

Come vede il 2025? Quali saranno le principali criticità per il settore?

Voglio convincermi che il 2025 sarà un anno positivo e di ripresa per la nostra agricoltura, grazie alla maggiore sensibilità delle istituzioni Ue e ai vantaggi derivanti dalla stabilità del governo. Ovviamente, le difficoltà per i nostri produttori agricoli non mancheranno: penso, ad esempio, alla redditività, e a tutta la partita della distribuzione del valore lungo la filiera e al contrasto alle pratiche commerciali sleali, senza contare poi le dinamiche legate ai costi di produzione e alle tensioni sui mercati. Nonostante ciò, credo che la principale criticità resterà quella del cambiamento climatico e della maggiore incidenza degli eventi climatici estremi, che già nel 2024 hanno inferto un durissimo colpo alla tenuta economica del comparto primario. Oltre che dal ricambio generazionale, quindi, il futuro del comparto passerà da come gli agricoltori si tuteleranno da questi eventi e da cosa la politica e i sindacati riusciranno a fare per accompagnarli in queste scelte.

Qual è il problema più sentito dagli agricoltori?

Tutte le tematiche richiamate poc’anzi, che si possono riassumere in una parola: redditività. Sia chiaro, però, che i produttori agricoli non vogliono sovvenzioni o aiuti ‘a pioggia’; quello a cui ogni agricoltore guarda è la stabilità, condizione necessaria per riuscire a programmare la propria attività e fare investimenti. Gli imprenditori agricoli chiedono soprattutto misure che possano garantire loro la possibilità di innovare i processi e, di conseguenza, le produzioni, a beneficio della redditività, della salubrità del prodotto e della tutela dei consumatori.

Aiuti de minimis. L’Ue ha raddoppiato il tetto dei contributi che si possono concedere in un triennio alle aziende agricole senza il preventivo via libera di Bruxelles. La revisione prevede anche di eliminare l’attuale “tetto settoriale”. Un segnale? Quali vantaggi?

Parliamo di un intervento ampiamente richiesto che favorirà la naturale propensione agli investimenti delle imprese agricole e che va incontro alle richieste del comparto verso una sempre maggiore semplificazione. Il settore necessitava di questa importante boccata d’ossigeno. L’eliminazione del “tetto settoriale”, in particolare, garantirà alle imprese maggiori risorse e un sostegno più diretto, soprattutto se abbinato alle modifiche sui massimali nazionali, che vengono finalmente adeguati all’aumento del valore della produzione agricola. Da segnalare, infine, la positiva introduzione di un registro centrale degli aiuti, che semplificherà i processi, garantendo più trasparenza.

La futura Pac in cosa dovrà completamente discostarsi dall’attuale?

Prima di tutto in termini di complessità e burocrazia. In secondo luogo, dovrà mettere mano con ancora più decisione alla partita della gestione del rischio, che sembra ancora non essere a pieno regime, come dimostrano le ingenti perdite legate agli eventi climatici estremi. In questo senso, va ripensata l’operatività del Fondo mutualistico nazionale per i danni catastrofali, mettendola veramente al servizio dell’agricoltore; in tale ambito, ci sono ragionamenti in corso e, sebbene siano stati fatti dei passi in avanti, resta necessario mettere a sistema i cambiamenti discussi. È fondamentale, altresì, individuare delle soluzioni che possano andare rapidamente a ristorare le tantissime aziende agricole messe quasi in ginocchio dagli eventi climatici estremi rivedendo alcuni meccanismi, in molti casi farraginosi.

Su quali colture e produzioni scommettere nei prossimi anni?

Voglio dare una risposta provocatoria: sulla canapa. Quello canapicolo è un comparto a elevato valore aggiunto con una domanda in continuo aumento, trainato quasi esclusivamente dai giovani. Parliamo di una pianta che, oltre a vantare una tradizione secolare nel nostro Paese, ha innumerevoli e positive ricadute in termini di redditività e multifunzionalità; una pianta incredibilmente resistente, con un ridotto impatto ambientale e una bassa esigenza idrica, fondamentale per il fitorisanamento, la tutela della biodiversità e il contrasto al consumo di suolo. Ecco perché all’anno nuovo chiediamo che si superi l’impasse legato alle infiorescenze, nei quali sono presenti elementi non stupefacenti che rivestono una notevole rilevanza per i tanti nuovi mercati della bioeconomia.

E fuori dalla provocazione, su quali colture crede sia il caso di puntare?

Realisticamente parlando ho sempre pensato che una delle principali produzioni sulle quali puntare sia l’olio extravergine d’oliva. Un prodotto che è l’ambasciatore d’eccellenza della straordinaria qualità del made in Italy nel mondo; un prodotto, peraltro, la cui richiesta non cala e non calerà mai.

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Mi dica tre tematiche che sono rimaste fuori dalla Manovra e che invece andavano sostenute diversamente.

La Manovra sembra aver restituito un po’ di attenzione all’agricoltura, grazie all’atteso taglio del cuneo fiscale, agli interventi sulla Zes agricola, al rifinanziamento della nuova Sabatini e soprattutto al sempre più deciso e convinto sostegno alla ricerca e all’innovazione. A pesare sul settore, però, è il mancato taglio dell’Irpef, annunciato salvo poi essere rinviato, e l’assenza di interventi ripetutamente caldeggiati, come: gestione della fauna selvatica, assicurazione dei mezzi agricoli, tutela della filiera canapicola; tutte questioni sulle quali bisognerà ricominciare a ragionare già nelle prossime settimane.

 

 





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