Le prime prese di posizione del mondo del calcio sul caso Ramy – Il Catenaccio

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Il caso Ramy Elgaml accende il dibattito: il mondo delle tifoserie inizia a schierarsi, ma la Serie A resta silente 

Fino a questo momento il caso di Ramy Elgaml, 19enne morto lo scorso 24 novembre in seguito ad un incidente durante un inseguimento da parte di una volante dei carabinieri, non ha trovato spazio nel mondo ultras e sugli spalti italiani. Per adesso le uniche due tifoserie, almeno per quanto ci risulta, a prendere posizione sono quelle del Cosenza e del Perugia.

I primi sono stati gli ultras della squadra calabrese, in occasione della sfida di Serie B contro il Frosinone, seguiti dai tifosi perugini, impegnati nella sfida contro il Carpi, valevole per il campionato di Serie C. Totalmente assente, per il momento, il panorama delle tifoserie di Serie A.

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Striscione per Ramy da parte del Gruppo Ultrà Cosenza 1978

 I fatti di Corvetto, chi è Ramy Elgaml

Ramy Elgaml era un 19enne di origine egiziana e stava scappando, su uno scooter guidato dall’amico Fares Bouzidi, 22 anni, in seguito al mancato stop all’alt dei carabinieri in via Farini, nella zona della movida milanese di Corso Como.

L’inseguimento dura 8 chilometri e termina con un incidente: lo scooter va a infrangersi contro un semaforo. Come spiega Cesare Giuzzi del Corriere della Sera: “sicuramente la morte di Ramy avviene per l’impatto con il palo del semaforo e il successivo schiacciamento con la macchina dei carabinieri“. La procura ha aperto un fascicolo per ipotesi di omicidio stradale, in cui risultano indagati sia Fares che il carabiniere alla guida. Sulla scia delle proteste e dell’attenzione dell’opinione pubblica, la procura ha fatto sapere che sono in corso valutazioni sull’ipotesi di accuse di omicidio colposo con dolo eventuale (ossia con l’accettazione del rischio dell’evento di morte), ancora non formalizzate. Intanto gli altri due militari sono accusati di frode processuale, depistaggio e favoreggiamento. Sono al vaglio degli inquirenti anche le comunicazioni tra carabinieri in cui si farebbe riferimento a “far cadere” i due ragazzi, mentre come si legge su Ansal’elenco degli indagati potrebbe allungarsi, così come si profila l’ipotesi di falso per l’annotazione, che non segnalava nemmeno un urto tra auto e scooter, nel verbale di arresto a carico di Bouzidi per resistenza“.

Nelle ultime settimane sono stati diffusi alcuni video in cui si possono vedere alcuni momenti dell’inseguimento e dell’incidente e, a detta dello stesso giornalista Francesco Giambertone nel podcast Giorno per giorno, “in qualche modo complicano la posizione dei carabinieri indagati dalla procura“. In seguito alla morte di Fares sono scoppiati in diverse città d’Italia (Roma, Milano e Bologna) manifestazioni che chiedevano verità e giustizia, culminate con scontri e intervento delle forze dell’ordine.

 “Milano non è sicura, ma per chi?” Le parole del ST Ambroeus

La presa di posizione della squadra popolare ST Ambroeus, la prima squadra di richiedenti asilo e rifugiati di Milano, attualmente iscritta ai campionati di Terza Categoria.

Ecco il loro comunicato sulle vicenda di Ramy, affidato a un post su Instagram.

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Un’altra giovane vita spezzata dalla crudeltà di questo mondo affamato di giustizialismo e odio verso chi vive ai margini, l’ennesima sconfitta di una città che si proclama inclusiva ma lo è, per davvero, solo verso chi se la può permettere. Il dibattito pubblico che in questi giorni infiamma social media e televisioni rispecchia perfettamente chi ci governa, leoni da tastiera e politici che inneggiano alla legge del taglione, che giustificano la morte di un ragazzo perché “se stava a casa sua non moriva”, che alimentano la narrazione tossica per la quale “Milano non è sicura quindi ci vuole lo sceriffo”, ma non sicura per chi? Milano NON è sicura per rider e lavoratori a cottimo che quotidianamente muoiono sulle nostre strade, Milano NON è sicura per chi non ha un tetto sopra la testa e muore in mezzo alla strada, Milano NON è sicura per chi non riesce a reggerne i ritmi, questa Milano NON è sicura per chi è povero e marginalizzato. Non esistono soluzioni facili o leggi post-fasciste come il DDL1660 che possano risolvere questo genere di problematiche, l’unica cosa che sappiamo però è che per provare a comprendere un fenomeno bisogna stare sul territorio a coinvolgere chi sta ai margini. Noi lo facciamo con il gioco del calcio, lo facciamo provando ad abbattere barriere fisiche, culturali ed economiche dandoci una mano e costruendo comunità“.





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