L’Antitrust sulla nuova Legge per la concorrenza: sconti sui farmaci anche con premi e carte fedeltà

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Le farmacie dovrebbero essere libere di praticare sconti sui prezzi al pubblico dei farmaci e delle preparazioni magistrali anche attraverso tessere fedeltà, forme di cash back e premialità varie, indirizzate non solo alla totalità della clientela ma anche a fasce o categorie circoscritte di pazienti. È la proposta che, in tema di distribuzione farmaceutica, avanza l’Antitrust nella Segnalazione inviata al Governo per la stesura della nuova Legge annuale sulla concorrenza, da approvare nel 2025 (quella per l’anno appena chiuso è stata licenziata dalle Camere soltanto un mese fa, a metà dicembre). Occorrerà tempo per capire quale accoglienza riserverà Palazzo Chigi alle proposte dell’Autorità Garante, di certo nel mondo della farmacia faranno discutere non poco. Anche perché è senz’altro “insolito” il sillogismo con cui l’Antitrust motiva le proprie indicazioni.

Secondo l’Authority, infatti, già oggi farmacie e parafarmacie sarebbero libere di praticare sconti su farmaci e preparazioni magistrali soltanto a una parte della loro clientela anziché alla sua totalità, come disponeva originariamente il decreto Bersani (dl 223/2006). Il cambio di rotta, scrive il Garante nella Segnalazione, sarebbe stato impartito più di dieci anni fa dal decreto Cresci-Italia (dl 1/2012), che ha incluso gli etici di fascia A acquistati in regime privato tra i farmaci sui quali le farmacie possono praticare sconti. Per l’Antitrust, infatti, «detta norma non ha soltanto ampliato le categorie di farmaci scontabili, portando a termine il processo di liberalizzazione avviato nel 2006 con il decreto Bersani, ma ha anche eliminato il precedente obbligo di praticare gli sconti “a tutti gli acquirenti”».

A tale conclusione l’Authority giunge osservando che nella norma del “Cresci-Italia” di cui sopra (articolo 11, comma 8) «il legislatore non ha riproposto le due previgenti condizioni dell’esposizione dello sconto “in modo leggibile e chiaro al consumatore” e dell’applicazione dello stesso “a tutti gli acquirenti”». Diversamente, sarebbe stata limitata quell’apertura del mercato farmaceutico alla concorrenza che il decreto si prefiggeva con la «liberalizzazione delle politiche di pricing delle iniziative commerciali a favore del consumatore, quali tessere fedeltà/cash back/sconti per fasce o tipologie di clienti». Di conseguenza, tutto quello che dovrebbe fare oggi il legislatore non è altro che «rendere esplicito» quanto già la norma lascia intendere.

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E a chi, davanti alla proposta, dovesse paventare rischi da consumi inappropriati, l’Antitrust ha già la risposta pronta: a tutelare la salute, soprattutto nel caso dei farmaci con ricetta, provvede il medico, «che garantisce il controllo sull’uso e consumo corretto del prodotto». Sarà forse un caso, ma si tratta di considerazioni molto simili a quelle che faceva solo un mese fa l’avvocato generale della Corte di giustizia Ue, Maciej Szpunar, nel proprio parere sulla causa C-517/23, che riguardava l’offerta di sconti e coupon sugli acquisti di farmaci con ricetta. Secondo Szpunar, in sintesi, queste pratiche non promuoverebbero il consumo indebito di medicinali ma influenzerebbero soltanto la scelta della farmacia cui il paziente si rivolge, con un incremento della concorrenza tra esercizi. Considerato che nella causa di cui si stanno occupando i giudici Ue è coinvolta la farmacia online DocMorris, diventa inevitabile chiedersi quale valutazione darà un operatore come Amazon delle proposte dell’Antitrust (che consentirebbero l’offerta di sconti selettivi, per esempio, ai clienti del programma Prime).

«La lettura che l’Autorità garante dà del decreto Cresci-Italia è certo originale» commenta Quintino Lombardo, di Lombardo e Cosmo Iusfarma Studio Legale «perché l’interpretazione costante e sempre condivisa delle norme in questione, a partire dalle primissime indicazioni ministeriali e della Fofi, è sempre stata quella di considerare le disposizioni dell’articolo 11 come integrative della norme di cui al precedente decreto “Salva Italia”. Come a suo tempo osservato, la circostanza che al suddetto articolo 11 non sia ribadito l’obbligo che gli sconti da esso previsti siano praticati a tutti i clienti non consente di desumere che non sussista l’obbligo di praticare tali sconti a tutti gli acquirenti senza discriminazioni. Insomma, mediante le norme di cui discutiamo il legislatore ha allargato la possibilità di praticare sconti anche ai farmaci di fascia A acquistati in regime privato, ma ha confermato l’obbligo di proporre tali sconti a tutta la clientela in modo indistinto e così sono esclusi premi, tessere fedeltà e altre promozioni. Peraltro, fermo restando ovviamente il diritto-dovere dell’Antitrust di richiedere al Parlamento tutte le novelle normative che ritiene opportune in una logica pro concorrenziale, mi pare singolare che l’Antitrust argomenti le proprie indicazioni riferendo prima della lettura a proprio dire “corretta” delle norme vigenti, per chiedere però che venga resa esplicita con l’approvazione di norme di “interpretazione autentica”. Se la possibilità di sconti differenziati fosse già vigente, infatti, che necessità ci sarebbe di approvare norme nuove?».

Si vedrà, come detto, quale accoglienza troverà nel Governo la proposta dell’Antitrust. Che nella sua segnalazione parla di farmacia anche riguardo a un altro tema, quello dei servizi: per l’Authority, in sostanza, andrebbe «orientata in senso pro-concorrenziale la disciplina nazionale e regionale» su servizi come Cup e consegna referti, «ampliandone l’affidamento anche alle parafarmacie. La mancata esplicita previsione della possibilità di fornire simili servizi anche attraverso il canale delle parafarmacie» osserva il Garante «risulterebbe in contrasto con il più generale obiettivo di “realizzare un’offerta più ampia possibile di canali di accesso, al fine di garantire il più elevato livello possibile di fruibilità per il cittadino». Non resta che seguire gli sviluppi.

 





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