Lancio di vernice davanti alla fabbrica, un attivista si arrampica sul palo e affigge la bandiera della Palestina: «Leonardo distrugge popoli e terre»

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di
Manuel Colosio

La protesta di Extinction Rebellion e di Palestina Libera davanti alla Breda Leonardo: una trentina di attivisti è stata portata in Questura. Via Lunga (all’altezza della rotonda di via Rose) è chiusa al traffico

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Sono tornate a Brescia le azioni dirette dei gruppi ambientalisti «Extinction Rebellion» ed «Ultima Generazione» che, insieme a quelli della campagna «Palestina Libera», hanno protestato lunedì 13 gennaio mattina davanti ai cancelli della fabbrica di armi Leonardo Spa di via Lunga (la ex-Breda). 

Almeno quaranta le persone che hanno preso parte all’azione, determinata quanto assolutamente pacifica e decisamente molto ben organizzata perché potesse avere il massimo impatto mediatico tutelando la sicurezza di chi ha messo in gioco i propri corpi: c’è chi era designato ad occuparsi dei rapporti con la stampa, chi della logistica distribuendo il materiale necessario a chi protesta fisicamente ed anche chi si è occupato di monitorare l’intervento della polizia, che si materializza sul posto una decina di minuti dopo che l’azione è iniziata davanti al cancello principale di questa fabbrica di armi del capoluogo. 




















































Tutto è iniziato con tre di loro impegnati a srotolare lo striscione «Leonardo distrugge popoli e terre», mentre altri sette incatenati impedivano l’ingresso unendo le braccia attraverso grandi canaline che renderanno più difficoltoso slegarli.

Nel frattempo una giovane attivista è salita sul palo posto accanto all’ingresso per sostituire la bandiera dell’azienda con quella palestinese, mentre sotto un altro ha vergato la scritta «Palestina libera» sul muro perché, seppur la mobilitazione si ponesse l’obiettivo generale di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sul «legame tra crisi climatica e industria bellica», nel particolare gli attivisti volgono lo sguardo in Medio Oriente e chiedono «la cessione dei rifornimenti militari a Israele, la riconversione della produzione della Leonardo e la fine del sostegno italiano al genocidio in corso in Palestina».

All’arrivo delle volanti altri diversi attivisti lanciano vernice sugli ingressi e tentano di vergare altre scritte, tentativo prontamente interrotto dai poliziotti che effettuano un primo fermo, al quale ne seguiranno altri nel corso delle due ore di protesta.

Alla fine saranno 23 le persone tradotte in Questura per l’identificazione, mentre sul posto erano giunti anche Carabinieri, Polizia locale, una ambulanza e i Vigili del fuoco, questi ultimi determinanti per slegare in sicurezza i manifestanti e prevenire che l’attivista salita sul palo potesse cadere. Le forze di polizia sono state impegnate invece a caricare di peso tutti prima sulle auto e poi sul cellulare. Non ci sono stati feriti.
 
La fabbrica armiera bresciana già in passato era stata nel mirino di azioni simili a quella messa in campo ieri da questi tre gruppi, che in una nota spiegano come l’azienda «abbia registrato un aumento dei suoi profitti dall’inizio del genocidio a Gaza nel 2023» ed anche di «aver fornito a Israele assistenza e materiale tecnico per gli aerei da addestramento» attaccando anche lo Stato Italiano visto che «il 30% dell’azienda è posseduto dal Ministero delle Finanze e l’attuale ministro della Difesa Crosetto nel 2021 ha incassato quasi un milione di euro per la sua collaborazione con questa azienda».


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13 gennaio 2025 ( modifica il 13 gennaio 2025 | 18:51)

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