farmaci
13 Gennaio 2025
La Corte di cassazione ha affrontato un caso di risarcimento danni derivanti dall’uso di una pasta dentaria, che si riteneva responsabile di una mieloneuropatia. La sentenza si è concentrata su due aspetti principali: la qualificazione dell’attività del produttore e il difetto di informazione
di Avv. Rodolfo Pacifico
Il Tribunale con sentenza confermata in appello respingeva la domanda volta ad ottenerne una condanna al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale causato dalla produzione e messa in circolazione di una pasta dentaria ritenuta responsabile di una mieloneuropatia ipocupremica, da carenza di rame.
La Corte di cassazione rimarcando anche uno specifico orientamento giurisprudenziale ha osservato che la realizzazione dei prodotti considerati andava qualificata come attività pericolosa, in tal modo innalzandosi la protezione del consumatore-utilizzatore in forza del principio di precauzione.
Avvertenza sui rischi che un evento avverso possa verificarsi, non esonera il produttore da responsabilità
L’impresa farmaceutica è ritenuta responsabile anche qualora la causa della pericolosità del farmaco sia ignota ovvero quando la scienza, pur provando la correlazione tra l’assunzione del farmaco e il danno potenziale, non sia in grado di affermare con certezza se e in che misura l’organismo del paziente abbia inciso sulla manifestazione dell’effetto collaterale.
In relazione al profilo del difetto di informazione, oggetto di specifica censura, si è affermato che una informazione che si traduca in una mera avvertenza circa il fatto che un determinato evento possa verificarsi, non vale ad esonerare il produttore da responsabilità. Un’avvertenza che si limiti a ricordare che le cose possono andare male e, su questa base, intenda isolare il produttore da responsabilità, vale quanto una pura clausola di esclusione da responsabilità; e ne condivide le sorti.
Certamente non può trascurarsi il fatto che la responsabilità del produttore non è regolata come una responsabilità oggettiva pura (o assoluta) e che perciò il comportamento dell’utente non è affatto irrilevante: esso deve essere improntato al principio di autoresponsabilità (codificato dall’art. 122 cod. cons., ai sensi del quale “Il risarcimento non è dovuto quando il danneggiato sia stato consapevole del difetto del prodotto e del pericolo che ne derivava e nondimeno vi si sia volontariamente esposto”) e deve essere valutato dal giudice, il quale dovrà accertare se vi sono i presupposti per ritenere che proprio l’utilizzatore si sia trovato nella condizione migliore per evitare o contenere il danno.
Uso corretto e rischi per la salute
Nel caso concreto, ha sottolineato la Suprema Corte, le informazioni contenute nel bugiardino non erano affatto tali da rendere edotta la danneggiata del rischio cui sarebbe andata incontro ove avesse ecceduto nell’uso del prodotto. Il bugiardino – avvertiva di non applicare l’adesivo più di una volta al giorno e che il tubetto sarebbe dovuto durare almeno tre settimane, ma non metteva in relazione l’eventuale uso smodato con un rischio per la salute né specifico – neuropatia da riduzione del rame – né generico – danni alla salute – limitandosi a raccomandare all’utilizzatore di rivolgersi al proprio odontoiatra al fine di verificare la protesi dentaria, la quale per avere bisogno di una quantità elevata di prodotto adesivo evidentemente presentava problemi di aderenza alle gengive (si leggeva, infatti: “L’utilizzo di troppo adesivo può essere segno di scarsa aderenza della protesi, in tal caso sospendi l’uso del prodotto e consulta i dentista per controllare l’adeguatezza della protesi”).
Per approfondire, Corte di Cassazione 23.12.2024, su www.dirittosanitario.net al seguente link:
https://www.dirittosanitario.net/giurisdirdett.php?giudirid=4227&areaid=13
TAG: CORTE DI CASSAZIONE, FOGLIETTO ILLUSTRATIVO
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