Africa: ricco come un presidente

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Una ricerca della società SBM Intelligence sui salari di capi di stato e cittadini mostra un divario enorme

Il più ricco è Ramaphosa in Sudafrica. Anche quando non sono strapagati, a colpire è la differenza col resto della popolazione

Un banchetto dell’Unione africana a Kigali nel 2016. Foto da Flickr di Paul Kagame

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Se c’è una cosa che ogni africano si augura per questo anno appena iniziato è di guadagnare più soldi.

Mentre i livelli di povertà in alcuni paesi sono cresciuti anziché diminuire, la classe dirigente si avvantaggia della propria posizione allargando così il gap tra ricchi e poveri, vale a dire quella parte di popolazione che vive con salari al limite della sopravvivenza, con lavori saltuari e mal pagati, col sudore della fronte nei campi o nei mercati e affrontando un carovita alle stelle.

Il contesto di povertà 

Nei dieci paesi africani con i più alti tassi di inflazione nel 2024 al primo posto c’è il Sudan, 157,9%, (dove è in corso una guerra civile dall’aprile 2023); seguono Egitto, Sierra Leone, Nigeria, Malawi.

E poi Zimbabwe, Burundi, Etiopia, Ghana, Angola. Nel 2024, circa 429 milioni di persone in Africa vivevano in condizioni di povertà estrema, con una soglia di povertà pari a 2,15 dollari USA al giorno.

Un numero aumentato rispetto ad anni precedenti e che, secondo le previsioni, dovrebbe scendere a 402 milioni entro il 2030. Secondo la Banca Mondiale nel 2024 l’Africa sub-sahariana rappresentava il 16% della popolazione mondiale, ma il 67% delle persone viveva in condizioni di povertà estrema.

Dunque, due terzi della popolazione mondiale in condizioni di povertà estrema vive nell’Africa sub-sahariana, cifra che sale a tre quarti se si includono tutti i paesi fragili e colpiti da conflitti. Ma qual è il livello di vita dei capi di Stato o di governo o dei parlamentari di questi paesi?

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Nel luglio scorso SBM Intelligence ha pubblicato i dati sugli stipendi dei presidenti delle dieci maggiori economie africane comparati con lo stipendio minimo applicato nel paese.

Va specificato che nella maggior parte dei paesi africani il capo di Stato non ha meramente funzioni di rappresentanza ma esercita funzioni esecutive.

Veniamo alla “classifica”: al primo posto c’è il presidente sudafricano, Cyril Ramaphosa, che guadagna 18.625 dollari al mese a fronte del salario minimo pari a 248.12 dollari. Il presidente kenyano guadagna 16.016 dollari mensili laddove lo stipendio medio è di 136.03.

Continuando c’è l’Algeria con 14.000 dollari, stipendio medio mensile 140.85. A seguire la Costa d’Avorio, 8.333 dollari al presidente a fronte di 96.19 dollari al mese come stipendio minimo di un cittadino comune.

Sempre considerando le economie emergenti, molto più basso il compenso mensile del presidente della Nigeria, 5.750 dollari. In questo caso lo stipendio medio mensile è calcolato in 20 dollari.

Ma anche gli altri capi di stato vantano cospicui compensi.

Paul Biya, presidente del Camerun dal 1982, guadagna oltre 620.000 dollari all’anno, il presidente delle Comore, che ha una popolazione di circa 1 milione di persone, ne guadagna 117.060; il re Mohamed VI, capo di Stato del Marocco ha un salario annuale stimato in 488.604 dollari mentre in Guinea Equatoriale Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, presidente/dittatore dal 1979, guadagna ogni anno (ufficialmente) 152.680. Forbes anni fa valutava la sua ricchezza in 600 milioni di dollari.

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Citiamo ancora Yoweri Museveni, al potere in Uganda dal 1986, il cui compenso annuale sarebbe pari a 183.216 dollari Usa anche se voci di corridoio stimano la fortuna accumulata negli anni in 13 miliardi di dollari.

E se per alcuni capi di Stato sono diffuse cifre più o meno accurate per altri sembra si tratti di un segreto di stato. A queste cifre ufficiali comunque andrebbero aggiunti i vari bonus e indennità per i quali è praticamente impossibile avere numeri certi.

Denaro ma anche benefit

Un po’ più bassi risultano i compensi dei presidenti di Tanzania, Ghana, Burkina Faso, Liberia, Rwanda ma anche in questi casi non ci sono cifre che riguardino le allowances.

Pensiamo solo agli aumenti del costo della benzina in vari paesi africani che grava sui cittadini ma che non incide sulle tasche dei presidenti ma anche dei parlamentari che usano macchine di servizio, con autisti e serbatoio pieni pagati dalle casse dello stato.

Insomma quella di presidente – per quanto sia impegno di grande responsabilità – è una posizione lucrativa, e presenta indubbiamente una serie di vantaggi in termini di potere e accumulo di ricchezza.

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Ecco perché in molti casi è così difficile convincersi a lasciare spazio a un successore.

Questo riguarda anche i parlamentari, su cui i cittadini ripongono particolare fiducia come intermediari tra il territorio, i cui bisogni dovrebbero conoscere assai bene, e le istituzioni dove si prendono quelle decisioni che avranno un impatto sulla popolazione.

Chi siede in Parlamento non è da meno 

Anche in questi casi è visibile, e a volte persino ostentato, uno stile di vita e abitudini che la grande maggioranza dei cittadini non possono permettersi creando così uno squilibrio evidente.

Nel 2021 ha fatto notizia la pubblicazione degli stipendi mensili dei parlamentari ugandesi, stipendi superiori in molti casi – si disse – a quelli di molti paesi europei: quasi 8.500 euro esclusi i benefit. Nel parlamento ugandese siedono 557 deputati.

Come pure ha fatto assai discutere la notizia che un singolo deputato del parlamento della Repubblica democratica del Congo guadagnasse 21mila dollari al mese (ci sono 500 deputati). Un paese ricchissimo di risorse la Rd Congo, eppure considerato uno dei più poveri al mondo.

E l’Italia?

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Ma facciamo, appunto, una breve comparazione con l’Italia. Nel nostro paese l’indennità mensile dei ministri è di 9.203,54 euro lordi al mese ovvero 110.442,48 euro lordi annui. A questa cifra si aggiunge una diaria che corrisponde a 3.503,11 euro netti.

I deputati guadagnano 13.971,35 netti mensili, compresi di diarie e rimborsi vari mentre i senatori poco di più 14.634,89 euro. Per il capo del governo la cifra è di 80mila euro netti annuali mentre per il presidente della Repubblica è fissato un tetto massimo di 240mila euro annui.

Questo quando in Italia, secondo l’Istat, una famiglia (composta quindi da più di un singolo individuo) percepisce uno stipendio mensile medio di 2.816 euro netti al mese. 

Allarghiamoci alle istituzioni europee e citiamo la presidente della Commissione europea, Ursula van der Leyen che secondo Forbes ha uno dei più alti salari all’interno della UE, guadagna all’incirca 358mila dollari all’anno. Cifre dunque non da poco.

Lo squilibrio tra classe dirigente e popolazione in Africa però è maggiormente evidente e in molti casi quella si percepisce è una vera e propria assenza dello Stato evidenziata dalla carenza di servizi fondamentali, dalla ancora troppo diffusa corruzione e dalla difficoltà di intere fasce della popolazione che faticano nel percorso di miglioramento della propria condizione e di scalata sociale.

E se i giovani si ribellano – come è accaduto per esempio recentemente in Kenya – questo è uno dei comprensibili motivi.

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