Ultimo sì, il Piano rifiuti della Toscana va in aula: ma resta il nodo degli impianti

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Agricoltura

 


di
Giorgio Bernardini

Sei ore di confronto in commissione. Monni: strumento innovativo. Capecchi (FdI): piano parziale

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Cinquanta milioni di investimenti in 3 anni, nessuna localizzazione degli impianti da parte della Regione, proroga per i 4 termovalorizzatori in funzione senza divieti di costruirne — all’occorrenza — uno nuovo. Dopo un lungo iter il Piano regionale dei rifiuti si prepara ad approdare in aula per il voto. L’ultimo gradino è stato salito ieri dopo una riunione fiume — 6 ore — della Commissione Territorio, ambiente, mobilità, infrastrutture, guidata da Lucia De Robertis (Pd): via libera a maggioranza, voto contrario delle opposizioni a cui sono stati respinti gli emendamenti. A presentare la versione finale del piano c’era l’assessora all’Ambiente Monia Monni, che si dice soddisfatta «per essere arrivati al rush finale di un percorso, che permetterà di dotarsi di uno strumento innovativo».

Ma quali sono le prospettive del piano elaborato dalla giunta Giani? La Toscana ha certamente bisogno di una strategia sullo smaltimento dei rifiuti — urbani e industriali — ed è ben lontana dall’autosufficienza, ma il piano è anche un obbligo di legge. La norma del 2022 che applica le direttive europee sull’economia circolare, a cui sono legati ingenti finanziamenti, prescrive alle singole Regioni di elaborare piani della durata di 6 anni che valorizzino il riciclo, il passaggio da un’economia lineare ad una circolare. 




















































Si deve, ma è meglio dire si dovrebbe, poiché è quantomeno complicato inseguire la prospettiva di una transizione completa con i problemi che la Toscana si porta dietro: la mancanza di impianti, il fallito tentativo di realizzarne alcuni che sarebbero stati cruciali per il ciclo dei rifiuti, che aumentano, nonostante la loro progettazione (Case Passerini ed Empoli sono i due più eclatanti).

E anche con questo piano la Regione non indica nuovi impianti, ha invece demandato ai privati la possibilità di fare proposte su tipo di impianti — purché green — e localizzazione. Ad oggi 27 su 39 non hanno ancora posato la prima pietra, ma l’intento della Regione è quello di farne realizzare il maggior numero entro 2028. «Il periodo di attuazione del piano però coincide curiosamente con il periodo transitorio indicato dall’assessore», protesta Alessandro Capecchi (FdI), vicepresidente della Commissione che ha sollevato rilievi di carattere formale e sostanziale su tutto il progetto.

«Questo — dice — è un piano parziale perché non è localizzativo, né prescrittivo, tanto che sugli impianti si fanno scelte di fondo senza mettere dei termini e delle regole precise. Gli Ato — continua il meloniano — dovranno applicare le direttive nei 180 giorni che seguiranno la pubblicazione del piano, ma non hanno le strutture per reggere l’urto: o imporranno scelte drastiche, come aumenti alla Tari, o saranno costretti a interventi emergenziali sugli impianti esistenti».

Piccolo giallo sul capitolo dei termovalorizzatori, dato che nell’ambito della proroga sul funzionamento di quelli esistenti prevista dal piano è emerso nel dibattito che quello di Livorno sarebbe non funzionante da sei mesi. Questa informazione però — ha spiegato Monni — non è stata comunicata in via ufficiale alla Regione, dunque non si sa bene cosa sia successo e stia per succedere a quell’impianto. «È stata una fase delicata, caratterizzata da momenti di confronto e di crescita: grazie — ha detto alla conclusione dei lavori la presidente della Commissione, De Robertis — anche ai colleghi della minoranza, che hanno dimostrato una chiara volontà di approfondimento e mai di ostruzionismo». 

Ora il piano passa entro la fine del mese all’esame dell’aula, con la possibilità di realizzare variazioni nei prossimi anni «per stralcio», ovvero mutando lo stesso piano a seconda delle esigenze che potrebbero sorgere.

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