Ogni inchiesta è una “Scelta”, Ranucci: «Una volta sparavano, adesso tentano la delegittimazione con la querela»

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CASSANO ALLO IONIO Voltarsi dall’altra parte e fare finta di niente o indagare, scrivere e raccontare. Ogni inchiesta è una scelta, quella compiuta da Sigfrido Ranucci è evidentemente coraggiosa. “La Scelta” è anche il titolo del libro del giornalista e conduttore di Report, nel testo il racconto di alcune delle inchieste più importanti e le emozioni, spesso contrastanti, che hanno accompagnato l’autore durante il suo lungo lavoro. Il teatro comunale di Cassano allo Ionio è sold out, la fila per acquistare il libro con dedica e scattare una foto ricordo viene smaltita a fatica. Ranucci è accolto da un lungo applauso, gli occhi diventano lucidi quando il primo cittadino Giovanni Papasso – sul palco accanto a lui insieme ai giornalisti Luigi Cristaldi e Mimmo Petroni – ricorda un momento particolarmente difficile della propria vita, quando l’unica soluzione diventa una scelta, ma estrema. L’emozione lascia spazio alla narrazione dei contenuti del testo, a sottolineare l’impegno e il coraggio del giornalista è il vescovo di Cassano allo Ionio e Vicepresidente della Cei, Monsignor Francesco Savino. Che prima si lascia andare ad un lungo abbraccio con Ranucci e poi legge poche righe del suo libro. «Un giorno ho imparato che il verbo scegliere deriva dal latino ex-eligere, tirare fuori una possibilità tra tutte quelle che hai davanti». Quel bambino che sogna di diventare Superman e non immagina di fare il giornalista sente la necessità di «volare alto». Lo farà Ranucci, con le sue inchieste, alla guida di un programma da record di ascolti, accanto a straordinari professionisti del giornalismo, ma senza nascondere le proprie fragilità. A bordo di un treno, e dopo interminabili telefonate con i colleghi poche ore prima della puntata inaugurale del nuovo corso di Report post Milena Gabanelli, una compagna (sconosciuta) di viaggio comincia a piegare un foglio e lo porge a Sigfrido Ranucci. «E’ un airone, un origami bellissimo. “Ne ha bisogno” gli dice. “Lei deve volare alto, perché chi vola vede dal cielo ciò che nessuno ha mai visto”.
Tra querele temerarie, minacce più o meno velate, leggi bavaglio, Sigfrido Ranucci conquista e convince il pubblico a suon di inchieste. «Siamo fortunati rispetto al passato – racconta al Corriere della Calabria – perché una volta ci sparavano, adesso tentano la delegittimazione con la querela. Diciamo che siamo fortunati a vivere in un’epoca diversa, ma ovviamente la vittima principale di questa situazione è la verità: la possibilità di rendere consapevoli i cittadini».

Il giornalista, un mestiere difficile

Il giornalista deve consumare le suole delle scarpe diceva qualcuno e gli inviati di Report lo sanno bene. Ma il mestiere è maledettamente complicato. «Siamo costretti ad uno slalom attraverso le fake news veicolate sui social ma anche attraverso i giornali istituzionali» perché – prosegue Ranucci – «io ne vedo tante». Poi ci sono le querele temerarie. «Siamo il paese che ha più politici che denunciano i giornalisti e questa è un’altra malformazione. Siamo al 46esimo posto della classifica della libertà di stampa, abbiamo approvato tutta una serie di leggi liberticide che ci porteranno verso l’oblio di Stato. Insomma non è un bel momento, ma non è un bel momento non solo nel nostro Paese ma nel mondo». Il rischio concreto è di produrre e ricevere un’informazione superficiale. «I canali all news sono uno strumento importante per rendere consapevoli i cittadini in velocità, ma perdono in profondità che rappresenta la vera qualità dell’informazione. Il segreto di Report è proprio questo, aver resistito nel tempo al fatto di essere fedele alla propria mission cioè quello dell’approfondimento e i risultati, il numero degli ascoltatori, quello ottenuto nelle repliche e sui social ci dicono che la gente ha bisogno di profondità nell’informazione».

Passione, disincanto, missione

Per compiere la giusta scelta occorrono passione e coraggio, il disincanto invece è un sentimento che non ti abbandona mai quando ti ritrovi a raccontare fatti e misfatti. Ranucci vive il giornalismo come una missione e trova la forza per andare avanti nell’affetto sincero della gente. «Una fonte di energia incredibile, l’affetto delle persone devo dire che forse è l’unica vera ragione per cui come diceva Vasco Rossi “sono ancora qui”, perché poi alla fine la certificazione del buon lavoro è proprio nel numero del pubblico che ti segue nel fatto che c’è sempre qualcosa che dimostra che avevi ragione e le persone ti riconoscono credibilità e coerenza, perché essere coerenti è una qualità dell’informazione».

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La famiglia acquisita e le inchieste

Torniamo al libro. Le inchieste raccontano anni di lavoro vissuti, in parte, accanto alla famiglia “acquisita” con Milena Gabanelli e Roberto Morrione nel ruolo di “genitori” professionali. «Non c’è un’inchiesta più difficile, tutte sono complesse. Quelle più difficili, in genere, sono quelle che fanno meno clamore e sono più complesse da raccontare. Il successo di Report è nell’essere rimasto fedele alla propria mission, quella di tenere come editore di riferimento il pubblico che paga il canone, senza fare sconti a nessuno». Ma ci sono momenti nella storia che fatichi di più a mantenere alta l’asticella della libertà di stampa. «Diciamo che con la riforma Renzi molte cose sono peggiorate per la Rai, perché l’ha tolta dalle mani del Parlamento per consegnarla nelle mani del Governo, quindi se c’è il Governo che sceglie amministratori, conduttori e tutto il resto, capisci che è un momento complicato. Io devo dire che in Rai mi sono sempre sentito libero di poter esercitare il mio mestiere, che per chi fa giornalismo d’inchiesta è una cosa che non ha valore».

Sibari, la città della lussuria diventata una «polveriera»

«Negli ultimi anni è stata una vera polveriera, sul piano della presenza della criminalità organizzata che non ha disdegnato di mostrare il proprio volto più cruento, tanti fatti di sangue sono stati commessi in quell’area sono il segno di una ‘ndrangheta che non si mostra esclusivamente nelle sue vesti imprenditoriali». Sono le parole pronunciate dal pm della Dda di Catanzaro Alessandro Riello, al termine della requisitoria del processo “Athena“: una delle operazioni antimafia che hanno interessato la Sibaritide negli ultimi anni. Di quella terra pianeggiante, straordinariamente fertile e nutrita da due fiumi dove nacque e prosperò una delle più famose città della Magna Grecia è rimasto solo un ricordo. «Cassano allo Ionio è una delle zone più calde della Calabria», dice Ranucci.

Sigfrido Ranucci

«Ma credo che proprio di queste terre noi dobbiamo parlare, credo ci sia molta più brava gente di quello che noi immaginiamo, dobbiamo avere il coraggio di essere dei pastori maremmani in determinati momenti». «Io ovviamente lo dico avendo alle spalle un’azienda grande come la Rai – confessa Ranucci ai nostri microfoni – capisco per chi invece è sul territorio che fare informazione locale è molto più complicato perché gli chiedi di avere pure la schiena dritta quando magari hai l’editore che non lo appoggia, il politico di turno che lo contrasta, l’imprenditore, il criminale…poi tante volte coincidono tutti nella stessa persona e diventa ancora più complicato».
Un mestiere difficile quello del giornalista, dicevamo, soprattutto quando si ha la «certezza di vivere in una società malata, abituata a convivere con la propria malattia da considerarla normalità».
E’ tempo di tornare a lavoro, c’è un’altra puntata di Report da realizzare. Sigfrido Ranucci è pronto a volare alto, ancora una volta. (f.beincasa@corrierecal.it)

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