Lunigiana, l’arte contemporanea ridisegna il turismo culturale

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La Lunigiana, terra di confine, di vivace storia plurimillenaria, terra di misteri e di antiche tradizioni, si va consolidando come uno dei territori più dinamici nell’uso dell’arte contemporanea come strumento per ridisegnare il turismo culturale. Tre progetti in particolare, ognuno con una visione unica, stanno tracciando un percorso che intreccia arte, storia e comunità.

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Un intervento del direttore Boggi a San Caprasio

Pioniere della scommessa sul presente artistico è il Museo archeologico di San Caprasio di Aulla. Da anni, perseguendo la visione del direttore Riccardo Boggi, l’istituzione propone un dialogo tra archeologia e arte contemporanea, accogliendo artisti che arricchiscono la visita al patrimonio museale o, addirittura, ne reinterpretano i reperti e la storia. Non un vero e proprio festival, qundi, ma una buona pratica alla cui base c’è l’idea di non lasciare imprigionato il passato dentro una disciplina o un tempo storico, come spiega Boggi: “Io ho sempre pensato che non ci sia interruzione tra passato e contemporaneo. Il nostro oggi, la nostra quotidianità, il nostro vivere attuale ha legami più o meno consapevoli con quello che siamo stati. In un luogo come il nostro, dove c’è tanta storia remota, noi troviamo ispirazione per il presente e quando decodifichiamo la visione degli artisti contemporanei, nonostante ci possa apparire strana, scopriamo una vitalità non interrotta”.

C’è qualche artista in particolare a cui sta pensando?

“No, penso a tutti quelli che abbiamo visto in mostra al museo. Anche loro ci sembravano lontani, ma hanno dimostrato una capacità di dialogo che rende manifesta la linea ininterrotta che ci lega nel tempo. Una linea che passa dalle pietre anonime di fiume di Renzo Ricciardi alle latte dello sportello del gas di Danilo Sergiampietri appese nel chiostro. Le terracotte di Cordelia von den Steinen, il portale di Cristina Balsotti, ma anche le opere dei più giovani, le ‘immagini sole’ di Alice Mazzei, possiedono una classicità non lontana dai nostri capitelli medievali di Oberto Ferlendi. In fondo usano lo stesso linguaggio e io sono convinto che l’opera d’arte contemporanea esposta lì abbia la stessa spiritualità”.

Direttore, è forse una provocazione la sua?

“Sicuramente. Ma le provocazioni sono fatti positivi, riflessioni, stimoli. Di queste provocazioni, si può ammirare al Museo una Demetra di Girolamo Ciulla, artista che abbiamo salutato l’anno scorso, e un Cristo sospeso, scultura di Alessio Manfredi, parte integrante dell’ultima stanza espositiva, che ospita le tragiche testimonianze del Novecento e del Duemila”.

Una mostra diffusa e tre giorni all'insegna delle arti per il borgo di Tassonarla

Arte nel borgo di Tassonarla

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L’integrazione tra opera e ambiente, inteso come natura e tessuto sociale, è la spina dorsale del Festival TassonArt, che si avvia quest’anno verso la quarta edizione. Nel comune di Tresana, da tre anni il piccolo borgo di Tassonarla, una terrazza in collina affacciata sia sull’Appennino Tosco-Emiliano che sulle Alpi Apuane, per qualche giornata estiva trasforma i suoi passaggi voltati, le sue arcate cieche, i suoi lavatoi, le sue cantine e le case in pietra in palcoscenici d’arte. “Io ho creato il nome e assecondato le spinte che ho ricevuto dai miei cittadini – dichiara il sindaco Matteo Mastrini –; il merito del successo dell’iniziativa va al comitato ‘Insieme per Tassonarla’ e alle associazioni del territorio”. Semplici premesse hanno consentito alla passione per l’arte contemporanea del comitato di diventare volano per un rinnovo di sentimento comunitario, imprimendo una forte spinta alla messa in opera di lavori di riqualificazione, manutenzione e rigenerazione urbana e sociale. Passeggiare per il borgo durante TassonArt è un’esperienza immersiva: i quadri nascono dalle taverne, le sculture spuntano dal terreno, le case aprono le proprie porte a mini esposizioni, i giardini a performance, a corollario di un’esposizione principale di rilievo. L’anno scorso il festival diffuso ha vinto il bando per la realizzazione di attività culturali promosso dal Ministero degli Affari Esteri nell’Anno delle Radici. Ciò ha permesso di ampliare le iniziative corollarie e allo stesso tempo convogliare le energie in un miglioramento qualitativo dei partecipanti, chiamati attraverso un bando concorsuale, e di concludere l’esperienza con la pubblicazione di un catalogo curato da Mattia Lapperier. “Puntiamo a valorizzare spazi che sono rimasti nascosti – riferisce Diego Bandinelli, fondatore del comitato -. Gli artisti che vengono rimangono rapiti dalla verità del posto: non è un paese finto, non è un quadretto in cui passeggiare; è un borgo vero, dove la gente vive. Anche quelle che per gli abitanti sono percepite come brutture, disordine e sporco sono percepite come elementi di verità: la legna accatastata in piazza d’estate, in attesa di essere portata nelle varie case per esser bruciata d’inverno; la cisterna dove convogliare le acque per annaffiare d’estate. Molti artisti ci hanno chiesto di ospitare residenze d’artista per rafforzare il legame con questa terra”. A ogni edizione il borgo si arricchisce di nuovi lasciti e acquisizioni d’artista che vanno ad arricchire e diversificare il paesaggio in modo permanente, perfettamente integrati nel tessuto del paese; gli offrono una nuova peculiarità, lo rivitalizzano.

Oscillazioni

Oscillazioni

“È quasi intento di promozione turistica: vorremmo che le persone si innamorassero di questi luoghi”. Le parole di Eugenio Donadel, fondatore della galleria d’arte contemporanea Nō Gallery di Pontremoli e organizzatore del Festival Oscillazioni, assieme a Gianni Neri e Iolanda Enrione di Lunicafoto, sono un’intersezione tra tutte le esperienze lunigianesi. “Una cinquantina di artisti hanno gravitato tra Oscillazioni e le piccole mostre alla Nō Gallery: si sono tutti entusiasmati di questa terra un po’ vergine, dal punto di vista dell’arte contemporanea. Qui in Lunigiana la storia remota fa da padrona, il contemporaneo è paradossalmente qualcosa che si guarda con circospezione, da tenere sotto controllo. Piano, piano in questi anni abbiamo trasformato la diffidenza in curiosa aspettativa”, osserva Donadel.

Com’è nato Oscillazioni?
“Abbiamo cominciato a Villa La Cartiera con un’edizione tutta dedicata alla scultura, con otto artisti. Ma già dal titolo pensavamo a un’arte oscillante, dalla scultura alla fotografia, arte in tutte le sue forme. Un’arte che potesse invadere la città, coinvolgerla. Nella terza edizione abbiamo installato tre bronzi enormi di Emanuele De Reggi, utilizzando la gru, uno in piazza Duomo, uno in piazza Sommoborgo e uno in piazza San Geminiano, tra la gente che ci guardava con occhi sgranati. Nell’ultima edizione, dedicata soltanto a video, abbiamo occupato spazi del centro storico, da vecchi appartamenti abbandonati al cortile di Palazzo Damiani. È stata un’occasione per far entrare in spazi inaccessibili gli stessi pontremolesi”.

Come vi finanziate?
“A parte due anni fa, quando attraverso Lunicafoto abbiamo ottenuto un contributo da Fondazione Carispezia, viaggiamo con le nostre tasche, organizzando eventi nel corso dell’anno. Cominceremo subito, visto il ‘colpo d’arte’ di Capodanno: abbiamo trovato la galleria con i vetri infranti…”.

In che periodo si svolge Oscillazioni?
“Il Festival è nato d’estate. Nel 2024 per la quinta edizione abbiamo deciso di organizzarlo a settembre per cercare di capire quanti dei visitatori sarebbero venuti appositamente. E abbiamo capito di avere un nostro pubblico. Non soltanto: abbiamo riscontrato che a tutti gli artisti venuti a Pontremoli (chi da Pietrasanta, chi da Milano, chi da Firenze,..) è piaciuta la dimensione semplice di questa esposizione diffusa, il tornare a misura d’uomo, inaugurare lontano dai vernissage chic delle città, tornare all’essenza, alla chiacchiera con il pubblico,… Bisognerebbe fare uno sforzo in più per fare rete sul territorio tra diversi festival”.

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Per non restare un esperimento artistico, ma divenire un motore di trasformazione culturale e turistica. Oscillazioni, Tassonart e il dialogo tra archeologia e contemporaneità al Museo di San Caprasio rappresentano tre visioni complementari di come l’arte contemporanea possa essere intesa in un’accezione vasta e trasversale, come complesso di manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale e possa concorrere a veicolare valori fondamentali come la bellezza, la condivisione, la tutela del territorio e la piena partecipazione attiva alla definizione di una comunità.





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