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Tribunale di Catanzaro sospende l’uso dell’app Giustizia: ritorno al cartaceo fino al 31 marzo
L’EDITORIALE – Il Tribunale di Catanzaro, come molti altri in Italia, ha sospeso l’uso dell’app Giustizia, decretando un ritorno al cartaceo almeno fino al 31 marzo. La decisione, presa dal presidente vicario Francesca Garofalo, appare come l’ennesima certificazione dell’incapacità del sistema giudiziario italiano di abbracciare una vera trasformazione digitale. Ma davvero la tecnologia è il problema, o forse è la gestione che fa acqua da tutte le parti?
L’app Giustizia: simbolo di inefficienza digitale
Non è certo la prima volta che il sistema informatico giudiziario finisce sotto accusa. L’app Giustizia, presentata con toni trionfalistici come il futuro del lavoro nei tribunali, si è rivelata un mezzo fallimento. Lentezze, difficoltà tecniche, carenza di formazione per gli utenti e continui malfunzionamenti ne hanno segnato la parabola discendente. Non sorprende che un tribunale, esausto da mesi di disagi, decida di tornare a carta e penna.
Tuttavia, c’è qualcosa di profondamente sbagliato in questo scenario. La sospensione dell’app non è solo una misura temporanea per risolvere problemi pratici: è una resa. È il segnale inequivocabile che, in Italia, l’innovazione tecnologica resta una promessa mancata, una chimera inseguita ma mai realmente raggiunta.
Tribunale di Catanzaro torna al cartaceo: il fallimento della giustizia digitale in Italia
La decisione di Catanzaro, rappresenta una clamorosa retromarcia che sa di imbarazzo. Torniamo al cartaceo, e con esso tornano le montagne di fascicoli, le code per accedere agli atti, gli interminabili tempi burocratici. In un mondo dove la digitalizzazione avanza a ritmi vertiginosi, questa scelta non è solo anacronistica, ma offensiva. Offensiva per chi spera in una giustizia più veloce, più trasparente e meno schiava della burocrazia.
Eppure, Catanzaro non è un caso isolato. In tutta Italia si moltiplicano le difficoltà nell’uso di strumenti digitali, spesso introdotti senza un’adeguata pianificazione o formazione. E mentre altri Paesi corrono verso l’automazione e l’efficienza, noi torniamo indietro. Il messaggio è chiaro: il sistema giudiziario italiano non è pronto per il futuro. Forse non lo è mai stato.
La colpa è solo della tecnologia?
Facile prendersela con l’app Giustizia, ma il vero problema è a monte. Mancano investimenti strutturali, manca la volontà politica di fare della digitalizzazione una priorità, e manca soprattutto una visione. Introdurre un’app senza garantire il supporto tecnico necessario equivale a costruire un grattacielo su fondamenta di sabbia. E mentre il Ministero della Giustizia parla di progresso, i tribunali sono lasciati a gestire da soli un sistema che non funziona.
Non sorprende che in Calabria, una regione già martoriata da carenze infrastrutturali e ritardi cronici, il peso del malfunzionamento dell’app sia stato insostenibile. Ma non possiamo ignorare il fatto che il caos non si ferma ai confini di Catanzaro. È un problema nazionale, e il silenzio del Ministero in merito non fa che peggiorare la situazione.
La giustizia italiana: ecco una marcia verso l’immobilismo
Se il nostro sistema giudiziario non riesce a gestire nemmeno un’app, come può sperare di affrontare sfide ben più grandi, come il carico di arretrati o la lentezza dei processi? La sospensione dell’app Giustizia è solo un sintomo di un problema molto più profondo: l’Italia continua a essere un paese ostaggio del passato, incapace di costruire un futuro che non sia segnato da fallimenti annunciati.
E allora ci si chiede: fino a quando continueremo a tollerare una giustizia che arranca, che invece di evolversi regredisce? Fino a quando accetteremo di vedere i tribunali trasformati in musei della burocrazia? Forse è arrivato il momento di chiedere risposte concrete. Non da Catanzaro, non dai magistrati, ma da chi ha la responsabilità politica di garantire un sistema giudiziario degno di un paese moderno. Altrimenti, prepariamoci a vivere ancora a lungo nel Medioevo della giustizia italiana.
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