Riportare la gestione comunale nei nidi privatizzati in epoca pre Covid, alzare le rette mensili “per garantire un servizio di qualità altissima”, assumere nuove educatrici, progettare una nuova struttura a Paolo VI poi, come nel Gioco dell’oca, privatizzare tutto e (pare) smistare il personale assunto negli uffici circoscrizionali a fare ben altro rispetto a quello per cui ha studiato una vita. Nel mezzo, un bando da oltre 5 milioni di euro per la riconversione o costruzione di nuovi asili nido andato perduto.
Cercare coerenza (e senso logico) nelle azioni compiute dall’amministrazione Melucci negli ultimi due anni a proposito degli asili nido comunali rischia di rivelarsi impresa ardua.
Intanto, a pochi giorni dall’incontro in cui il sindaco ha convocato rappresentanze sindacali e lavoratori del settore per discutere del ricollocamento del personale, continua la protesta dei genitori.
“Difendiamo i nidi comunali”, si legge sugli striscioni appesi nella giornata di ieri sulle cancellate dei 9 asili nido comunali di Taranto.
“Dietro questo gesto – spiega ai microfoni del Corriere di Taranto la vicepresidente della Consulta dei genitori dell’asilo nido Zero Tre, Stefania D’Ippolito – c’è un coordinamento che coinvolge le consulte dei genitori di tutti i 9 nidi comunali”.
Una “battaglia” che ha il suo punto di forza nella pluralità dei soggetti coinvolti: “Dai consiglieri comunali d’opposizione ai genitori – continua la D’Ippolito – dalle educatrici alle coordinatrici degli asili nido, fino ai sindacati: stiamo lavorando su piani diversi ma nella stessa direzione. Abbiamo in programma tante iniziative, che al momento non possiamo rendere note, ma ci stiamo concentrando sull’appuntamento del 13 gennaio”.
L’obiettivo principale, come si può ben immaginare, è quello di coinvolgere tutti i cittadini: “Non è necessario avere i propri figli ai nidi – chiarisce la vicepresidente della Consulta dei genitori dell’asilo nido Zero Tre – per capire che questa lotta riguarda tutti: il sindaco ha detto che la decisione ha motivazioni di risparmio economico, ma noi siamo d’accordo con l’opposizione quando dice che il denaro investito sul patrimonio educativo pubblico è un investimento assicurato per il futuro della città”.
“È inammissibile che Melucci – continua la D’Ippolito – voglia privare Taranto di un servizio che funziona da altre 40 anni, un’eccellenza che costituisce un motivo di vanto per il nostro territorio, troppo spesso bistrattato. Riteniamo che dietro questa decisione ci sia altro; del resto, il sindaco non ha convocato sindacati né lavoratrici prima di prendere questa decisione, nemmeno noi genitori delle Consulte, che siamo parte attiva”.
Effettivamente sono troppi, ancora, i punti interrogativi sulla vicenda della privatizzazione degli asili nido di Taranto, troppe incongruenze con quanto fatto e dichiarato negli anni passati dalla stessa amministrazione comunale.
A cominciare dal personale educativo, il cui futuro lavorativo resta incerto: se ne parlerà, come detto, il prossimo 13 gennaio, ma già un’idea di quello che accadrà è trapelata dalle recenti parole del primo cittadino: gran parte del personale attualmente in servizio presso i nidi comunali potrebbe essere impiegato negli uffici circoscrizionali.
Insomma, chi ha impiegato anni a curare la propria formazione per poter svolgere questo mestiere, dovrà cambiare lavoro; forse assumere altro personale, magari con titoli e attitudini più consone al lavoro d’ufficio, non è stata ritenuta un’alternativa valida, nonostante l’elevato tasso di disoccupazione che caratterizza la città. La coperta, in definitiva, continua ad essere fin troppo corta e si cerca di porre rimedio alle falle con il materiale umano già a disposizione.
Una decisione che, peraltro, smentisce quanto dichiarato appena due anni fa dalla stessa amministrazione, in occasione dell’assunzione di 5 nuove educatrici: “Tutelare le famiglie e la natalità si può anche attraverso il potenziamento di servizi che creano nuovi posti di lavoro, assicurano ai genitori che lavorano un luogo sicuro di accudimento per i bimbi più piccoli ma anche assumendo donne in gravidanza”.
“Come si può pensare – continua la D’Ippolito – che educatrici che hanno passato vent’anni della loro vita a lavorare a contatto con i bambini possano accettare di essere piazzate dietro una scrivania a fare le carte d’identità? Se c’è carenza di personale negli uffici comunali è giusto fare un bando pubblico e dare lavoro ad altre persone, non sradicare professionisti esperti dal proprio contesto per gettarli a fare tutt’altro. Una maestra recentemente mi ha detto: lavorare con i bambini ha un effetto rigenerante su di me, se dovessero chiudermi in un ufficio mi faranno morire. Anche emotivamente, insomma, non c’è stata la minima attenzione nei confronti di persone che hanno studiato e lavorato per anni”.
Altri dubbi riguardano, per l’appunto, il personale che sarà assunto: “Chi ci garantisce che il livello qualitativo rimarrà lo stesso? – prosegue la D’Ippolito – È chiaro che il privato, che ragiona nella logica del profitto, non potrà garantire un aumento dei servizi, personale qualificato e rette addirittura più basse: questi sono solo proclami, non abbiamo certezza di quello che sarà”.
L’esternalizzazione dei nidi comunali, come sottolineato dal sindaco, fa effettivamente parte di un trend generale che si riscontra a livello nazionale e regionale. Ma con quali risultati?
“Nei bandi di gara – commentava a tal proposito la Fp CGIL tre anni fa – per la concessione del servizio educativo, fatti al massimo ribasso, c’è una inevitabile compressione del trattamento economico personale: chi subentra nel servizio, infatti, spesso applica contratti meno remunerativi, rispetto a quello delle Funzioni Locali, con lavoratrici e lavoratori pagati di meno rispetto agli educatori di asilo comunali. Determinando, infine, un paradosso per le casse dei Comuni, non per quelle dei lavoratori, perché a conti fatti raramente il costo della concessione è più vantaggioso della gestione diretta”. Dal Lazio all’Emilia Romagna, dalla Toscana al Veneto, ovunque l’offerta pubblica si sia ridotta a favore del privato si sono registrate forti tensioni tra genitori, sindacati e personale educativo.
Ultima, ma non meno importante, la questione economica: “Ad oggi – spiega ancora la vicepresidente della Consulta dei genitori dell’asilo Zero Tre – chi rientra nella fascia più bassa di ISEE riceve un rimborso completo della rata mensile. Chi ci dà la garanzia che a settembre 2025 avverrà tutto quello che sta promettendo Melucci?”. Non tutti i nidi privati, infatti, sono convenzionati per accedere al bonus nido erogato dall’INPS, mentre il buono educativo zerotre della Regione Puglia assicura la gratuità dell’accesso al servizio solo per famiglie con reddito fino a 3mila euro. Per le altre fasce, invece, si prevede una compartecipazione delle famiglie nel pagamento della quota, promettendo comunque un consistente abbattimento della retta mensile.
Una situazione tutta da chiarire, insomma, ma una cosa è certa: ” La protesta continuerà – assicura la D’Ippolito – la mobilitazione c’è, è forte e molto sentita”.
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