ecco perché vuole la Groenlandia

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Trump non esclude un’azione militare per prendere il controllo della Groenlandia. L’isola artica è da qualche settimana al centro dell’attenzione mondiale, prima per il pericolo overtourism con l’avvio di voli diretti da Copenaghen e – tra pochi mesi – dagli Usa, e poi per le dichiarazioni del presidente eletto, che prima di Natale è tornato a dire che l’isola dovrebbe far parte degli Stati Uniti, e che intende acquistarla. O prenderla con le cattive, che siano armi o coercizioni economiche, ha aggiunto stasera in conferenza stampa da Mar-a-Lago.

Ecco perché la visita a sorpresa di oggi del figlio Donald Trump jr nell’isola artica, territorio autonomo con un proprio Parlamento e appartenente alla Danimarca, non può essere certo considerato un caso, nonostante le precisazioni che si tratta di una visita privata. Il ‘Trump Force One’ è atterrato nell’aeroporto della capitale Nuuk oggi alle 13 ora locale (le 16 in Italia) per un giro di 4-5 ore a titolo totalmente privato, come hanno confermato le autorità.

Non sto comprando la Groenlandia, vado per una lunga gita privata di un giorno“, ha sottolineato Trump jr in un podcast andato in onda la notte scorsa. L’uomo, che rimane a capo dell’impero di famiglia e non avrà incarichi formali nell’amministrazione del padre di cui però è importante consigliere, senza contare il suo attivismo politico particolarmente sui social, viaggia insieme a Charlie Kirk, fondatore dell’organizzazione trumpiana Turning point Usa. “Vogliamo incontrare persone, sembra che li ci sia della gente fantastica”, ha detto ancora nel podcast, precisando che non avrà incontri con rappresentanti del governo.

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Faccio cose, vedo gente, dunque, ma la visita non è uno sfizio casuale da miliardari in cerca di avventura. Trump padre vuole la Groenlandia, e fa sul serio. Lo ha confermato facendo entrare nel discorso l’ipotesi di un’azione militare, che sebbene appaia lontana, di sicuro esercita una forte pressione.

Ma perché Trump vuole la Groenlandia?

Il tycoon ha messo gli occhi sull’isola per una ragione sintetizzabile col suo slogan MAGA, ‘Make America Great Again’, in sostanza per quelli che ritiene siano gli interessi primari del suo Paese. Prima di Natale, annunciando la nomina di Ken Howery – co-fondatore di PayPal ed ex ambasciatore degli Stati Uniti in Svezia – come nuovo ambasciatore americano nel regno danese, il presidente eletto ha affermato: “Ai fini della sicurezza nazionale e della libertà in tutto il mondo, gli Stati Uniti d’America ritengono che la proprietà e il controllo della Groenlandia siano una necessità assoluta“.

Tradotto: la Groenlandia fa da tempo gola agli Stati Uniti perché ricca di giacimenti di oro, argento, neodimio e disprosio (minerali che Cina e Russia possiedono), rame e uranio, oltre a potenziali riserve petrolifere nella piattaforma offshore. Tanto che anche Mosca e Pechino hanno messo gli occhi sulle risorse dell’isola, che come se non bastasse si trova in una posizione strategica. Una ragione in più perché tutti la vogliano.

Non solo, ma il territorio autonomo ospita una base militare americana, la Pituffik Space Base, costruita negli anni della Guerra Fredda e oggi elemento chiave per il sistema di difesa missilistico e per la gestione delle missioni spaziali.

Sui social tuttavia Trump ha fatto riferimento a MAGA: “Ho sentito dire che gli abitanti della Groenlandia sono ‘MAGA‘”, ha scritto su Truth annunciando la visita del figlio. “Don Jr, e vari rappresentanti, si recheranno sul posto per visitare alcune delle aree e dei luoghi più belli”, ha fatto sapere, sottolineando che “la Groenlandia è un luogo incredibile e la popolazione ne trarrà enormi benefici se e quando diventerà parte della nostra nazione. Noi la proteggeremo e la custodiremo da un mondo esterno molto feroce. RENDIAMO LA GROENLANDIA DI NUOVO GRANDE!”.

Immancabile poi il parere – e il sostegno – del suo braccio destro Elon Musk, che su X ha subito scritto: “Il popolo della Groenlandia deve decidere del proprio futuro e credo che voglia essere parte dell’America“.

La reazione dei diretti interessati

Già, ma i diretti interessati cosa ne pensano? Alle dichiarazioni natalizie la replica è stata immediata. L’isola ha fatto sapere di non essere in vendita, come già detto nel 2019, quando lo stesso Trump aveva fatto analoghe dichiarazioni: “La Groenlandia è nostra. Non siamo in vendita e non lo saremo mai. Non dobbiamo perdere la nostra lunga lotta per la libertà”, ha affermato il premier Mute Egede, che tra l’altro era atteso mercoledì a Copenaghen da re Frederik X, ma che ha rinviato il viaggio per ragioni di agenda.

Da parte danese il ministero degli Esteri ha tagliato corto: “Abbiamo preso noto della visita prevista in Groenlandia di Donald Trump jr. Dal momento che non è una visita ufficiale americana, non abbiamo altri commenti da fare”.

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Quanto alla visita del figlio del presidente, il ministro degli Esteri della Groenlandia, Mininnguaq Kleist, ha dichiarato che “il nostro è un Paese aperto e accogliamo i visitatori”, e ha aggiunto che il governo non è stato informato della natura del programma del figlio del presidente eletto e che quindi non ci sono incontri ufficiali in programma per quella che, si ribadisce, è una visita privata.

Il premier Egede invoca l’indipendenza

Se l’isola non è in vendita, tuttavia Múte Egede nei giorni scorsi ha invocato l’indipendenza dalla Danimarca, parlando di un possibile referendum in concomitanza con le elezioni di aprile 2025.

“È giunto il momento di compiere il prossimo passo per il nostro Paese – ha detto nel suo discorso di fine anno – Come altri Paesi del mondo, dobbiamo lavorare per rimuovere gli ostacoli alla cooperazione, che possiamo descrivere come le catene dell’era coloniale, e andare avanti”.

A riguardo, la premier Mette Frederiksen nel corso di una intervista all’emittente radiofonica DR Nyheder, ha commentato: ”Sento un forte desiderio tra molti groenlandesi di procedere verso l’indipendenza”. Si tratta di un obiettivo ”legittimo e quindi penso che sia importante che il futuro della Groenlandia venga deciso a Nuuk”, ha concluso, invitando ”tutti, in patria e all’estero”, a rispettare il fatto che ”la Groenlandia è un Paese a sé stante”.

La Groenlandia in effetti dal 2009 ha il diritto di dichiarare la propria indipendenza, ma non l’ha mai fatto. Ora però, secondo quanto riferisce il Times, potrebbe sfruttare l’interesse di Trump per attirare più investimenti statunitensi in cose come il turismo e l’estrazione di terre rare.

La premier danese: “Qualsiasi discussione sulla Groenlandia deve iniziare e finire a Nuuk”

Nel giorno della visita di Donald Trump Jr nell’isola artica, la premier della Danimarca ha affermato che ”la Groenlandia è un Paese fantastico, con un suo popolo, una lingua e una cultura”. E quindi, ha ribadito, ”invito tutti, gli alleati e i partner all’estero, ma anche per i politici qui in patria, a rispettare il fatto che siamo in una nuova era e che qualsiasi discussione sulla Groenlandia deve iniziare e finire a Nuuk e non in altri posti”.

Rispetto ai rapporti con gli Stati Uniti, Frederiksen ha detto ”non vedo l’ora di lavorare con la nuova amministrazione americana. Abbiamo avuto un’ottima collaborazione con quello attuale e sono sicura che avremo lo stesso con la nuova”.

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La Danimarca pianifica una presenza più massiccia in Groenlandia

Ma proprio in questi giorni, anche se il tempismo è secondo il ministro della Difesa danese Troels Lund Poulsen “un’ironia della sorte”, il Regno aumenta le spese per la difesa e vara un piano che dovrebbe valere 1,5 miliardi di dollari. Un investimento record per il Paese, che grazie ad esso potrà acquistare due navi per controllare la Groenlandia, due droni ultramoderni a lungo raggio e due team per slitte di cani. Potrà anche potenziare lo staff del Comando Artico a Nuuk e realizzare interventi strutturali in uno dei tre principali aeroporti dell’isola, che sarà in grado di accogliere i jet F-35. “Per molti anni non abbiamo investito nell’Artico, ora pianifichiamo una presenza più massiccia“, ha spiegato Poulsen.

Anche la Danimarca evidentemente ritiene indispensabile aumentare la propria presenza in un’area in cui l’influenza di Cina e Russia è concreta. E anche quella Usa, evidentemente.

In tutto ciò come si inserisce l’Unione europea, dato che l’isola non ne fa parte ma è classificata come ” Territorio d’oltremare associato all’Ue” e che quasi tutti i suoi circa 55mila abitanti sono cittadini dell’Unione? Per ora in pratica non si sta inserendo: “Non commentiamo i commenti”, ha dichiarato brevemente sulla questione Anouar El Anouni, portavoce dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

Ma le ultime minacce di Trump potrebbero portare a prendere posizioni più articolate, mentre l’Unione già da mesi era preoccupata dal ritorno del tycoon alla Casa Bianca.

Le mire territoriali di Trump: non solo Groenlandia

Come detto, l’idea di Trump di comprare la Groenlandia non è nuova, l’aveva già lanciata durante il primo mandato, arrivando a cancellare una visita di due giorni in Danimarca nel 2019 dopo che la premier Frederiksen l’aveva definita “assurda”.

Ma il secondo mandato Trump parte più consapevole del primo, basti pensare all’impatto di MAGA e a Project 25, e l’idea appare rientrare in un piano più ampio di espansione territoriale e di controllo, che coinvolge anche il canale di Panama e il Canada.

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Quanto a Panama, l’obiettivo del presidente di riprenderne il controllo si inserisce nel contrasto al potere di Pechino, come suggerito dallo stesso presidente eletto su Truth, dove ha parlato di una crescente influenza della Cina sul canale, che è una rotta marittima chiave per gli scambi delle imprese americane tra Atlantico e Pacifico e per gli interessi di Washington.

Il controllo del Canale, completato dagli Stati Uniti nel 1914, è stato interamente restituito al Paese centroamericano nel 1999. Ma se Panama non sarà in grado di garantire “il funzionamento sicuro, efficiente e affidabile” di questa rotta marittima, “chiederemo allora che il Canale di Panama ci venga restituito, per intero e senza domande”, ha dichiarato Trump.

Quanto invece al Canada, le mire del tycoon di farne il 51mo Stato Usa hanno trovato nuova spinta nelle dimissioni, ieri, del premier Justin Trudeau, in crisi di popolarità dopo 10 anni passati alle redini della nazione; dimissioni date per consentire al partito liberale di trovare una nuova leadership in vista delle elezioni di ottobre.

Un’occasione per Trump di insistere su Truth: “Canada, entra negli Usa“. “Molte persone in Canada amano essere il 51esimo stato”, ha continuato il prossimo presidente Usa aggiungendo che se il Paese “si unisse agli Stati Uniti non ci sarebbero dazi, le tasse scenderebbero e sarebbero completamente sicuri dalle minacce delle navi russe e cinesi che costantemente li circondano. Insieme che grande nazione saremmo”.

Ma quanto dovrebbe sborsare Trump?

Se mai si arriverà a una compravendita, sempre che Trump non decida di passare alle vie di fatto, quanto costa la Groenlandia? Si tratta dell’isola più grande del mondo (per confrontarla con gli Usa, è tre volte più vasta del Texas), e il suo valore strategico, per Washington, è noto da decenni. Già dopo la Seconda Guerra Mondiale il presidente Harry Truman provò ad offrire senza successo 100 milioni di dollari. Secondo il Washington Post, nel 2019 sarebbero serviti 1,7 trilioni di dollari (1,7 mila miliardi). Ma oggi, con l’inflazione galoppante e un mondo sempre più incerto, chissà.



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