Perché non ci azzecca l’anti americanismo con il caso di Cecilia Sala

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Nel caso di Cecilia Sala, è in corso una manovra mediatica che si propone di ‘’spiegare’’ il sequestro come reazione all’arresto dell’ingegnere svizzero-iraniano trafficante in componenti di droni. Ne deriva che la prima mossa all’origine della nuova crisi internazionale sarebbe attribuibile al ‘’Grande Satana’’. Il commento di Cazzola

Auspico che il dramma di Cecilia Sala si risolva al più presto in tutti i modi possibili e senza troppi riguardi. Lo scrivo per solidarietà con la giovane donna e apprezzata giornalista, con il Foglio che è il solo quotidiano che leggo abitualmente, con i genitori di Cecilia che hanno dimostrato responsabilità, compostezza e dignità pur nel dolore: qualità che ritenevo scomparse dopo aver assistito al comportamento di Roberto Salis nella vicenda in cui venne coinvolta sua figlia Ilaria.

Confesso, però, che nel caso di Cecilia c’è un motivo in più di carattere personale. Dal 22 febbraio 2022 ad oggi – passando per il 7 ottobre 2023 – ho scoperto di vivere in un mondo nel quale sono emerse problematiche e attitudini che consideravo riposte, per sempre, nell’immondezzaio della storia. Problematiche e attitudini che, per quanto mi riguarda, è sempre più difficile accettare e che giustificherebbero (è assurdo fare un discorso così alla veneranda età di 84 anni) una guerra civile, perché non vi può essere rispetto e tolleranza nei confronti di certe posizioni come quelle emerse in vasti settori dell’opinione pubblica, impegnati fino allo spasimo nel dare torto a chi ha ragione. Ciò, in nome di un maledetto imbroglio che viene chiamato ‘’complessità’’ dell’iniziativa politica e diplomatica per la salvaguardia della pace.

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Il percorso è già allo scoperto: si passa dal giustificare gli aggressori e si arriva a condividerne le azioni e gli obiettivi. Qualcuno ha provato ad imbrogliare, ma anche per le più irriducibili facce da c..o (e ce ne sono state tante!) è divenuto impossibile, nella guerra in Ucraina, disconoscere chi è l’aggredito e chi l’aggressore. Nel corso dei 1045 giorni in cui quel valoroso popolo ha difeso la sua e la nostra libertà, non c’è stato un momento in cui, dal Papa all’ultimo saltimbanco televisivo, non si sia cercato di individuare degli alibi e delle attenuanti specifiche per l’aggressione e i massacri perpetrati dalla Russia di Putin e dal codazzo dei suoi prosseneti, trasformati in carne da cannone. Fino a chiedere la cessazione dell’assistenza militare per avviare negoziati di pace che non potrebbero che tradursi in una resa.

I “pacefinti” sperano che Trump sia di parola e che si faccia promotore del disarmo morale dell’Occidente nei confronti del nuovo imperialismo russo provocato – ecco il nostro complesso di colpa – dall’esigenza del Cremlino di difendersi dall’accerchiamento dei paesi aderenti alla Nato che “abbaiano” minacciosi lungo i suoi confini. Tanto che, oggi, è diventato Zelensky l’uomo da bruciare perché ha troppe pretese, per essere un ex ballerino. Si osservi che cosa è successo sui media di ieri dove si è data – con un evidente tocco di compiacimento – la notizia della diserzione in massa di un reparto dell’esercito ucraino addestrato in Francia (così Macron impara!) mentre era iniziata un’inattesa offensiva ucraina sul versante cruciale di Kursk.

In Palestina, dopo il 7 ottobre, a fronte dei massacri operati da Hamas (con la cattura di ostaggi civili di ogni età e condizione, i cui sopravvissuti sono tuttora nelle mani dei terroristi) un premier, che ha reagito all’aggressione e rimane risoluto a sgominare i nemici dell’esistenza del suo popolo, viene criticato e malvisto nel contesto mondiale dell’ipocrisia, deve sfidare le condanne della comunità internazionale (che gli ha emesso un ordine di arresto). Con questa linea di condotta, però, il premier israeliano ha conseguito importanti successi (rappresentati come crimini di guerra) contro le bande di terroristi e ha indebolito il regime della barbe finte dell’Iran, in combutta con la Russia e con tutti i governi canaglia del mondo.

Se l’Ucraina combatte anche per noi, per difendere i nostri valori e la nostra sicurezza, a Israele va riconosciuto il merito di vincere anche per noi. Perché in questa guerra, combattuta su di un fronte che attraversa tutto il pianeta, non ci sono alternative alla vittoria.

Eppure in Italia ci siamo distinti – soprattutto nelle Università – nel bandire – in nome di una Palestina libera dal fiume al mare – i cittadini e le istituzioni di religione e cultura ebraica, facendo riemergere di contrabbando il virus dell’antisemitismo. E anche in questo caso gli aggrediti sono diventati aggressori. Nelle manifestazioni contro la violenza abbiamo assistito alla cacciata delle donne ebree, abbiamo sentito slogan di elogio per Hamas, Hezbollah e i loro capibanda eliminati dagli israeliani.

Mi fermo qui, ma mi sento di denunciare che, nel caso di Cecilia Sala, è in corso una manovra mediatica che si propone di “spiegare” il sequestro come reazione all’arresto dell’ingegnere svizzero-iraniano trafficante in componenti di droni. Ne deriva che la prima mossa all’origine della nuova crisi internazionale sarebbe attribuibile al “Grande Satana”. Il sequestro di una giovane donna italiana si iscriverebbe in quella logica. Cecilia non c’entra nulla, ma la cattura di una giornalista è destinata a compiere il giro del mondo e a conferire a chi non ha nulla da perdere un maggior potere contrattuale. Così, se le trattative andassero per le lunghe ci toccherebbe di assistere a manifestazioni per la libertà di Abedinidavanti alla Ambasciata americana.



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