«L’intelligenza artificiale ha un ruolo chiave»

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In Italia stanno aumentando le segnalazioni di operazioni bancarie che sarebbero eseguite dalle mafie. È quanto emerge da un report elaborato da Unimpresa (Unione nazionale di imprese), che ha preso in considerazione i dati Uif (Unità di informazione finanziaria), autorità istituita presso la Banca d’Italia che ha funzioni di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Un’analisi, quella di Unimpresa, che fornisce dati non scontati e che rivela elementi non banali. Infatti se da una parte le segnalazioni di operazioni bancarie sospette sono diminuite del 3 per cento negli ultimi dodici mesi, le segnalazioni di operazioni bancarie sospette riconducibili alle organizzazioni mafiose sono cresciute, e di molto: nel 2021 sono state 22.654 su 139.524 (cioè il 16,27 del totale), nel 2022 sono state 28.688 su 155.426 (18,46 per cento), nel 2023 – il periodo preso in considerazione dal report pubblicato pochi giorni fa – sono state 53.046 su 150.418 (cioè il 35,26 per cento del totale). Come si può notare, tra il 2022 e il 2023 le segnalazioni relative a possibili movimenti di denaro fatti dalla criminalità organizzata sono aumentate dell’85 per cento, mentre quelle totali sono diminuite di circa cinquemila unità, anche se c’è da considerare che tra il 2021 e il 2022 erano aumentate di quasi 16mila.

«Le organizzazioni criminali si sono adeguate», dice a MeridioNews Gabriele Urzì, dirigente nazionale del sindacato Fabi (Federazione autonoma bancari italiani) e responsabile Salute e Sicurezza della sezione Fabi di Palermo. «Le nuove tecnologie sono entrate nel mondo della finanza – dice Urzì – In banca ci sono controlli stringenti, non ci sono falle, ma è difficilissimo accorgersi di tutto». Ma come funzionano questi movimenti illeciti di denaro? Chi li fa? «Spesso si tratta di cosiddetti prestanome, società di comodo» dietro le quali ci sono anche persone legate alle mafie. L’obiettivo è chiaro: riciclare i soldi che vengono da guadagni illegali (commercio di droga, estorsioni e altre attività criminali). «Una volta si doveva andare in banca con la valigetta – dice Urzì al nostro giornale – mentre ora da un pc o da uno smartphone si possono fare molte cose».

Se guardiamo al numero di operazioni sospette segnalate nelle diverse Regioni italiane, un dato molto interessante è quello che riguarda la Sicilia e le sue due città più grandi: Palermo e Catania. La nostra Regione è all’ottavo posto, con 8672 segnalazioni, cioè il 5,8 per cento del totale; prima di noi tante Regioni del Nord: primo posto – e di gran lunga – per la Lombardia (27.462, cioè il 18,3 per cento del totale), poi Campania (15.903, il 10,6 per cento) e Lazio (15.872, il 10,6 per cento). E prima di arrivare da noi ci sono Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte e Toscana. Questo per quanto riguarda le operazioni che non sarebbero effettuate dalle mafie. Se consideriamo le segnalazioni di operazioni dietro le quali potrebbero esserci le mafie, la tendenza è la stessa: primo posto per la Lombardia (con il 18 per cento delle segnalazioni totali), poi la Campania (14,5 per cento), terzo il Lazio (12,6 per cento); la Sicilia è più indietro (6,2 per cento). Sempre parlando di segnalazioni legate alla criminalità organizzata, la provincia di Roma risulta prima – 10,3 per cento di operazioni bancarie sospette – poi c’è quella di Milano (9,8 per cento), terza quella di Napoli (9,7 per cento). La provincia di Palermo è settima (1072 segnalazioni, cioè il 2 per cento del totale), mentre quella di Catania è undicesima (743, cioè l’1,4 per cento). Questo cosa ci dice?

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«Intanto ci dice che per le organizzazioni mafiose non ci sono più confini – spiega Urzì al nostro giornale – e poi che Palermo e Catania sono indietro perché Milano e Roma hanno economie più solide delle nostre. Dopotutto il giudice Falcone diceva follow the money (segui i soldi, ndr) e aveva ragione». Il sindacalista dice anche che «è molto più facile fare attività illecite senza maneggiare materialmente i contanti ed è questo che rende tutto più complicato, nonostante i controlli e gli alert che scattano quando si fanno versamenti importanti»; controlli che le banche fanno sulla scorta di norme legislative, come la normativa antiriciclaggio. «Gli istituti bancari fanno la loro parte – dice Urzì – così come la fanno le forze dell’ordine, ma i numeri in aumento ci dicono anche che i delinquenti e i criminali hanno fatto un salto di qualità». Oltre alle molte altre nuove tecnologie, per il sindacalista «un ruolo importante ce l’ha l’intelligenza artificiale: strumento utilissimo, che si usa tantissimo in banca e in molti tipi di aziende, ma che è anche un mezzo in mano ai criminali, che possono farne un uso malevolo».

Quindi che fare? «Servono normative più rigide e l’applicazione di controlli interni più severi all’interno delle istituzioni finanziarie», dice Urzì. Secondo il sindacalista, servono anche «politiche di verifica più rigorose da parte delle banche per tutti i nuovi conti e per le transazioni di grande valore», oltre a «maggiore collaborazione interistituzionale, maggiore formazione e sensibilizzazione», con maggiori investimenti su «programmi formativi specifici per i dipendenti bancari e campagne di sensibilizzazione pubblica», per «educare il pubblico sui rischi e le tecniche di prevenzione del riciclaggio». E poi «l’implementazione di tecnologie avanzate, come l’intelligenza artificiale e l’analisi dei dati, al fine di migliorare significativamente le capacità di rilevamento delle attività sospette». Anche perché «non siamo più nell’epoca del mafioso di campagna, quello con la coppola e con la lupara, ma parliamo di una mafia molto attrezzata. Basti pensare – conclude Urzi – che nel 2023 le segnalazioni di operazioni sospette in relazione a denaro sporco che le mafie avrebbero mosso sui canali digitali sono state 4956, cioè il 9,3 per cento del totale».





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