(di Avv. Umberto Lanzo)
La dinamica e le indagini
Il comando provinciale dei carabinieri di Rimini ha diffuso i risultati dell’autopsia sul corpo di Muhammad Sitta. L’esame ha rivelato cinque colpi di arma da fuoco: due rimbalzi alle gambe, compatibili con i colpi di avvertimento sparati a terra, uno alla spalla destra e gli altri tra torace e testa. Prima dell’avanzata verso il comandante, emerge da un filmato, il 23enne avrebbe “pronunciato una professione di fede islamica”, anche se viene precisato che “non sono emersi elementi che mettano in relazione il giovane ad ambienti o soggetti radicalizzati”.
Il quadro giuridico e le sue complessità
La legittima difesa nell’ordinamento italiano richiede precisi presupposti: l’insorgenza di un pericolo grave e attuale, l’ingiustizia dell’offesa, la costrizione, lo stato di necessità, l’involontarietà del pericolo e la proporzionalità tra offesa e reazione difensiva. Nel caso specifico, particolare rilevanza assume l’eccesso colposo (art. 55 c.p.), configurabile quando la reazione difensiva supera i limiti della necessità, pur senza una volontà specifica di commettere un reato.
Le proposte politiche e le loro contraddizioni
“È doveroso, da parte della magistratura indagare sui fatti e fare tutti i dovuti accertamenti”, afferma il capogruppo di FdI alla Camera Galeazzo Bignami, che però propone di “evitare l’iscrizione nel registro degli indagati per chi ha difeso l’incolumità pubblica indossando la divisa”. Una posizione che potrebbe presentare evidenti contraddizioni: l’iscrizione nel registro degli indagati è proprio lo strumento procedurale che permette quegli accertamenti definiti “doverosi”.
Il vuoto nelle tutele e il silenzio istituzionale
Mentre la comunità si mobilita con una colletta per sostenere le spese legali del comandante Masini, emerge l’assenza di un sistema di tutele istituzionali che dovrebbe farsi carico degli oneri procedurali per chi opera in nome della legge. L’Arma dei Carabinieri, sempre sollecita nel condannare pubblicamente comportamenti irregolari dei propri militari, mantiene in questo caso un significativo silenzio, limitandosi alla diffusione dei dati tecnici dell’autopsia.
Quando l’indagine non può aspettare: anatomia dell’avviso di garanzia
Nel teatro delle indagini preliminari esiste un momento cruciale, quello degli atti irripetibili, dove il diritto di difesa incontra l’urgenza investigativa. Come nel caso di Villa Verrucchio, dove l’autopsia rappresenta proprio uno di quegli atti che non si possono ripetere. È qui che entra in scena l’avviso di garanzia, spesso demonizzato dai media ma in realtà guardiano silenzioso dei diritti della difesa.
Immaginate un’autopsia, un’analisi di laboratorio su prove deperibili, o un accertamento tecnico che, una volta eseguito, non potrà mai più essere ripetuto. È in questi momenti che la legge impone all’accusa di “aprire le porte” alla difesa. Non è una cortesia procedurale, ma una necessità democratica: senza questa comunicazione, l’indagato si troverebbe davanti a risultati già cristallizzati, senza aver potuto nominare consulenti o far valere le proprie ragioni.
Il paradosso è che proprio questo strumento di garanzia, pensato per tutelare i diritti dell’indagato, è diventato nell’immaginario collettivo un marchio d’infamia. Ma nella realtà processuale rappresenta l’unica possibilità per la difesa di partecipare attivamente a quegli atti che, una volta compiuti, non potranno mai più essere ripetuti. Una sorta di “ora o mai più” della giustizia, dove il diritto di difesa deve manifestarsi nel momento stesso in cui l’atto viene compiuto.
L’impasse tra populismo e realtà costituzionale
L’analisi del caso di Villa Verrucchio mette in luce il contrasto tra proposte politiche di facciata e necessità concrete. La proposta di non iscrivere nel registro degli indagati gli appartenenti alle forze dell’ordine si scontra non solo con principi costituzionali fondamentali – in particolare con gli articoli 3 e 112 della Costituzione che garantiscono l’uguaglianza davanti alla legge e l’obbligatorietà dell’azione penale – ma anche con le garanzie procedurali che l’iscrizione stessa offre all’indagato.
Il vero nodo, sistematicamente ignorato nel dibattito politico, risiede nell’assenza di tutele concrete e immediate per chi opera in divisa. Mentre si alimentano polemiche mediatiche e si avanzano proposte di dubbia costituzionalità, resta irrisolta la questione centrale: la mancanza di un sistema automatico di supporto legale, economico e psicologico per gli operatori coinvolti in eventi critici durante il servizio.
Il silenzio delle istituzioni su questi aspetti concreti e l’assenza di proposte praticabili rivelano un approccio più interessato alla ricerca del consenso che alla soluzione effettiva dei problemi. La risposta non può essere la deresponsabilizzazione procedurale, ma la creazione di un sistema di tutele che accompagni gli operatori durante tutto l’iter giudiziario, salvaguardando al contempo i principi dello Stato di diritto e le necessarie verifiche sulla legittimità dell’uso della forza.
Tutele Legali per le Forze dell’Ordine: Dal Sistema Attuale alle Riforme Necessarie
TABELLA 1: CONFRONTO TRA PROPOSTE E REALTÀ GIURIDICA
Proposta politica | Ostacoli giuridici | Alternative concrete |
---|---|---|
Non iscrizione nel registro indagati | Art. 3 e 112 Costituzione | Tutele legali automatiche |
Evitare indagini per chi opera in divisa | Obbligatorietà azione penale | Copertura immediata spese |
Deresponsabilizzazione procedurale | Principi Stato di diritto | Supporto psicologico-professionale |
TABELLA 2: SISTEMA ATTUALE VS SISTEMA NECESSARIO
Aspetto | Situazione attuale | Riforma necessaria |
---|---|---|
Spese legali | A carico del militare | Copertura immediata statale |
Supporto psicologico | Assente/non strutturato | Assistenza automatica |
Tutele procedurali | Generiche | Specifiche per operazioni in servizio |
Costi difesa | Sostenuti privatamente | A carico dell’amministrazione |
Legittima Difesa: Guida Completa ai 12 Elementi Fondamentali
Elemento | Definizione |
---|---|
Definizione legittima difesa | Causa di giustificazione che permette autotutela per pericolo imminente e impossibilità di ricorso all’Autorità |
Art. 52 C.P. | “Non è punibile chi difende un diritto contro pericolo attuale di offesa ingiusta, con difesa proporzionata” |
Insorgenza pericolo | Aggressione ingiusta verso beni personali o patrimoniali, solo se inevitabile |
Attualità pericolo | Evento lesivo probabile e imminente, no difesa preventiva o successiva |
Ingiustizia offesa | Pericolo attuale di lesione diritto tutelato |
Costrizione | Unica scelta possibile per salvaguardare il bene giuridico |
Stato necessità | Pericolo attuale, non causato, non evitabile |
Involontarietà | Assenza di provocazione, sfide o situazioni cercate |
Proporzionalità | Equilibrio tra offesa e difesa, valutazione mezzi e circostanze |
Onere prova civile | A carico di chi si difende: prova certa della scriminante |
Onere prova penale | Dubbio favorevole all’imputato |
Eccesso colposo | Reazione sproporzionata senza volontà di reato |
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