Bullismo e autoritarismo avvelenano la scuola e la vita, impedendo di porre le basi della pace. Una riflessione di Francesco dalla parte dei giovani (S. Cavalleri e A. Sillioni)

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“Mai fare il bullying!” Il “bullismo prepara alla guerra”, mentre la scuola deve porre le basi per la pace, per un mondo “più giusto e fraterno”. Francesco ha affrontato il nodo dell’educazione (alla vita e quindi alla pace) nel suo discorso ai membri di AIMC, UCIID e AGeSC, rispettivamente Associazione Italiana Maestri Cattolici; Unione Cattolica Italiana Insegnanti, Dirigenti, Educatori, Formatori; Associazione Genitori Scuole Cattoliche, ricevuti in occasione dell’anniversario di istituzione.

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Francesco ha messo in guardia non solo dal bullismo praticato da compagni di scuola maleducati se non cattivi, ma anche dall’autoritarismo degli educatori, cioè di insegnanti e genitori, che può risultare altrettanto nocivo. “Il nostro incontro – ha detto – avviene nel tempo liturgico di Natale, un tempo che ci mostra la pedagogia di Dio. E qual è il suo ‘metodo educativo’? È quello della prossimità, la vicinanza. Dio è vicino, compassionevole e tenero. Le tre qualità di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza. La vicinanza, la prossimità. Come un maestro che entra nel mondo dei suoi alunni, Dio sceglie di vivere tra gli uomini per insegnare attraverso il linguaggio della vita e dell’amore. Gesù è nato in una condizione di povertà e di semplicità: questo ci richiama a una pedagogia che valorizza l’essenziale e mette al centro l’umiltà, la gratuità e l’accoglienza. La pedagogia distante e lontana dalle persone non serve, non aiuta. Il Natale ci insegna che la grandezza non si manifesta nel successo o nella ricchezza, ma nell’amore e nel servizio agli altri. Quella di Dio è una pedagogia del dono, una chiamata a vivere in comunione con Lui e con gli altri, come parte di un progetto di fraternità universale, un progetto in cui la famiglia ha un posto centrale e insostituibile”.

Secondo Papa Bergoglio, “questa pedagogia è un invito a riconoscere la dignità di ogni persona, a cominciare da chi è scartato e ai margini, come duemila anni fa erano trattati i pastori, e ad apprezzare il valore di ogni fase della vita, compresa l’infanzia. La famiglia è il centro, non dimenticatelo!”
“La pedagogia distante e ‘allontanata’ dalle persone non serve, non aiuta”. La pedagogia, come intesa dal Papa, “è un invito a riconoscere la dignità di ogni persona, a cominciare da chi è scartato e ai margini” e “ad apprezzare il valore di ogni fase della vita, compresa l’infanzia”.

Un ruolo “centrale e insostituibile” in tal senso ce l’ha la famiglia: “La famiglia è il centro, non dimenticatevi”, ha sottolineato il Papa, distaccandosi dal testo scritto. E ha riportato ancora una volta l’aneddoto di una persona che, una domenica a pranzo in un ristorante, ha visto al tavolo vicino una famiglia – papà, mamma, figlio e figlia – tutti con il cellulare, senza comunicare fra di loro.
Questo signore ha sentito qualcosa e si è avvicinato e gli ha detto: ‘Ma voi siete famiglia, perché non parlate fra voi e parlate così, è una cosa strana…’. Lo hanno ascoltato, lo hanno mandato a quel paese e hanno continuato a fare queste cose… Per favore, in famiglia si parli! Famiglia è dialogo, il dialogo che ci fa crescere”.

Un buon insegnante uomo o donna di speranza “ha molto da dire al mondo dell’educazione e anche al mondo della scuola”. “Pellegrini di speranza” – tema dell’Anno Santo – sono infatti “tutte coloro che cercano un senso per la propria vita e anche coloro che aiutano i più piccoli a camminare su questa strada”. Un buon insegnante è infatti “un uomo o una donna di speranza, perché si dedica con fiducia e pazienza a un progetto di crescita umana”. Non una speranza “ingenua”, bensì “radicata nella realtà, sostenuta dalla convinzione che ogni sforzo educativo ha valore” e che “ogni persona ha una dignità e una vocazione che meritano di essere coltivati”.

In questa prospettiva quella della scuola è dunque “una missione fondamentale” non un “contenitore”, ma un luogo in cui tutti coloro che vi vivono e lavorano – studenti, insegnanti, genitori, dirigenti, personale – camminano insieme. In fondo è stata questa l’intuizione iniziale delle associazioni: “associarsi” con lo scopo di “migliorare la scuola, che per sua natura è una comunità, una comunità bisognosa del contributo di tutti”. Da qui ancora un invito: “pensate ai giovani insegnanti che muovono i primi passi nella scuola e alle famiglie che si sentono sole nel loro compito educativo”. Ciò che serve è un “patto tra le associazioni”, così da “testimoniare meglio il volto della Chiesa nella scuola e per la scuola”.

Sante Cavalleri



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