Palermo – Omicidio politico lo fu certamente, politico e anche mafioso. Ma di matrice mafiosa, non di terrorismo politico. Quarantacinque anni dopo, sul delitto Piersanti Mattarella del 6 gennaio del 1980, si scrive l’ennesimo capitolo che fa ripartire l’indagine quasi da zero, per quel che riguarda le responsabilità nell’esecuzione materiale: i killer, secondo la procura di Palermo, che li ha iscritti nel registro degli indagati, furono due uomini di Cosa nostra, come ha scritto La Repubblica, Antonino Madonia (Nino) e Giuseppe Lucchese, detto il Lucchiseddu.
A uccidere il presidente della Regione siciliana, fratello dell’attuale presidente della Repubblica, il 6 gennaio del 1980, sarebbero stati loro due: lo dicono da sempre alcuni pentiti, che già nel passato avevano puntato il dito contro il figlio del capomafia “competente per territorio” su via Libertà, luogo in cui Piersanti Mattarella venne assassinato; lo dice la sua somiglianza con il terrorista nero Giusva Fioravanti, che fu processato e assolto dall’omicidio (così come Gilberto Cavallini, anche lui dei Nar). Lo dice anche una foto tratta dagli archivi del Giornale di Sicilia e ritrovata nei mesi scorsi dalla Dia, l’inquadratura di un’auto ripresa sul luogo del delitto e i cui occupanti sarebbero riconducibili al clan di Resuttana: una presenza inquietante, diretta a capire, come spesso avveniva, a seguire le fasi successive all’attentato eccellente.
L’individuazione di Madonia e Lucchese non esclude del tutto la pista nera (comunque non percorribile più nei confronti di Fioravanti e Cavallini, a causa della loro assoluzione, definitiva da un quarto di secolo) ma apre uno scenario tutto siciliano, un grumo di interessi fra politica e imprenditoria colluse e ambienti di Cosa nostra, in cui spiccava il politico mafioso (o mafioso politico) per antonomasia, Vito Ciancimino, uno dei tanti depistatori delle indagini, con le sue confidenze ai questori dell’epoca, specialità dell’ex sindaco che, un paio di anni dopo Mattarella, ci riprovò con Pio La Torre, il cui omicidio venne inquadrato come un “affare interno al Pci”, la famosa “pista interna” rivelatasi una bufala.
Ciancimino era il più corleonese dei corleonesi, un clan sanguinario e rampante che all’epoca non ancora alla guida della mafia palermitana, controllata dal triumvirato Bontate-Inzerillo- Badalamenti. La vecchia mafia, che con manovalanza e strategia di assalto allo Stato, tipica dello stile arrembante di Totò Riina e del cognato Leoluca Bagarella, aveva scatenato l’offensiva assassinando nel 1979 il giornalista Mario Francese, il segretario provinciale della Dc Michele Reina, il vicequestore Boris Giuliano, il giudice Cesare Terranova e, il 6 gennaio 1980, Mattarella, a cui fecero seguito il capitano Basile e il procuratore Gaetano Costa. Piersanti Mattarella, il presidente della Regione dalle “carte in regola”, pagò la politica nuova, la volontà di rinnovare la Dc e le aperture al Pci, ma soprattutto la sfida al meccanismo del controllo militare di appalti e lavori pubblici. Inutili i suoi appelli alle massime cariche dello Stato, al presidente Pertini come al ministro degli Interni Virginio Rognoni, ai quali cercò di far capire la gravità e la specificità della situazione siciliana. Il rinnovamento di Piersanti Mattarella andava fermato con un delitto eclatante, in pieno centro di Palermo, sotto l’abitazione del presidente e del fratello futuro capo dello Stato, tra i primi a soccorrere il congiunto morente.
La voglia di sicurezza e di normalità anche nella vita di tutti i giorni, aveva portato Piersanti a lasciare libera la scorta, quella domenica dell’Epifania del 1980. E i killer lo sapevano e lo aspettavano, con freddezza: nonostante una delle due pistole si fosse inceppata Madonia ebbe il tempo di tornare all’auto con cui era arrivato sul luogo del delitto, di farsi passare una micidiale Smith&Wesson da Lucchese e di tornare a finire il proprio compito. La vedova, Irma Chiazzese, indicò come killer Giusva Fioravanti, forse tratta in inganno dalla somiglianza con Nino Madonia. Oggi quella somiglianza di 45 anni fa è un ulteriore indizio contro il killer di mille altri delitti.
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