1925. L’anno in cui la Massoneria venne messa al bando per legge dal fascismo – Grande Oriente d’Italia

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Il 1925 è l’anno in cui la Massoneria del Grande Oriente d’Italia venne messa al bando per legge dal fascismo. Un anno che segna anche l’inizio della trasformazione della leadership di Benito Mussolini da una dittatura mascherata a un regime apertamente autoritario, con le camicie nere, le milizie paramilitari, intente a intensificare la campagna di intimidazione e repressione contro gli oppositori politici avviata già all’indomani della marcia su Roma del 28 ottobre del 1922. Un’ondata di violenza che si tradusse in vere e proprie mattanze, pestaggi, distruzione delle sedi dei partiti avversari, arresti arbitrari e, in molti casi, omicidi, come accadde nella notte del 3 e 4 ottobre a Firenze, quando venne trucidato il libero muratore Giovanni Becciolini, alla cui vicenda il Gran Maestro Stefano Bisi ha dedicato un’accurata ricostruzione storica contenuta nel volume “Le dittature serrani i cuori” (Betti).

Le camicie nere agirono con il tacito sostegno del governo, creando un clima di terrore che paralizzò ogni tentativo di resistenza. Molti esponenti dell’opposizione furono costretti all’esilio o al silenzio, mentre i sindacati vennero sciolti e così altre associazioni non allineate al regime nascente. Questa violenza sistematica servì non solo a eliminare gli oppositori, ma anche a consolidare il controllo sociale e politico del regime.

Le leggi fascistissime e la dittatura

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Contemporaneamente Mussolini avviò una serie di riforme legislative che consolidarono il suo potere, emanando le cosiddette “leggi fascistissime”, che completarono il processo di smantellamento dello Stato liberale e trasformarono l’Italia in uno Stato totalitario. Il primo di questi provvedimenti, mirato proprio a spegnere la voce della Libera Muratoria, fu ratificato il 26 novembre 1925 e pubblicato con il numero n. 2029 sulla Gazzetta ufficiale del 28 novembre. Promulgata da re Vittorio Emanuele III, firmata dal capo del governo Benito Mussolini, visto il Guardasigilli Alfredo Rocco, la normativa dal titolo “Regolarizzazione delle attività delle associazioni, enti e istituti e dell’appartenenza ai medesimi del personale dipendente dallo Stato, dalle provincie, dai comuni e da istituti sottoposti per legge alla tutela dello Stato, delle provincie e dei comuni” restringeva il diritto di associazione, sottoponeva le associazioni al controllo della polizia e adottava misure repressive più severe.  Approvata ad ampia maggioranza dai due rami del Parlamento, mise definitivamente al bando la Libera Muratoria, segnando l’inizio della fine di tutte le libertà civili.

A precederla, più di due anni di saccheggi e di assalti alle logge perpetrati  dalle camicie nere sull’onda dell’odio nei confronti dei massoni seminato dal Partito Nazionale Fascista, che, prima che il disegno di legge approdasse alla Camera, il 14 aprile 1925,  emise una circolare, la numero 4,  diramata a tutte le sue Federazioni, in cui si diceva : “la Massoneria costituisce in Italia l’unica organizzazione concreta di quella mentalità democratica che è al nostro partito e alla nostra idea della Nazione nefasta ed irriducibilmente ostile, che essa, ed essa soltanto, permette ai vari partiti, borghesi e socialisti, dell’opposizione parlamentare ed aventiniana, la resistenza, la consistenza e l’unità di azione”.  L’8 agosto dell’anno precedente il Consiglio Nazionale fascista aveva anche approvato un ordine del giorno che ratificava la rottura definitiva con la Massoneria

Il testo della normativa, elaborato già a partire da gennaio, era tra le priorità assolute del governo e del partito fascista. La discussione in aula venne fissata per il 16 maggio. Relatore della proposta era Emilio Bodrero, tra i più virulenti avversari della Libera Muratoria all’interno del Pnf, sostenitore di feroci campagne anti-massoniche.

Tra i pochissimi deputati presenti in aula nel giorno della discussione, Antonio Gramsci che prese la parola per scagliarsi contro la  legge. Fu anche il suo primo e unico intervento in un parlamento ormai completamente fascistizzato. Ma la sua, come avverte lo storico e Gran Maestro Onorario del Grande Oriente Santi Fedele, non fu  un’arringa in difesa dei massoni ma una lucida denuncia contro la deriva liberticida in atto.



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