Christos Panagiotakopoulos, il greco scappato da Venezia tra i casi citati dagli Usa per tenere Abedini in galera

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di
Roberta Polese

Ricercato dall’Fbi per frode e truffa, fermato al porto lagunare, riuscì a sfuggire all’estradizione

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Il caso internazionale in cui è finita la giornalista Cecilia Sala, detenuta in Iran dal 19 dicembre scorso, ha un inedito risvolto veneto. Nel dossier presentato dagli Stati Uniti ai giudici della Corte d’Appello di Milano per chiedere l’estradizione del trentottenne iraniano Mohammad Abedini Najafabadi, accusato dagli Usa di terrorismo e in carcere a Opera, si fa riferimento a un caso giudiziario avvenuto a Venezia cinque anni fa: quello che ha per protagonista Christos Panagiotakopoulos, classe 1980, nato a Manhattan e con doppia cittadinanza, greca e americana. Per convincere i giudici a negare i domiciliari all’iraniano, gli statunitensi hanno portato ad esempio sette casi in cui i ricercati dagli americani sono scappati dopo essere stati scarcerati dai tribunali italiani.

Il ricorso

Tra questi c’è il caso di Panagiotakopoulos arrestato nel 2019 al porto di Venezia dalla polizia di frontiera perché ricercato in virtù del mandato di arresto emesso dal tribunale della Florida, e poi rientrato in Grecia in attesa dell’esito della Cassazione alla quale aveva fatto ricorso dopo che la Corte lagunare aveva acconsentito all’estradizione: nelle more del giudizio della Suprema Corte, i giudici lagunari avevano concesso al greco-americano le misure di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, obbligo di dimora nel territorio del comune di Venezia e Mestre e divieto di espatrio, lui è rimasto per qualche mese in Italia, poi se ne è andato.




















































Le manette

Le accuse mosse dal tribunale della Florida a Panagiotakopoulos erano di frode e truffa. Nel 2002, ossia quando aveva 22 anni, il greco-americano avrebbe truffato l’IBM facendosi spedire sette processori 900 MHZ fingendo di doverli cambiare ad altrettante macchine IBM in garanzia. Un’operazione da 168.359 dollari. L’IBM scoprì presto che quella garanzia era fasulla. Partì così la denuncia alle autorità locali. L’Fbi lo arrestò, lui uscì su cauzione e si rese irreperibile. Un mandato di arresto internazionale del tribunale di Gainesville in Florida venne emesso nel febbraio del 2005. Da anni del cittadino greco-americano non si è più saputo nulla. Fino al 30 novembre del 2019, ossia quando Panagiotakopoulos viene identificato dalla polizia di frontiera al porto di Venezia mentre sta sbarcando da un traghetto nella sua Mercedes con accanto quello che dichiara essere suo cugino. L’uomo, una volta identificato come ricercato internazionale, viene arrestato.

Il reato federale

Il 2 dicembre del 2019 la Corte d’Appello convalida l’arresto e dispone la custodia cautelare in carcere, ma il 23 dicembre la misura viene modificata con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, obbligo di dimora nel territorio del Comune di Venezia e Mestre e divieto di espatrio. Nel frattempo il cittadino greco-americano presenta alla Corte, che dovrà decidere sulla sua estradizione, una serie di elementi che dovrebbero scagionarlo dalle accuse. Ammette di aver avuto i processori ma dice di averli restituiti, invoca il ne bis in idem sostenendo di aver già pagato il suo pegno con la giustizia in California e che le accuse della Florida sono le stesse. Gli Usa replicano che il suo è un reato federale, quindi commesso in più Stati. Ai giudici italiani Panagiotakopoulos fa notare che in America sarebbe condannato a 140 anni di pena. La Corte d’Appello, che non può entrare nel merito delle accuse, ritiene valido l’impianto probatorio americano e decide: l’uomo può essere estradato. Lui però fa ricorso in Cassazione e nel frattempo torna in Grecia.

Il provvedimento non può essere eseguito

La Cassazione accoglie il suo ricorso per il semplice motivo che lui non è presente in Italia, pertanto il provvedimento non può essere eseguito. La sentenza si chiude così: «L’interpol con nota del 12 febbraio del 2021, ha comunicato che l’estradando è risultato risiedere in Grecia e che l’Autorità giudiziaria greca ha reso noto di non poter estradare il predetto verso gli Stati Uniti per la sua cittadinanza».

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