Puglia, legge su nomine pubbliche: Emiliano denuncia Capone

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Un caso senza precedenti. Uno scontro frontale talmente aspro da finire con un esposto in Procura. E non sarebbe certamente un fatto anomalo se al centro di questa vicenda non ci fossero le due più alte cariche politiche e istituzionali della Puglia: il governatore Michele Emiliano e la presidente del Consiglio regionale, Loredana Capone. Uno, il magistrato prestato alla politica che da 20 anni detta le regole nel centrosinistra pugliese; l’altra, avvocata e vicepresidente nazionale del Partito democratico. A farli finire ai ferri corti, un emendamento proposto dalla consigliera regionale dell’ala grillina del Movimento 5 Stelle, Antonella Laricchia. Un emendamento sul quale si è consumato un pasticcio senza precedenti e che ha spinto il governatore a chiedere l’intervento della magistratura. Per capire tutti i passaggi di questa ingarbugliata vicenda che, però, non è ascrivibile solo ad un fatto meramente tecnico, va fatto un passo indietro.

Durante la maratona notturna che la notte del 18 dicembre scorso, ha portato all’approvazione del Bilancio di previsione della Regione Puglia, la Laricchia presenta un emendamento che, in estrema sintesi, impone un controllo alle nomine politiche della giunta regionale. Una commissione prima e il Consiglio regionale poi devono esprimere un parere sul nome che il presidente della Regione intende candidare per un ruolo nelle agenzie regionali o negli staff. L’obiettivo è frenare la discrezionalità delle nomine ma non solo, anche impedire ai “trombati” della politica di essere ripescati per un posto di primo piano negli apparati, per i cinque anni successivi all’elezione persa. Nonostante il parere negativo del governo, la votazione appare chiara: 24 voti a favore – quelli del centrodestra, dell’intero gruppo dei 5 Stelle, di Azione e del dem Michele Mazzarano, in aperta contestazione con la sua parte politica –, 20 contrari (i gruppi di centrosinistra) e 2 astenuti (Anita Maurodinoia e Vincenzo Di Gregorio, entrambi Pd). Di qui il pasticcio. Il monitor della votazione elettronica dichiara respinto l’emendamento, sebbene la presidente Capone, il vicepresidente del Consiglio in quota opposizione, Giannicola De Leonardis e la segretaria generale del Consiglio, Mimma Gattulli facciano subito notare che, trattandosi di un emendamento normativo e non finanziario, bastano 24 voti, la maggioranza semplice. Il governatore Emiliano, però, supportato dal suo vice e assessore alla Sanità, Raffaele Piemontese, obietta: essendo in voto il bilancio – è la tesi – occorre sempre la maggioranza qualificata, quindi 26 voti.

A nulla servono i tre tentativi della pentastellata di fermare i lavori per qualche minuto per poter approfondire la questione, certa com’è che per quella norma servisse la maggioranza semplice. “Approfondiremo” le viene detto. Cosa che la grillina ha preteso il giorno dopo, inviando due pec all’Ufficio di presidenza del Consiglio. Il 23 dicembre arriva la risposta: “Ha ragione, bastavano 24 voti”. E da questa consapevolezza nasce il secondo pasticcio: la legge viene corretta dagli uffici, inserendo l’emendamento Laricchia. Il giorno di San Silvestro, dunque, sulla scrivania del governatore arriva la legge da promulgare, diversa da quella approvata in aula giacché contiene un articolo in più. Emiliano non ci sta e, dopo aver anticipato via sms la decisione alla Capone, prende carta e penna e scrive al procuratore capo della Repubblica di Bari, Roberto Rossi, “non disponendo di alcun potere di controllo sulla legittimità sostanziale o formale della legge approvata dall’assemblea e non potendo perciò rifiutare la promulgazione della legge ancorché – per ipotesi – formalmente irregolare o giuridicamente inesistente, e ciò a garanzia delle prerogative dell’organo legislativo e della sua manifestazione di volontà” e con “il mero intento di consentire la conoscenza dei fatti e contribuire alla piena legittimità dell’operato di questa Regione nel rispetto del principio democratico di cui il voto assembleare è espressione”.

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Un’azione fortissima, senza precedenti in Puglia, che la presidente non commenta nel merito. Ma nella parte che attiene al suo operato sì. “Abbiamo rispettato il voto dell’aula che è sovrano in democrazia – spiega Loredana Capone – sono donna delle Istituzioni e questi principi sono cardine della mia azione quotidiana. L’ufficio di Presidenza ha doverosamente preso atto dell’errore formale che c’era stato in Consiglio regionale. Ora la questione sarà riportata in Consiglio regionale nei modi e nei termini previsti dal regolamento”. La questione, infatti, ora deve ritornare lì dove è nata, in aula. Subito dopo l’Epifania una riunione dei gruppi dovrà decidere le tempistiche del ritorno al voto. Ma ora nei corridoi già si parla di una modifica alla norma Laricchia. Di ufficiale non c’è nulla ma tra i banchi della maggioranza più di qualcuno è certo che si tenterà di presentare un emendamento abrogativo per blindare la discrezionalità delle nomine. Perché, tecnicismi a parte, raccontano di un Emiliano arrabbiatissimo per il cedimento della sua maggioranza su questo punto. E questa non è l’unica scivolata da sanare: attende di essere rivotato anche l’emendamento – approvato sempre in sede di Bilancio – che obbliga i sindaci che si vogliono candidare alle prossime elezioni regionali a dimettersi sei mesi prima della scadenza del mandato. Emendamento che, in quel caso, fu approvato grazie alla copertura del voto segreto anche da una nutrita pattuglia di consiglieri di maggioranza.

Intanto, però, dalle opposizioni partono dardi infuocati. Di “reazione scomposta” del governatore, parla Antonella Laricchia. “Questa reazione – è il commento – dimostra che probabilmente i miei sospetti sui tentativi di condizionare l’ufficio di presidenza durante l’ultima seduta di Consiglio Regionale erano fondati. La buona notizia è la richiesta di approfondimento fatta alla magistratura che probabilmente verificherà anche se quei tentativi di condizionamento siano legittimi”. “La norma proposta non limita le prerogative del governatore – continua Laricchia – ma introduce criteri di trasparenza, imparzialità e professionalità per le nomine regionali. È una misura a favore di tutti i cittadini pugliesi, che chiedono istituzioni più eque e nomine fatte per merito, non per giochi politici”. Per Forza Italia, quello di Emiliano “è un gesto estremo per tutelare gli appetiti clientelari utili a fini elettorali”. Così, in Puglia, inizia l’ultimo anno di legislatura del decennio Emiliano.



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