L’Occidente sconfitto e suicida. La denuncia di Emmanuel Todd

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Di saggi sulla crisi dell’Occidente, soprattutto negli ultimi tempi, ne sono stati pubblicati molti. Ma questo di Emmanuel Todd, come ha scritto Franco Cardini, “è qualcosa di più di un evento intellettuale – e morale – di straordinario rilievo. E’ una denuncia coraggiosa e una folgorante profezia”. Per dirla con Giorgio Agamben “forse per la prima volta con tanta lucidità e intelligenza uno storico, attraverso l’analisi demografica, delle strutture familiari, della scomparsa della religione e del trionfo del nichilismo in ogni aspetto della vita sociale, ci obbliga a fare i conti con lo sfascio e l’autodistruzione dell’Occidente”.

Lo storico e sociologo francese, famoso per aver previsto per primo il crollo dell’Unione Sovietica, offre una lettura degli eventi che si dipanano sotto i nostri occhi, a partire dalla guerra Russo-Ucraina, sfuggendo a stereotipi e interpretazioni correnti, con il piglio di chi non si ferma alla superficie, ma indaga su dinamiche più profonde con il precipuo scopo di far emergere le ragioni della “sconfitta” dell’Occidente.

Al centro della sua analisi c’è il declino demografico, morale ed economico delle società occidentali. Sul banco degli imputati salgono di volta in volta un po’ tutti i Paesi: dagli Stati Uniti al Regno Unito, dalla Francia alla Germania, dai paesi scandinavi a quelli dell’Europa orientale. Una analisi spietata, a volte persino esagerata, ma efficace nella sostanza. Tale, comunque, da scuotere le coscienze e porre interrogativi che spesso sfuggono al mainstream dilagante. Secondo Todd se il “Resto del mondo” preferisce sempre più chiaramente la Russia è perché “la sua indifferenza ai timori occidentali ha consentito all’economia russa di resistere allo shock delle sanzioni economiche. Più di recente, l’immoralità dell’Occidente di fronte alla questione palestinese, non ha fatto altro che rafforzare l’ostilità del Resto del mondo. E l’opera di macelleria compiuta a Gaza dallo Stato di Israele, soprattutto con armi americane e accettata dall’Europa e dagli Stati Uniti, ha spinto l’intero mondo musulmano dalla parte dei russi. Tanto che, complice la fragilità militare del mondo arabo e l’ostilità patologica degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran, la Russia è riuscita praticamente a porsi, senza particolari sforzi diplomatici, come una sorta di baluardo a difesa dell’Islam”.

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Alla luce di quanto accaduto recentemente in Siria, con il crollo del regime di Assad, sostenuto da Mosca, e la vittoria dei ribelli di al-Jolani, qualche elemento di novità rispetto al quadro delineato dallo storico francese pare esserci, anche se è prematuro un giudizio definitivo. Sta di fatto, sottolinea Todd, che “lungi dall’essere stata emarginata, la Russia è tornata a coprire un ruolo centrale nel mondo”.

Forte di questa consapevolezza, spiegata in ogni dettaglio nel libro, lo storico profetizza: L’Ucraina non potrà riconquistare, come era suo obiettivo (sotto la direzione tecnica del Pentagono), tutti i propri territori, compresi i popoli della Crimea e del Donbass, i quali non sono semplicemente russofoni, ma si considerano a tutti gli effetti russi. In futuro, gli storici guarderanno a questo piano condotto dal regime di Kiev per sottomettere le popolazioni russe come al segno distintivo di una guerra di aggressione promossa dall’Occidente”.

Se andrà a finire così, ovviamente, è presto per dirlo, tante sono le componenti in gioco e le variabili possibili. Lo stesso Todd ammette di muoversi nel campo di molteplici “incertezze” sull’esito del conflitto. Nella prefazione, scrive: “Nel libro esamino il modo in cui la potenza americana, in declino e persino in regressione, sia stata indotta in una trappola strategica dal regime di Kiev, la sua stessa creatura nata nella fase di espansione statunitense degli anni 1990-2007. C’è da dire che non si può che rimanere colpiti dal modo in cui, su due fronti, tanto in Ucraina quanto in Israele, gli Stati Uniti siano stati trascinati in conflitti sanguinosi, che minano il loro status di prima potenza mondiale, proprio da alleati radicalizzati che essi stessi hanno contribuito a formare. Se i russi dovessero centrare i loro obiettivi, ciò sarebbe la prova, per il mondo intero, dell’incapacità statunitense di sostenere i propri alleati e della loro inadeguatezza industriale a produrre armi a sufficienza, come pure della loro incompetenza militare, visto che la controffensiva dell’estate 2023 era stata pianificata dal Pentagono”.

Non meno tranciante è il giudizio di Todd sull’Europa e i leader europei, percepiti sia a Mosca che a Washington, alla stregua di vassalli, “come dei servitori che hanno perduto ogni capacità di azione autonoma”.  Nella comparazione tra le oligarchie liberali occidentali con la democrazia autoritaria russa, lo storico non dimentica di sottolineare come quest’ultima si caratterizzi per non poche violenze. La vicenda di Navalny, la messa in riga degli oligarchi russi è avvenuta per mezzo della violenza. Né va dimenticato il numero statisticamente significativo di dirigenti russi del settore petrolifero o del gas trovati morti in circostanze sospette, per un incidente o per suicidio, all’inizio della guerra.

Resta, però, il fatto che l’Occidente è oligarchico e che allo stato attuale il sistema della Nato, molto più che una protezione contro la Russia, rappresenta un meccanismo di controllo da parte di Washington sulle élite e sugli eserciti suoi vassalli.

Todd contesta agli Usa e all’Occidente l’incapacità di percepire il regime di Putin in termini diversi da quelli generali, il rifiuto di prendere in considerazione l’esistenza di una cultura russa capace di spiegarlo, il sottrarsi ad una lettura della diversità del mondo che ha di fatto impedito di avere una visione realistica della Russia.

“Era evidente – scrive – che la Russia postcomunista avrebbe mantenuto alcuni tratti comunitari nonostante l’adozione di un’economia di mercato; che una di queste caratteristiche sarebbe stata l’esistenza di uno Stato più forte che altrove; che un’altra sarebbe stato un modo diverso, rispetto a quello occidentale, di rapportarsi con le varie classi sociali da parte di questo Stato; e che un’altra ancora sarebbe stata l’accettazione, in misura differente, da parte di tutte le classi sociali di una certa forma di autoritarismo e di aspirazione a un’omogeneità sociale”.

Da antropologo e sociologo, oltre che storico, Todd cerca di scorgere gli elementi di crisi dell’Occidente a fronte di una “stabilità” della Russia. E’ proprio la guerra in corso a mettere in luce le sue carenze, non solo industriali, ma anche relative alle sue strutture familiari. Essenziale, per Todd, è il tema religioso. “All’origine e al centro dello sviluppo occidentale non troviamo il mercato, l’industria e la tecnologia, bensì una religione in particolare: il protestantesimo. Mi sto dunque muovendo da bravo allievo di Max Weber – confessa lo storico con una punta di ironia – il quale poneva la religione di Lutero e Calvino all’origine di quella che, all’epoca, sembrava essere la superiorità dell’Occidente. Tuttavia, a oltre un secolo dalla pubblicazione di L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, avvenuta nel 1904 e nel 1905, possiamo spingerci al di là di Weber in maniera affatto inedita. Se, come egli afferma, il protestantesimo è stato davvero la matrice del decollo dell’Occidente, allora è la sua morte, oggi, a causarne la dissoluzione, e più prosaicamente la sconfitta”. Ecco un male profondo che l’autore denuncia con forza. I costumi e i valori ereditati dalla religione iniziano a infiacchirsi o a disintegrarsi, per poi infine sparire; ed è allora, e solo allora, che appare ciò che stiamo vivendo: un vuoto religioso assoluto, in cui gli individui sono privi di qualsiasi credenza collettiva sostitutiva. Uno stato zero della religione. Ciò avviene allorché lo Stato-nazione si dissolve e trionfa la globalizzazione, in società atomizzate dove non è più neanche concepibile che lo Stato possa agire efficacemente. Questo stato complessivo sta portando l’Occidente verso il nichilismo, ossia verso una forma di idolatria del nulla.

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Di qui lo sfogo di Todd: “Ci hanno ossessionato con la distruzione creatrice schumpeteriana, ma ciò a cui in realtà stiamo assistendo, nell’economia come nella società, è la pura e semplice distruzione. Ed ecco che torna a perseguitarci il termine nichilismo”. Se, dunque, il Resto del mondo ha scelto la Russia è a causa dell’insieme di questi fattori, tra i quali spicca anche un certo narcisismo, quel sentirsi al centro del mondo, dell’Occidente, tanto nel ramo americano che in quello europeo. L’Occidente sembra essersi “congelato” da qualche parte tra il 1990 e il 2000, tra la caduta del muro di Berlino e un breve istante di onnipotenza. “Sono passati più di trent’anni dal crollo del comunismo – sottolinea Emmanuel Todd – ed è chiaro che ormai per il resto del mondo, soprattutto dopo la grande depressione del 2007-2008 esso abbia cessato di essere quel vincitore così degno di ammirazione. La globalizzazione che ha innescato si sta spegnendo e la sua arroganza è diventata esasperante. Il narcisismo occidentale e la sua conseguente cecità, si è trasformata in una delle principali armi strategiche della Russia”.

Insomma, lo storico francese, tra qualche esagerazione e crude realtà, ci invita a riflettere sui nostri limiti, su quella esasperante hybris di cui noi occidentali siamo diventati preda, annullando del tutto, o quasi del tutto, la comprensione di noi stessi e dei nostri difetti.

EMMANUEL TODD

“LA SCONFITTA DELL’OCCIDENTE”

Fazi Editore, pp. 360, Euro 20



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