Giustizia e coscrizione, Gallant sfida Netanyahu e lascia la Knesset

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La decisione di Yoav Gallant di dimettersi dalla Knesset rappresenta un segnale di profonda crisi politica e istituzionale in Israele. L’ex ministro della Difesa ha scelto di abbandonare il suo incarico non solo per esprimere il dissenso verso la controversa riforma giudiziaria del governo, definita un “pericolo chiaro e immediato”, ma anche per lanciare un forte monito sulla necessità di introdurre una conscrizione universale. Secondo Gallant, l’arruolamento degli ultra-ortodossi non è solo una questione di equità, ma una vera e propria “necessità militare” per la sicurezza del Paese.

La riforma giudiziaria: una questione di sopravvivenza democratica

Gallant ha apertamente criticato la riforma giudiziaria portata avanti dal governo Netanyahu, che mira a ridurre l’indipendenza della Corte Suprema e a rafforzare il controllo politico sul sistema giudiziario. Per l’ex ministro, questa riforma non è solo una minaccia alla separazione dei poteri, ma rischia di compromettere i fondamenti democratici dello Stato di Israele.

La sua posizione riflette un timore diffuso tra molteplici settori della società israeliana, inclusi alti ufficiali militari, giuristi e oppositori politici. Per Gallant, indebolire lo stato di diritto significa minare la coesione sociale e il consenso interno, elementi essenziali per un Paese costantemente esposto a minacce esterne e a sfide di sicurezza.

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La conscrizione universale: un test di uguaglianza nazionale

La questione dell’arruolamento degli ultra-ortodossi è forse ancora più divisiva. Gallant ha legato il suo licenziamento dal Ministero della Difesa nel novembre scorso alla sua ferma opposizione alle politiche che esonerano i membri delle comunità ultra-ortodosse dal servizio militare. Ha accusato il suo successore, Israel Katz, e lo stesso Netanyahu, di lavorare per esentare questa parte della popolazione, in cambio di sostegno politico da parte dei partiti religiosi.

L’ex ministro ha insistito sul fatto che una conscrizione universale è cruciale non solo per l’efficienza operativa delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), ma anche per preservare il principio di uguaglianza tra i cittadini. Gli ultra-ortodossi, che rappresentano una quota crescente della popolazione, continuano a beneficiare di esenzioni che molti israeliani percepiscono come un’ingiustizia e un onere sproporzionato per le altre comunità.

Il contesto politico e sociale

Le dimissioni di Gallant mettono in evidenza le fratture profonde all’interno della coalizione di governo e del sistema politico israeliano. Da un lato, Netanyahu si trova sotto pressione per mantenere il sostegno dei partiti ultra-ortodossi, fondamentali per la sopravvivenza del suo governo. Dall’altro, la crescente opposizione alla riforma giudiziaria e alla politica di esenzioni rischia di indebolire ulteriormente il suo consenso e di alimentare le proteste di massa che da mesi scuotono il Paese.

Questa crisi si inserisce in un contesto di divisioni sociali sempre più marcate, tra laici e religiosi, progressisti e conservatori, ebrei e minoranze arabe. La capacità di Israele di mantenere la coesione interna mentre affronta minacce esterne come l’Iran, Hezbollah e il conflitto palestinese dipenderà dalla gestione di queste tensioni interne.

Un bivio cruciale per Israele

Le dimissioni di Gallant rappresentano più di un semplice gesto politico: sono un richiamo al governo e alla società israeliana a confrontarsi con questioni fondamentali per il futuro del Paese. La riforma giudiziaria e la questione della conscrizione universale non sono solo dibattiti politici, ma test cruciali per il modello democratico e sociale di Israele.

Se Netanyahu e la sua coalizione continueranno a ignorare queste tensioni, Israele rischia di vedere erosa la sua stabilità interna e la fiducia nelle sue istituzioni. 

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