di Fiorenza Sarzanini
Intervista alla premier: «In questi due anni e mezzo non ho mai fatto una scelta di cui dovermi vergognare, solo chi non fa non sbaglia»
Si era presentata come una «underdog» determinata a «stravolgere tutti i pronostici». Quel 22 ottobre del 2022, quando arrivò in Parlamento per chiedere la fiducia al suo governo, Giorgia Meloni scommise su sé stessa sottolineando di essere diventata la prima donna italiana presidente del Consiglio pur non avendo «un contesto familiare favorevole o amicizie importanti».
E adesso che sono trascorsi più di due anni è convinta di averli «già stravolti», anche se poi sa bene di dover fare i conti con una situazione economica complicata, con una maggioranza litigiosa, con uno scenario internazionale ancora dominato da due conflitti tutt’altro che vicini alla soluzione. Tanto che lei stessa ha messo le mani avanti parlando di «stanchezza degli italiani per lo sforzo sostenuto rispetto al sostegno dell’Ucraina».
Di fronte alla porta del suo ufficio al primo piano di Palazzo Chigi c’è una sorta di processione, lei assicura che «la squadra funziona, ognuno sa che deve fare» ma poi si capisce che l’ultima parola deve essere la sua. E così al termine degli incontri ammonisce l’interlocutore sempre con la stessa frase: «Non siamo obbligati a rimanere». Ma a passare la mano non ha mai pensato e lo dimostra quando rivendica «il lavoro fatto finora, la compattezza delle forze di maggioranza, l’immagine di serietà e credibilità che questo governo sta dando, sia a livello interno che a livello internazionale».
Non avete punti deboli?
«C’è una grandissima, e ritrovata, fiducia da parte degli investitori e dei mercati nei confronti del Sistema Italia. Abbiamo registrato il record nella richiesta per i nostri titoli di Stato, lo spread è nettamente inferiore rispetto a quando ci siamo insediati, la Borsa Italiana ha toccato il record e le agenzie di rating hanno migliorato il loro giudizio. Quelli che qualcuno sperava fossero i punti deboli di questo governo sono diventati dei punti di forza. Certo, questo non significa che in Italia vada tutto bene e che la totalità dei problemi sia stata risolta, ma l’inversione di rotta c’è. Detto questo, sono comunque convinta che dobbiamo e possiamo fare sempre di più e meglio».
Faccia un esempio di inversione di rotta.
«I dati sull’occupazione, ne vado fiera. Abbiamo il tasso di occupazione più alto dalla Spedizione dei Mille e il tasso di disoccupazione più basso da quando è stato lanciato il primo iPhone. Gli ultimi dati Istat relativi al terzo trimestre 2024 hanno confermato questa tendenza, e ci dicono che il tasso di occupazione è arrivato al 62,4% e che la disoccupazione continua a calare, con una riduzione dello 0,6% rispetto al trimestre precedente. E sono particolarmente orgogliosa del fatto che, sotto il primo governo guidato da una donna, il tasso di occupazione femminile sia il più alto di sempre e che per la prima volta abbiamo superato il tetto dei dieci milioni di donne lavoratrici».
C’è qualcosa che non rifarebbe?
«Gli italiani ci hanno chiamato a governare l’Italia in una fase estremamente complessa, e in questa complessità abbiamo sempre cercato di muoverci seguendo un’unica bussola, quella dell’interesse nazionale. Chiaramente tutto è sempre perfettibile, ma non ho pentimenti né rimpianti perché in questi due anni e mezzo non ci siamo mai risparmiati. E non ho mai fatto una scelta della quale dovermi vergognare. Solo chi non fa non sbaglia, diceva un vecchio proverbio popolare. Credo che dietro ogni passo si nasconda sempre il rischio di un inciampo, ma questa non è una valida ragione per restare fermi. Anzi».
In questo momento, lei è l’unica donna tra i leader mondiali. Ha un modello a cui si ispira?
«No, perché credo che ogni leader abbia una sua specifica identità. Nella storia abbiamo avuto donne che hanno ricoperto grandi incarichi di responsabilità, e di loro si potrebbe sottolineare un aspetto invece che un altro. Io preferisco ambire, semplicemente, a rimanere me stessa».
Lei sta guidando l’Italia in una delle fasi internazionali più difficili con due guerre ed equilibri internazionali molto precari. C’è qualcuno con cui si confronta tra gli altri leader prima di prendere le decisioni?
«Dipende dal dossier, ma direi che uno dei punti di forza di questo governo è la capacità di dialogare con tutti. In questi due anni abbiamo rafforzato le nostre tradizionali alleanze, ma abbiamo anche aperto canali di confronto con partner con i quali prima si parlava poco o con cui i rapporti erano meno intensi. E questo è un grande valore aggiunto, che permette all’Italia di diversificare la sua proiezione geopolitica e geoeconomica. Pensate al nuovo partenariato che abbiamo instaurato con l’India: fino a pochi anni fa lì c’era persino il ban sulle imprese italiane, ora i nostri rapporti sono completamente cambiati, e questo ci sta offrendo grandi opportunità in campi prima inesplorati. Dalle interconnessioni economiche allo sviluppo dei biocarburanti, ad esempio».
E nella sua cerchia ristretta?
«Certo, ma questo credo che sia un fatto abbastanza normale. Se mi chiede, però, di citare qualcuno in particolare, mi spiace deluderla ma non lo farò. Posso dire di avere al mio fianco una squadra molto affiatata, di persone capaci che credono in ciò che fanno e delle quali mi fido molto. E questo, mi creda, fa la differenza».
Lei aveva grande sintonia con il premier britannico Rishi Sunak. Come va con Keir Starmer?
«Molto bene, siamo in sintonia su molti dossier. Penso, ad esempio, al governo dei flussi migratori e al contrasto all’immigrazione illegale di massa, perché è un fenomeno che interessa tutto il continente europeo, anche al di fuori dei confini Ue. Con Starmer siamo d’accordo che bisogna intensificare la lotta ai trafficanti, lavorare ad una maggiore cooperazione tra le nostre forze di polizia, rafforzare l’impegno sui rimpatri volontari assistiti e non aver timore di esplorare anche soluzioni innovative, come quella che l’Italia ha avviato con il protocollo con l’Albania per processare in territorio extra-Ue, ma sotto giurisdizione italiana ed europea, le richieste di asilo».
I rapporti con Macron sono davvero migliorati?
«Guardi, sul mio rapporto con Macron ho letto spesso ricostruzioni di ogni tipo. C’è chi ci ha addirittura dipinto non come due leader che hanno responsabilità di governo e si confrontano, ma come due bambini che si fanno i dispetti. Non è mai stato così. Italia e Francia sono due pilastri dell’Europa: su molti temi abbiamo interessi convergenti, su altri ci sono punti di vista differenti. Ciò che è fondamentale è confrontarsi, se necessario anche con schiettezza e senza infingimenti. L’Italia è tornata autorevole ed ascoltata anche per questo approccio».
«C’E’ CHI HA DESCRITTO ME E MACRON COME DUE BAMBINI CHE SI FANNO I DISPETTI. SIAMO DUE LEADER CHE SI CONFRONTANO»
Lei ha sempre detto «l’Italia è amica degli Stati Uniti, non del presidente in carica», però non potrà negare che l’arrivo di Trump cambierà la situazione anche rispetto agli equilibri internazionali e alle alleanze sulla guerra. L’Italia avrà la forza di rimanere dalla parte dell’Ucraina?
«Ho letto le ultime dichiarazioni del presidente eletto degli Stati Uniti Trump. Cito testualmente: “Putin dovrebbe pensare che è arrivato il momento (per fare la pace; ndr) perché ha perso. Quando perdi 700 mila persone, è il momento”, “voglio arrivare ad un accordo e il solo modo di arrivarci è quello di non abbandonare” l’Ucraina. Sono parole totalmente sovrapponibili a quelle che ho ripetuto, a nome dell’Italia, in molte occasioni. Abbiamo sempre detto che l’unico modo per giungere ad una pace è costringere la Russia in una situazione di stallo, perché non c’è alcuna possibilità di pace se non l’equilibrio delle forze di campo e se la Russia ha campo libero nell’invasione dell’Ucraina. Questo è quello che sostiene l’Italia, e che dicono anche gli Stati Uniti».
Lei e Musk siete amici?
«Siamo sicuramente due persone che hanno un ottimo rapporto. Elon Musk è un uomo geniale ed è sempre molto interessante confrontarsi con lui».
Lui ha una vita e molte idee totalmente differenti da quelli che sono i suoi principi. Non le sembra che sia una contraddizione questo rapporto così forte?
«Musk è una grande personalità del nostro tempo, un innovatore straordinario e che ha sempre lo sguardo rivolto al futuro. Trovo naturale poter dialogare con lui. Certo, ci sono cose su cui il nostro punto di vista è più simile, altre che ci vedono più distanti, ma questo non impedisce il confronto. E, mi consenta, fa abbastanza sorridere chi fino a ieri esaltava Musk come un genio e oggi invece lo dipinge come un mostro, solo perché ha scelto il campo ritenuto “sbagliato” della barricata. Io, da sempre, non ragiono così».
«TOGLIERE LA FIAMMA DAL SIMBOLO DI FRATELLI D’ITALIA? NON È MAI STATA UNA QUESTIONE ALL’ORDINE DEL GIORNO»
Musk ha mire anche economiche rispetto all’Italia. Non crede che alcune opportunità concesse alle sue aziende possano diventare un rischio rispetto alla sicurezza?
«In primo luogo, ho lavorato e lavoro per avere maggiori investimenti in Italia e valuto l’utilità di ogni investimento con la lente dell’interesse nazionale, non con quella delle idee politiche o dell’amicizia di chi investe. Questo lo facevano altri. La bussola della mia azione è la difesa dell’interesse nazionale. E questo include, ovviamente, anche la necessità di contemperare le istanze di partecipazione e innovazione con le esigenze di sicurezza. Ma è un ragionamento che si applica a chiunque voglia investire in Italia, indipendentemente dal nome che porta l’azienda».
Nel legame con Ursula von der Leyen prevalgono le convenienze politiche o la stima reciproca?
«Prevalgono un approccio pragmatico e il rispetto reciproco».
Al di là del legame personale, come definirebbe il vostro rapporto?
«Abbiamo un rapporto istituzionale, come è naturale che sia tra il presidente del Consiglio italiano e il presidente della Commissione europea. Lavorando insieme nascono ovviamente anche rapporti personali di rispetto reciproco. È normale che sia così. Abbiamo collaborato su molti temi, alcuni cruciali per l’Italia come gli accordi con i Paesi terzi per contrastare l’immigrazione irregolare. Nella composizione della nuova Commissione, con la vicepresidenza esecutiva assegnata a Raffaele Fitto, von der Leyen ha riconosciuto all’Italia il ruolo che merita e lo ha fatto anche sapendo resistere alle forti pressioni della sinistra».
Chi la critica sostiene che lei ottiene grandi risultati sulla scena internazionale, meno sul piano interno. Che cosa risponde?
«Beh, ognuno ha il suo punto di vista, è legittimo. Quello che posso dire è che è un errore pensare che siano parallele che non si incontrano mai. Le faccio un esempio: quando io vado all’estero e chiudo un partenariato strategico per le nostre imprese, sto facendo politica estera o politica nazionale? Quando mi occupo di Piano Mattei e lavoro per creare partenariati paritari che includono anche accordi contro l’immigrazione clandestina di massa, è una scelta di politica estera o che incide sulla vita interna della nazione? Dopodiché, io non sono mai soddisfatta del mio lavoro e penso che si debba fare sempre meglio».
«SAN GIOVANNI PAOLO II DICEVA CHE “IL FUTURO INIZIA OGGI, NON DOMANI”. NON SARO’ IO A DECIDERE DOVE SARO’ TRA 10 ANNI»
L’economia italiana va meglio di quella tedesca, è un risultato dettato da un particolare momento critico della Germania o lei ritiene di poterlo consolidare?
«I dati macroeconomici italiani sono positivi, ma sarebbe sbagliato guardare alle difficoltà che sta attraversando ora la Germania come a una buona notizia per noi, perché la Germania è il primo partner economico dell’Italia e i nostri sistemi industriali sono profondamente interconnessi. Siamo due potenze manifatturiere, e dobbiamo trovare nuove occasioni per rafforzare la nostra cooperazione economica e aiutarci a vicenda per sostenere la riconversione di segmenti produttivi. Ci sono tante opportunità, non ultima l’urgenza di integrazione della difesa europea e la già significativa collaborazione tra aziende italiane e tedesche del settore, leader anche a livello globale».
In Fratelli d’Italia è stato avviato un dibattito e qualcuno non esclude più di togliere la Fiamma dal simbolo. Lei come la pensa?
«Penso che togliere la fiamma dal simbolo non sia mai stata una questione all’ordine del giorno».
Non crede che la sua maggioranza al di là dei comunicati ufficiali, sia troppo litigiosa?
«Ci si confronta, come d’altronde succede in tutte le famiglie che si rispettino. Il centrodestra è composto da forze politiche diverse, ognuna con la propria identità ma che sa sempre trovare una sintesi. Condividiamo una visione del mondo, e ci riconosciamo sui valori fondamentali. Questa è la nostra forza, da trent’anni a questa parte. Dopodiché, le maggioranze davvero litigiose hanno il problema di non riuscire a fare nulla. Non mi pare il nostro caso, francamente».
È Elly Schlein la sua antagonista?
«Spetta ai cittadini deciderlo, di certo non a me. Certo, credo che sia abbastanza naturale che qualcuno ci descriva come dirette antagoniste, visto che Fratelli d’Italia e il Partito democratico sono oggi le due principali forze politiche italiane. Ma, da qui alle prossime elezioni politiche, è difficile dire quale sarà il quadro».
Crede davvero che questo scontro continuo con i giudici porti vantaggi al vostro governo?
«L’esecutivo ha fatto delle scelte precise per governare l’immigrazione, e il protocollo con l’Albania è una di queste. È una soluzione molto innovativa, che sta facendo scuola in Europa e non solo, perché è chiaro a tutti che può infliggere un colpo mortale alle organizzazioni criminali che speculano sui migranti per ingrassare i loro profitti».
Quando si è insediata ha citato Paolo Borsellino come esempio. Non è contraddittorio attaccare poi i magistrati?
«Io sono cresciuta con l’esempio di Falcone e Borsellino e ho massimo rispetto per i giudici. Resto convinta che la stragrande maggioranza dei magistrati italiani abbia il nostro stesso obiettivo, ovvero quello di disarticolare le reti criminali e assicurare alla giustizia i trafficanti di esseri umani».
Dove si vede tra dieci anni?
«San Giovanni Paolo II diceva che “il futuro inizia oggi, non domani”. Ecco, io mi preoccupo solo di fare al meglio il mio lavoro, ogni giorno. Poi ciò che succederà domani, tra un anno o dieci non sarò io a deciderlo. L’unica cosa che mi sta a cuore è lasciare una nazione migliore di quella che ho trovato, nient’altro».
CHI È
LA VITA
Giorgia Meloni è nata a Roma il 15 gennaio 1977, il padre era un commercialista, la madre è stata scrittrice di romanzi rosa. Ha una sorella maggiore, Arianna, 49 anni. A 15 anni ha aderito al Fronte della Gioventù. Il primo incarico politico risale al 1998, quando diventa consigliera provinciale. Nello stesso anno ha dato vita alla manifestazione Atreju. Nel 2006 è stata eletta in Parlamento.
LA CARRIERA
Nel 2008, a 31 anni, è diventata ministra della Gioventù nel IV governo Berlusconi. Nel 2012 ha fondato Fratelli d’Italia, partito del quale è presidente dal 2014. Vince le elezioni politiche nel 2022 e diventa la prima donna presidente del Consiglio (nella foto lo scambio della campanella con il predecessore Mario Draghi).
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