Come combattere il processo di desertificazione bancaria

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Ultim’ora news 3 gennaio ore 20

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Sta avendo fortuna, nel dibattito pubblico, la locuzione «desertificazione bancaria» con riferimento alla consistente chiusura – o in alcuni casi al trasferimento – di sportelli bancari.

Avremo al riguardo delle novità nell’anno ora iniziato? Intanto, proseguono le segnalazioni insieme con le contestazioni, da parte di comuni, della soppressione di dipendenze che lasciano prive le piazze di una presenza bancaria: l’ultimo caso riguarda il lodigiano.

La scomparsa degli sportelli bancari

Cinquemila sportelli circa sono stati chiusi dal 2018 al 2023 e i comuni privi di filiali bancarie sono oggi oltre tremila.

Quando vigeva quella che venne definita come «amministrativizzazione del credito», l’apertura o l’acquisizione di nuovi sportelli era molto ambita, costituendo lo strumento fondamentale per espandere l’attività di una banca e competere con gli altri istituti in un contesto in cui la regolamentazione era capillare e dominava sui tassi e le altre condizioni il cosiddetto «cartello bancario», l’accordo tra le banche su livelli e limiti delle relative operazioni. Il rendimento di uno sportello era pressoché sicuro.

Con l’affermarsi del recepimento della prima Direttiva europea di coordinamento bancario venne meno la possibilità di richiamare, da parte della Vigilanza, le esigenze del mercato per accogliere o rifiutare il rilascio dell’autorizzazione alla costituzione di una banca o all’apertura di uno sportello.

Era l’avvio della liberalizzazione, coronata poi con il riconoscimento della banca come impresa operato dalla seconda Direttiva bancaria. Anche a prescindere dalla legislazione europea, in Italia, tra fine anni Settanta e prima parte degli Ottanta iniziarono a maturare quelli che allora si definirono gli enzimi della concorrenza.

Il carattere di impresa rivestito da una banca – non più un soggetto riconducibile al settore pubblico – e la liberalizzazione delle misure sulla rete territoriale, pur non venendo meno i generali e gli specifici poteri d’intervento della Vigilanza, definirono un quadro, con la fine del «piano sportelli», di cui bisogna tuttora tener conto nel riflettere sull’accennata desertificazione.

Questa costituisce un fenomeno che vede il coinvolgimento di istituzioni locali, clientela, cittadini in genere e, non per ultimi, lavoratori bancari. È il portato di trasformazioni profonde avvenute nel tempo, da ultimo con la digitalizzazione, l’operatività a distanza, i costi operativi, la priorità assegnata ad altri settori di competitività.

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Le difficoltà dei Comuni senza filiali bancarie e possibili soluzioni 

Tuttavia il problema resta, con i Comuni sguarniti di una diretta assistenza bancaria, che spesso vuol dire qualcosa in più della mera presenza di un istituto con conseguenti difficoltà, in particolare per le classi di anziani e per la stessa immagine dei servizi in generale dei quali poter fruire in un Comune.

Non si possono imporre oneri amministrativi alle banche-imprese relativamente alle loro decisioni di organizzazione territoriale, ma ciò non significa che nulla possa essere fatto, ivi compreso ciò che è, invece, ammissibile e può essere frutto di una non dirigistica moral suasion e, soprattutto, quel che può essere ricondotto all’impiego degli strumenti di pagamento.

Vi è, poi, il ruolo di Poste con la maggioritaria partecipazione del settore pubblico, storicamente caratterizzata per l’insediamento anche nei più piccoli centri.

È immaginabile pensare a iniziative coordinate con le banche per la disponibilità, nei Comuni abbandonati da istituti di credito, di strutture automatiche nell’ambito del sistema dei pagamenti?

Prima ancora, è fuori luogo pensare a una forma di concorrenza che si manifesti con banche che pubblicizzino l’operatività in centri che altrimenti sarebbero privi di sportelli e che assicurino il rapporto, in presenza, con la clientela, in particolare quella anziana, magari in alcuni giorni della settimana?

Si riesce a tenere i due versanti di una concorrenza al tempo dell’intelligenza artificiale, con riferimento alla clientela esperta e aggiornata anche nell’impiego delle nuove tecnologie, da un lato, e con quella meno aggiornata e di età avanzata, dall’altro?

ll ruolo dei sindacati bancari e la connessione con il territorio

I sindacati dei bancari stanno dimostrando una particolare attenzione nei confronti di questi problemi e avanzano proposte e progetti. Centrale è un appropriato ruolo delle banche, da pubblicizzare e da rendere strumento di concorrenza, nei confronti del territorio di insediamento. Quelle che a volte si autodefiniscono «banche del territorio» ancor più sono tenute a distinguersi.

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La loro vocazione locale diventa un punto di forza, ma va curata e rafforzata con idee e progetti che facciano leva, innanzitutto, sulla comunicazione e sul colloquio con il cliente. Ciò vale anche per le banche grandi, come il caso del Banco Bpm (impegnato nella vicenda dell’Ops lanciata dall’ Unicredit), che ha uno dei suoi punti di forza proprio nell’articolazione territoriale e nel collegamento con famiglie e imprese delle diverse aree. Di ciò la Vigilanza non potrebbe non tenere conto.

In ogni caso, è auspicabile che il tema «banche e territorio» sia in quest’anno oggetto di particolare approfondimento e su di esso rifletta anche la Vigilanza accentrata. L’abbandono di Comuni riguarda purtroppo anche un recente progetto della Banca d’Italia – sul quale sembra che per ora sia calato il silenzio – che riguarda la chiusura delle dipendenze di Brescia e di Livorno: due filiali insediate in due importanti territori e tutte due con una grande storia alle spalle.

Le motivazioni addotte sono diverse. Esse, tuttavia, non affrontano una rigorosa valutazione di un possibile rafforzamento delle competenze dell’intera rete. In un passato non lontano, la presenza della Banca sul territorio veniva diffusamente ritenuta come presenza dello Stato con l’affidabilità dell’emissione della moneta e delle altre attribuzioni.

D’altro canto, sarebbero difficili e contraddittori un’eventuale critica delle dismissioni da parte di banche e l’impiego di criteri affini a Via Nazionale.

E ciò a maggior ragione, mentre si manifestano spinte autonomistiche che si concretano anche nella legge ora sub iudice e che comunque richiederebbero un raccordo diverso con le istituzioni dello Stato in particolari settori.

L’Umanesimo tecnologico 

Sia chiaro: non vi è alcun rigetto dell’impiego delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale. Si tratta, però, della necessità di impiegarle per unire, non per dividere e separare o, peggio, abbandonare.

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L’intelligenza artificiale deve integrare e non sostituire quella umana, ha detto il presidente dell’Abi Antonio Patuelli nella Giornata mondiale del risparmio. Qualcuno ha parlato di un umanesimo tecnologico. Sono tutte affermazioni che opportunamente spingono a fare, non a disertare. (riproduzione riservata)



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