Risorse europee e fondi Fsc, l’affondo di Fontana. «Per il Sud sono l’ultima spiaggia. La manovra di bilancio? Un assalto alla diligenza»

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Vito Fatiguso

Intervista al leader degli industriali.«La Puglia avrebbe bisogno di collegamenti ferroviari più rapidi, anche sulla linea Adriatica, maggiore capacità logistica per le merci e un sistema aeroportuale con più destinazioni»

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«È l’anno decisivo per lo sviluppo economico-sociale della Puglia: occorre utilizzare al meglio l’ingente dotazione dei fondi comunitari e ridurre il gap con l’Italia più competitiva. In questo percorso anche la politica, locale e nazionale, deve fare la sua parte e non pensare agli interessi di parte: la priorità è conquistare spazi nel mercato internazionale». 
Sergio Fontana, presidente di Confindustria Puglia, è pronto a grandi cambiamenti. Tra qualche mese, alla soglia della prossima estate, terminerà il suo mandato alla guida dell’associazione Bari-Bat e il testimone da cedere al prossimo presidente porterà con sé tanti traguardi da tagliare. L’economia locale è in una fase di ristrutturazione e attinge ai fondi comunitari con un anno e mezzo di ritardo rispetto alla Liguria (prima Regione a dare il via all’intesa).

Presidente Fontana, l’anno appena concluso ha avuto alti e bassi. Cosa resta dell’ultimo periodo?
«È stato firmato l’accordo per sbloccare i fondi Fsc e con l’intera dotazione finanziaria la Puglia potrà sfruttare oltre 8 miliardi fino al 2027».




















































Una bella cifra. Soprattutto se le risorse saranno impiegate nel modo giusto.
«Questa è la vera incognita. Avere la responsabilità di programmare il futuro dei nostri figli ci deve spingere a non sprecare o commettere leggerezze. Voglio essere chiaro: è l’ultima spiaggia per rilanciare il nostro Sud».

A cosa pensa in termini di priorità?
«Agli aspetti che riescono a invertire la tendenza. Parlo di infrastrutture e di filiera della conoscenza (dagli asili nido alle università passando per le specializzazioni dei professionisti). Molte iniziative, purtroppo, potevano essere gestite meglio».

Si riferisce al tema della decontribuzione per il Sud?
«Dispiace che la misura richiesta da Confindustria non sia diventata strutturale, ma legata a parametri per la sola piccola impresa. Guardi, da queste scelte scaturiscono tante conseguenze».

Ci faccia un esempio.
«Le grandi imprese danno spazio ai manager, alle competenze che guardano al futuro. Confermare l’abbattimento degli oneri del 25 per cento alle sole realtà più piccole non incentiva la crescita e il rientro dei manager nati in Puglia e andati via per la formazione».

Che Confindustria lascia?
«Una realtà valida, solida e al servizio degli associati. Gli ultimi due bilanci si sono chiusi con un avanzo sostanzioso (quattrocentomila euro complessivi, ndr) e, in particolare, Confindustria ha rafforzato la propria autorevolezza perché ha valutato le situazioni con equidistanza dalla politica. C’è stato il dialogo sulle Zes, mentre a livello regionale c’è stata la regia per la programmazione degli strumenti d’incentivazione come Pia e Contratti di Programma. Siamo slegati dalla partitocrazia».

A proposito di politica: cosa ne pensa di ciò che è successo in Regione per la manovra di bilancio?
«Si dice che ogni realtà ha i politici che si merita. Sinceramente abbiamo assistito all’assalto alla diligenza: consiglieri che avevano come unico obiettivo ottenere piccoli privilegi territoriali senza un filo logico in termini di collettività. Occorre cambiare la mentalità».

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Lei è a capo di una delle aziende più smart del settore farmaceutico (Farmalabor di Canosa di Puglia). Ha mai pensato di trasferire l’attività?
«Certo. Sia in Europa, sia a Milano dove siamo presenti con un plesso ad Asiago. Ma alla fine il Sud ha una delle leve più potenti di crescita: il capitale umano. Qui dialoghiamo con le università. Nella nostra sede si svolgono due master di specializzazione, in cosmetica e galenica, e con l’Uniba abbiamo in comune la titolarità di brevetti. C’è un vantaggio competitivo».

Ma ciò non può essere sufficiente.
«È vero, mancano altri fattori come i trasporti, la mobilità e la logistica. Ecco perché la sfida è rendere le infrastrutture più efficienti. Se investissi a Bergamo? Avrei a disposizione un hub aeroportuale con centinaia di collegamenti giornalieri, l’alta velocità ferroviaria e l’ampia rete autostradale. Farmalabor fattura 20 milioni con 130 dipendenti ma crede nel territorio. D’altronde gli imprenditori hanno una responsabilità sociale e non si occupano solo di vendite».

Di cosa avrebbe bisogno una Puglia vincente?
«Due priorità: collegamenti ferroviari più rapidi, anche sulla linea Adriatica, maggiore capacità logistica per le merci e un sistema aeroportuale con più destinazioni. E soprattutto investire sulla filiera della scuola che resta l’unico ascensore sociale esistente».

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