IL FENOMENO
Le intercettazioni dell’operazione Ombra svelano come non ci sia settore immune dalle estorsioni: nel mirino anche discoteche, ristoranti, cantieri
La piaga delle estorsioni non è sparita. E non è nemmeno in via di estinzione. Supermercati, discoteche, ristoranti, cantieri. Non c’è settore che non resti infettato dal virus del racket. L’estate scorsa, a luglio, la squadra mobile ha azzerato la nuova cupola di Cosa nostra, mettendo il ben servito in particolare ai gruppi storici dei Santapaola-Ercolano della Stazione e del quartiere Cibali. Il nome dell’operazione, Ombra, è stato ispirato dal modo di operare del boss Francesco Russo, che tentava in tutti i modi di rimanere una nebulosa rispetto ai soldati e i gregari operativi. A marzo ci sarà l’udienza preliminare per 34 imputati.
Dalle intercettazioni sono emersi numerosi episodi di estorsione e, in pieno agosto, la pm Raffaella Vinciguerra – titolare dell’inchiesta – ha sentito come persone informate sui fatti una serie di potenziali vittime. E c’è purtroppo chi, solo dopo l’avvertimento dell’iscrizione nel registro degli indagati per falsa testimonianza al pubblico ministero aggravato dall’aver agevolato la mafia, ha deciso di dire la verità. E di ammettere di “pagare” il pizzo a Cosa Nostra. Il titolare di diversi supermercati in città – con un contratto di franchising di un noto marchio – prima ha negato (per paura) e poi ha confessato che per fermare le tante rapine subìte ha accettato di versare, attraverso un dipendente, una tangente di 250 euro a punto vendita al clan. «Quasi il costo di un dipendente», ha detto amaramente. Ma era stato lo stesso “esattore” al Riesame ad ammettere le contestazioni della procura.
Le bustarelle
Le bustarelle erano consegnate ogni 10 del mese: le conversazioni non hanno lasciato dubbi agli investigatori. Il fattorino del pizzo, anche lui la prima volta «spaventato», ha rimosso ogni ricordo, ma poi è tornato sui suoi passi e ha raccontato per filo e per segno ogni cosa. Il santapaoliano si sarebbe presentato un giorno in uno dei supermercati e avrebbe chiesto di parlare con il titolare. Che in quel momento però non c’era. Poi ci sarebbe stato l’incontro durante il quale si sarebbe trovato l’accordo per far terminare le rapine. Da quel giorno infatti il “principale” gli avrebbe dato una busta – con su scritto “panificio” – dove all’interno metteva la somma da consegnare all’esattore del clan Santapaola-Ercolano. Che dopo qualche anno sarebbe cambiato. Il titolare ha spiegato di aver consegnato la “bustarella” almeno fino alla scorsa primavera.
Nella lista delle persone invitate negli uffici della procura, nel pieno della calura agostana, ci sono stati anche imprenditori dell’intrattenimento e titolari di discoteca. Il comparto più gettonato è quello dei buttafuori: attraverso loro la mafia riuscirebbe a entrare nel settore dei locali notturni. Uno dei proprietari, nonostante gli siano state lette anche alcune intercettazioni, ha negato qualsiasi coinvolgimento diretto nel pagamento di tangenti alla famiglia catanese di Cosa Nostra.
Un commerciante, invece, appena si è seduto davanti alla pm, non si è nascosto. Ha raccontato di essere stato lui in qualche modo a voler “pagare” una piccola somma a una sua vecchia conoscenza in modo da prevenire contatti diretti con “gente” della mafia. Però aveva fatto i conti senza l’oste perché tempo dopo ha scoperto che quella persona sarebbe stata addirittura parente degli Ercolano.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA
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