di Vito Schepisi
Fa meraviglia osservare che il Governo in carica regga e tragga favore e sostegno nel gradimento popolare, nonostante le difficoltà dei tempi e le guerre che, da crisi di area, rischiano di trasformarsi in conflitti mondiali, e tali da coinvolgere anche la popolazione europea.
Tutti gli accadimenti che mettono in discussione la sicurezza, e che comprimono la fiducia nel futuro dell’umanità, mettono in crisi la fiducia politica verso i governi.
Sembra, invece, che oggi in Italia non sia così.
E’ un unico in Europa!
La sostanziale compattezza tra i partiti della maggioranza, per coesione e per attività di Governo, proietta l’Italia in uno dei suoi rari casi di solida stabilità politica.
Come ai tempi del centrismo, di Alcide De Gasperi, del miracolo economico, del piano Marshall e della Legge Fanfani per l’edilizia popolare del 1953.
C’è un’Italia diversa!
S’avverte anche nell’attenzione politica dei paesi della Terra per le recenti iniziative del Governo.
Senza frottole, coi piedi ben saldi per terra, con una maggioranza coesa.
Con l’attenzione a non far lievitare il debito, anzi con l’obiettivo di ridurne l’impatto rispetto al PIL, sono stati eleminati gli slanci e l’attenzione all’effimero.
Sono state tagliate anche quelle forme di finanziamento ad amici e compagni, e non meno tutte quelle follie lessicali (si pensi alla schwa, alle declinazioni delle funzioni al femminile, alle ideologie woke) che ci facevano apparire come un popolo di deficienti che, invece di usare il cervello per trovare soluzioni ai problemi, si trastullavano disputando sul niente.
Anche l’assalto alla diligenza, come accadeva ogni fine anno per tutte le leggi di bilancio, questa volta non c’è stato.
Non solo il taglio delle cattive abitudini del passato, pertanto, ma anche il riscontro di numerosi segnali d’attenzione, tanti da far pensare che l’Italia abbia anche contribuito solidamente ad indurre tutta l’Europa alla riflessione sulle derive ideologiche della Comunità.
La stabilità per un Paese di democrazia avanzata è una virtù, anche perché, contando sulla sicurezza, si creino le condizioni migliori per affrontare le scommesse del futuro.
L’Italia pragmatica e attenta, fuori dalle gabbie ideologiche, consapevole che senza crescita economica non esistano altri modi per favorire il dinamismo sociale, saprà ritrovarsi più facilmente rispetto a qui paesi europei entrati, invece, in confusione.
Malgrado i tentativi già visti dei nuovi barbari e nazifascisti, sottraendo le ragioni ideologiche dagli obiettivi e dalle spinte transizionali, avendo già idea sulle scelte, si ha fiducia che l’Italia saprà cambiare il corso della sua storia.
L’esigenza di sempre dei popoli liberi non sono, infatti, le avventure, ma la prudenza e l’intuito. L’equilibrio – tra le esigenze della tutela dell’ambiente e quelle della produzione, dell’occupazione e della crescita – non è l’uovo di colombo, ma è la sintesi logica della tutela e della sopravvivenza.
Guardando, invece, l’Europa, partendo da Germania, Francia e Spagna (per citare le economie più solide), si intravedono i segnali di crisi e di decrescita economica, con la produzione industriale che arretra, con i mercati che soffrono e con gli investimenti che rallentano e scappano.
Il contrario della stabilità politica è l’incertezza politica che:
– interviene quando le cose non vanno;
– apre la strada alla disaffezione per la politica e quindi al populismo.
Quest’ultimo, poi, alimenta il brodo di coltura dell’antipolitica, cioè della forma più subdola dei fascismi, quando anche un comico può dar origine ad un “mantra” e quando un legale dei poteri forti, delle holding e delle banche, facendosi politico, s’attribuisce il ruolo di “avvocato del popolo”.
Se, infatti, il fascismo è quel sistema politico che calpesta la democrazia, rifiuta il pluralismo e fa erba secca del confronto e delle scelte del popolo, cos’altro è, se non “fascismo”, l’insulto reiterato e costante agli avversari politici e la spinta giustizialista, ben oltre la legittima opposizione, contro il Governo ed il Parlamento legittimati, invece, dal consenso del Popolo?
Il fascismo si forma quando c’è chi cavalca l’insoddisfazione sociale e sobilla la reazione.
I fascisti – di qualsivoglia colore si dichiarino – diventano la manovalanza, spesso formata e ideologizzata, dei soliti cattivi maestri che, navigando nella loro cultura stratificata, non riescono ad uscirne fuori, disperdendosi, per somma di retorica, nelle loro teorie costantemente prive di concretezza e di realtà verificate, finendo con l’essere i mandanti morali delle visioni esasperate, delle faziosità e delle violenze fisiche e verbali.
Individui spesso arroganti e sclerotizzati nella loro visione etico-sociale, talmente da non comprendere che il pluralismo non è solo democrazia, ma è anche libertà, riforme e regole che valgano per tutti.
Individui che non comprendono che il pensiero non è libero per volontà d’altri, ma per natura.
Imprigionare, pertanto, il pensiero, o usarne contro violenza, non è soltanto impresa inutile, ma anche demenziale.
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