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Amiche e amici della grande famiglia paralimpica italiana,
si sta per concludere un anno che non possiamo non definire straordinario, partendo, non ultimo, dal ricordo del risultato di Parigi 2024. Quella che, al preludio, poteva sembrare una Paralimpiade molto difficile, anche perché l’asticella, dopo Tokyo, era stata posta molto in alto, in realtà si è dimostrata sul campo una meravigliosa Paralimpiade. Il merito è ascrivibile, in primis, alle atlete e agli atleti, ai loro tecnici, alle società sportive di base o ai corpi militari cui sono tesserati ma anche alle loro famiglie, perché dietro a un grande atleta c’è sempre una grande famiglia.
142 atlete e atleti qualificati, la delegazione più ampia di sempre, numeri che dimostrano che ci eravamo approssimati a Parigi già con un risultato importante. 53 gli esordienti, a segnare un movimento che pensa non solo a consolidare il presente e a rafforzare il passato ma che nello stesso tempo è proiettato sul futuro. Abbiamo chiuso Parigi con 71 medaglie, due in più rispetto a Tokyo ma soprattutto con l’incredibile risultato del 6° posto nel medagliere. Non era mai successo, né per numero di medaglie né per posizione nel medagliere, fatta eccezione per le prime due edizioni dei Giochi Paralimpici, quelle del 1960 e del 1964, due edizioni non comparabili per numero di atleti e di Nazioni partecipanti.
Questo è un risultato dal quale non potevo non partire ma non è l’unico risultato, anche se rappresenta la punta dell’iceberg, quella che ci consente di tenere alti i riflettori sul nostro movimento e sulla nostra famiglia paralimpica. E’ con questi risultati, infatti, che siamo riusciti a penetrare nelle case degli italiani, questo grazie al sostegno della Rai, che ha voluto dedicare Rai 2 come rete paralimpica, con dirette che hanno consentito di far conoscere sempre di più e sempre meglio i nostri atleti, le loro storie e ad attivare quella contaminazione necessaria per arrivare alla medaglia più bella, quella di poter far nascere la curiosità e la speranza che tanti ragazzi disabili possano avvicinarsi al nostro movimento grazie all’esempio dei nostri campioni.
L’anno è straordinario per i risultati ma anche perché il nostro movimento non lascia mai nessuno indietro. Quindi da un lato il risultato e, nello stesso tempo, continuare a seminare con i campus di avviamento per i bimbi e le bimbe disabili nel Paese, sia per gli sport estivi che per gli sport invernali; continuare poi con quel lavoro straordinario nel mondo della scuola, con il Ministero dell’Istruzione e del Merito, con il mondo universitario, con quello della riabilitazione, dei centri di unità spinale o di protesizzazione insieme all’Inail. Si tratta quindi di un’azione completa, vasta, molto diffusa, impegnativa, che però sta dando i suoi frutti. Oggi dovete interpretare il Comitato Italiano Paralimpico, che mi piace definire più di una organizzazione, come un reale agente di cambiamento sociale. E’ conosciuto, si è imposto all’attenzione della gente e tutti insieme stiamo determinando quella silenziosa rivoluzione culturale nel Paese.
Noi non dobbiamo sentirci un mondo a parte ma una parte del mondo e dobbiamo sempre pensare a quelle decine di migliaia di persone, anche con disabilità molto gravi, che magari non potranno mai praticare sport. Dobbiamo essere riflettori in grado di accendere e tenere alta l’attenzione su quelle Paralimpiadi quotidiane che tanti nostri ragazzi devono affrontare tutti i giorni e per tutta la vita.
Fintanto che ci sarò, mi piace coltivare il senso di appartenenza a una comunità tutta, che insieme sta producendo quello che sta producendo e che non è mai il frutto di un uomo solo al comando. Per questo tendo a ringraziare tutti quegli uomini e quelle donne che silenziosamente, non apparendo, continuano a lavorare e a credere in quello che noi facciamo, a partire dal territorio, dalle società sportive che continuano ad alzare tutti i giorni le serrande del proprio gruppo sportivo o dei propri impianti sulle speranze di tanti giovani, coltivando quell’idea del diritto allo sport che deve appartenere a tutti. Un diritto allo sport la cui declinazione deve essere percepita ma, allo stesso tempo, realmente accessibile a tutti in termini di accesso, di accoglienza. Non basta pensare e declamare la necessità di avere infrastrutture sportive senza barriere architettoniche. Serve che in
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quelle infrastrutture ci siano tecnici preparati all’accoglienza della legittima domanda di rispetto del diritto allo sport di qualsiasi cittadino. Ecco, il mondo paralimpico è tutto questo e voi ne fate parte e dovete continuare a farne parte con sensibilità e senso di responsabilità, perché veramente noi possiamo rappresentare quella forza travolgente che, con il nostro contributo, potrà rendere questo Paese più equo e solidale.
Con questa breve riflessione voglio salutarvi, voglio salutare l’anno che sta finendo e augurare a tutti voi ciò che di meglio il 2025 vi potrà portare, pensando alla salute, alla serenità e rammentandoci sempre di guardare sempre indietro a quelli che stanno peggio di noi. Il nostro compito è quello di interpretare le speranze e i sogni di chi non potrà realizzarle. Anche questo è il mondo paralimpico, che gioisce per i grandi risultati ma prova quotidianamente a non lasciare indietro nessuno.
So che c’è ancora tanto da fare, so che dovremo mettere ancora tanto impegno nel nostro quotidiano lavoro e noi continueremo a farlo grazie alle federazioni, agli enti di promozione sportiva, ai dipendenti del Comitato Italiano Paralimpico qui a Roma e in giro per il territorio.
L’importante è che nessuno si senta escluso da una partecipazione emotiva, ideale e, nella più nobile accezione, da una partecipazione politica allo sviluppo di un movimento che possa incidere sul progresso di questo Paese.
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