Nel 2023 non c’è stato disaccoppiamento tra crescita economica e produzione dei rifiuti (uno degli impatti ambientali della crescita stessa), che continuano a salire in parallelo. Lo dice l’ultima edizione del Rapporto Rifiuti Urbani dell’ISPRA.
Vediamo i risultati salienti, dalla produzione pro capite al riciclo alla rete impiantistica.
0,7%, allineamento tra aumento del Pil e produzione dei rifiuti
Uno dei dati centrali del rapporto ISPRA è l’allineamento, la perfetta sovrapponibilità nelle curva di crescita del Pil e della produzione di rifiuti: insomma, nessuna traccia del tanto desiderato disaccoppiamento, quello che renderebbe più sostenibili la produzione e i consumi. Nel 2023, infatti, con il Prodotto interno lordo in aumento dello 0,7%, la produzione nazionale di rifiuti urbani, dopo il calo del precedente biennio, registra un corrispondente aumento dello 0,7, attestandosi a quasi 29,3 milioni di tonnellate.
Produzione pro capite stabile negli ultimi cinque anni
Soprattutto, negli ultimi 5 anni, non si vede una riduzione sensibile della produzione pro capite di rifiuti urbani. La media vuole che ogni cittadina e cittadino italiano producesse 503 chilogrammi di rifiuti l’anno nel 2019: 5 anni dopo, nel 2023, siamo a 496 chilogrammi, dopo aver essere passati per i 502 del 2021 e i 494 del 2022.
Il dato italiano si colloca sotto la media UE, pari a 513 kg/abitante/anno (2022)-
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14 punti percentuali: lo spread della raccolta differenziata
Il valore complessivo nazionale della raccolta differenziata nel 2023 raggiunge il 66,6% del totale dei rifiuti urbani prodotti. Con un non irrilevante differenziale geografico che scivola dal 73,4% al Nord, al 62,3% al Centro al 58,9% al Sud: 14,5 punti percentuali di differenza tra Nord e Sud.
Proprio nel Mezzogiorno si osserva negli ultimi anni la crescita maggiore della raccolta differenziata, “tanto che – osserva ISPRA – lo scostamento tra Nord e Sud si è ridotto di 4,5 punti e tra Centro e Sud di 3,8”.
Nel complesso, quasi il 71% dei comuni italiani ha conseguito una percentuale di raccolta differenziata superiore al 65%. Bologna, che arriva a quasi al 73%, è la prima città con popolazione superiore ai 200.000 abitanti a superare l’obiettivo del 65%. Superano il 55% o si avvicinano a tale percentuale Torino, Firenze, Messina e Verona i cui tassi si attestano, rispettivamente, al 57,1%, 55,6%, 55,4% e 53,4%.
Segue Roma, in leggera crescita rispetto al 2022, si colloca al 46,6%, Genova si attesta al 46,1% (+3% rispetto al 2022) mentre Bari e Napoli superano il 40%, rispettivamente con il 43,2% e il 41,9%.
Per quanto riguarda le città della Sicilia, Catania passa dal 22% al 34,7%, facendo rilevare una crescita di quasi 13 punti percentuali (+26,5% in termini di aumento dei quantitativi intercettati) e Palermo si attesta al 16,9% con un leggero incremento rispetto al 15,2% del 2022.
Riciclo dei rifiuti urbani lontano dagli obiettivi 2025 e 2030
Abbiamo detto quanti rifiuti urbani produciamo e quanti ne raccogliamo separatamente. Ma quanti ne ricicliamo? ISPRA ci dice che la percentuale di riciclaggio dei rifiuti urbani si attesta nel 2023 al 50,8%. Dato in crescita rispetto al 2022 (49,2%), al di sopra dell’obiettivo del 50% previsto dalla normativa per il 2020, ma non certo vicino a quel 55% che dovremmo raggiungere l’anno prossimo (2025: solo due anni dopo rispetto al 2023 cui fanno riferimento i dati) e soprattutto al 65% indicato per il 2030.
Conferimenti in discarica al 15,8%
I rifiuti urbani complessivamente smaltiti in discarica rappresentano il 15,8% dei rifiuti urbani prodotti, attestandosi a 4,6 milioni di tonnellate, in calo rispetto ai 5,2 milioni di tonnellate del 2022. “Occorre pertanto ridurre ancora questa forma di smaltimento per raggiungere gli obiettivi europei, che fissano uno smaltimento massimo dei rifiuti urbani pari al 10% della produzione, a partire dal 2035”, ricorda ISPRA.
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Ok gli imballaggi, plastica esclusa
Bene gli imballaggi: per questo settore, uno dei flussi più monitorati dall’Europa, nel 2023 tutte le frazioni merceologiche hanno già ampiamente raggiunto i target di riciclaggio fissati a livello europeo per il 2025, ad eccezione della plastica “che comunque è prossima all’obiettivo (48% a fronte di un obiettivo del 50% al 2025)”.
La spina dorsale della gestione dei rifiuti: i 656 impianti
Gli impianti di gestione dei rifiuti urbani, operativi nel 2023, sono 656. Più della metà di queste strutture è dedicata al trattamento della frazione organica della raccolta differenziata, “anche se non tutte le regioni ancora dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti”, sottolinea l’ISPRA.
Il recupero di questa frazione viene effettuato, in maniera prevalente, negli impianti di trattamento integrato anaerobico/aerobico, che passano da 51 a 61 con il 56,8% dei quantitativi trattati, seguito dagli impianti di compostaggio (36,9%); la restante quota del 6,3% è gestita negli impianti di digestione anaerobica.
Import export di rifiuti urbani
Nel 2023 è stato esportato il 4,6% dei rifiuti urbani prodotti, 1,4 milioni di tonnellate, a fronte di 319 mila tonnellate rifiuti importati. Campania, Lombardia e Calabria sono le regioni che esportano maggiormente i propri quantitativi. Danimarca, Paesi Bassi, e Germania i Paesi cui destiniamo più rifiuti urbani. La Francia è il Paese da cui proviene il maggior quantitativo di rifiuti urbani, 101 mila tonnellate, corrispondente al 31,7% del totale importato; seguono la Svizzera con il 27,4% e la Germania con il 17,1% del totale. Le regioni che importano i maggiori quantitativi sono Lombardia e Liguria.
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Gestione dei rifiuti più cara e a prezzi difformi nelle diverse Regioni
Aumentano le spese a carico dei cittadini per la gestione dei rifiuti urbani. Il costo medio nazionale annuo pro capite passa dai 192,3 euro/abitante del 2022 ai 197 del 2023. Vediamo però le differenze territoriali dietro questa media: al Centro I costo più elevato lo pagano i cittadini del Centro, con 233,6 euro/abitante, segue il Sud con 211,4 euro/abitante e infine il Nord con un costo pari a 173,3 euro/abitante.
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