Il sistema di credito sociale è un concetto relativamente recente e controverso, associato principalmente alla Cina, dove è ormai operante su vasta scala. Il progetto cinese mira a raccogliere dati su comportamenti sociali, economici, legali e sulle attività online del singolo cittadino al fine di assegnargli un “punteggio sociale” che riflette la sua affidabilità e reputazione all’interno della società. Il progetto fu annunciato pubblicamente nel 2014, dopo essere stato vagliato dal Comitato centrale del Partito comunista cinese e dal Consiglio di Stato. Il piano non è stato completato, come invece era previsto, entro il 2020 perché non si tratta di un unico sistema ma di un insieme di sistemi creditizi, in ambiti disparati, che coinvolgono soggetti diversi: singoli individui, imprese, funzionari governativi, manager aziendali, abitanti delle zone rurali. Ogni sistema utilizza criteri diversi stabiliti dalle autorità locali.
Questi sistemi di social scoring prevedono la gestione centralizzata di una mole gigantesca di dati riguardanti la condizione economica e sociale di ogni singolo soggetto e il livello di rispetto dei doveri – dal pagamento delle tasse, e degli stipendi ai dipendenti, alla differenziazione di rifiuti – utili per l’elaborazione di un codice unico identificativo, simile al nostro codice fiscale. L’obiettivo del piano è incentivare le buone azioni – o quelle considerate tali – attraverso l’assegnazione di crediti, e disincentivare le cattive azioni attraverso la sottrazione di crediti. Relativamente ai cittadini, a essere giudicata è un’ampia gamma abitudini, dall’utilizzo dei videogiochi (che fa perdere crediti) al fatto di essere genitori (che ne fa guadagnare).
In base al comportamento, a ciascun individuo o azienda viene assegnato un punteggio, che può influenzare disparati aspetti della vita quotidiana. Per esempio, chi mantiene un punteggio sociale alto può beneficiare di incentivi – accesso più facile ai prestiti, trattamento preferenziale negli ospedali, abbassamento delle tasse, sconti sui servizi pubblici, ottenere certificati – mentre chi ha un punteggio basso può subire restrizioni, come divieto di acquistare biglietti per treni o aerei, limitazioni sull’accesso a posti di lavoro nella pubblica amministrazione, accesso ridotto al credito. Il codice unico identificativo è connesso a un registro personale che testimonia la propria fedina comportamentale al momento di comprare un biglietto aereo o sottoscrivere un mutuo: chi sarà debitore verso lo Stato, per esempio, non potrà fare nessuna delle due cose. Insomma, un distopico gioco a punti che tanto somiglia a un episodio della serie Netflix Black Mirror, in cui la protagonista compete fino alla disperazione per raggiungere un punteggio che le consenta di entrare nell’élite della società.
Quando i vari sistemi saranno integrati in un unico sistema, passare con il semaforo rosso, essere coinvolti in una rissa, copiare durante gli esami, scaricare documenti illegali, partecipare a proteste, o scrivere frasi contro il Partito Comunista sui social media, saranno comportamenti che comporteranno la perdita di punti in ogni angolo della Repubblica Popolare. Anche gli amici e le relazioni contano. Infatti, chi frequenta persone con un punteggio basso, vedrà automaticamente anche i suoi punti abbassarsi. D’altro canto, azioni come, donare il sangue, visitare i genitori, impegnarsi in opere di beneficenza, aiutare i poveri o lodare il governo sui social, sono esempi di come guadagnare punti. La cosa più problematica, è che il punteggio di un cittadino influisce anche sui diritti dei suoi figli.
Prendere parte ai sistemi privati o governativi di credito sociale è tecnicamente volontario, ma, come abbiamo visto, esistono incentivi per chi decide di aderirvi, e disincentivi per chi si rifiuta di partecipare. Una volontarietà controllata, quindi. L’aspetto più singolare è che il database online è consultabile da chiunque: massima trasparenza, per i governanti cinesi; violazione della privacy per chi non condivide l’iniziativa.
Il sistema è stato utilizzato a tappeto durante il periodo-covid per individuare e multare chi non rispettava le misure restrittive: in molte città, chi violava la quarantena e si rifiutava di farsi misurare la temperatura corporea veniva inserito in una lista nera. C’è da sottolineare, tuttavia, che il sistema è servito anche per sospendere momentaneamente i debiti di aziende e cittadini, durante l’emergenza sanitaria, e consentire alle imprese di ritardare i pagamenti dei dipendenti senza incorrere in multe.
L’esperimento cinese ha ricevuto consensi ma anche critiche. I timori formulati da più parti sono effettivamente fondati o, in realtà, l’istituzione del sistema di credito sociale va visto come una normale iniziativa del governo cinese non dissimile dalle consuete normative adottate nella generalità degli Stati? In un mondo che sempre più va spaccandosi in due aree geopolitiche nettamente distinte, una risposta netta, in un senso o nell’altro, è praticamente impossibile.
Un timore formulato in merito a questo sistema è che esso possa esacerbare le disuguaglianze sociali, dividendo la società e creando classi di emarginati. Sullo sfondo sembra cogliersi l’obiettivo di realizzare, in chiave punitiva e deterrente, la creazione di vere e proprie liste nere da utilizzare per tracciare i presunti trasgressori, destinatari delle sanzioni irrogate a fronte di comportamenti ritenuti inaffidabili. Si giustificherebbe, per effetto dell’attribuzione di punteggi negativi calcolati dal sistema di rating, l’esclusione sociale in condizione di isolamento individuale dalla comunità di appartenenza nei casi di accertata non conformità delle persone alle regole dominanti vigenti.
Alla tesi occidentale che ipotizza il rischio di una repressione pervasiva si contrappone una diversa lettura che ha trovato consensi anche in ambito MIT – Massachusetts Institute of Technology di Boston – secondo la quale il sistema avrebbe come obiettivo primario quello di salvaguardare l’industria del credito finanziario di un’ancora acerba economia di mercato, attraverso la crescita della responsabilità sociale dei singoli e la disincentivazione delle condotte illecite. Probabilmente la verità è nel mezzo, ma la vera preoccupazione riguarda l’eccessivo arbitrio decisionale delle autorità governative nella determinazione delle condotte da sanzionare. Le aree di intervento indicate sono quattro: gli affari governativi, il commercio, il campo giudiziario e la società. Se da un lato è rincuorante sapere che non vi saranno regole rigide da rispettare per il settore formativo (scuola, università, enti di ricerca), per la sanità e il mondo dell’informazione, è preoccupante non sapere cosa comprende la quarta area, quella della società, che può essere estesa a tutto e al contrario di tutto.
Il mondo intellettuale cinese ha valutato il progetto come risposta al degrado morale innescato da un ventennio di crescita economica selvaggia e, in parte, anche fuori controllo. E la gente come l’ha presa? È da rilevare che l’opinione pubblica cinese, pur dimostrando una crescente attenzione per la privacy, ha accolto favorevolmente il sistema perché auto-inducendo le persone a comportarsi in modo corretto, ne giova il benessere e la sicurezza collettiva. Ampiamente condivisa è la finalità di creare il “buon cittadino”, premessa insostituibile per creare una società dove vige l’armonia e l’interesse comune, pilastri della filosofia confuciana.
Perché deve interessarci ciò che sta avvenendo in Cina? Perché il credito sociale si è affacciato anche in Italia. “Preoccupanti i meccanismi di scoring che premiano i cittadini virtuosi”, sono queste le parole usate dal Garante della privacy per descrivere le iniziative attraverso le quali organizzazioni, ministeri ed enti locali vorrebbero assegnare un credito sociale alla cittadinanza. Sono tre i progetti sui quali il Garante ha aperto un’istruttoria, avviati dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, dai ministeri della dell’Ambiente e delle Infrastrutture, dai Comuni di Bologna e Fidenza.
Gli interventi dell’Autorità si sono resi necessari a causa dei rischi connessi a meccanismi di profilazione che potrebbero avere conseguenze giuridiche negative sui diritti e le libertà degli interessati. Non è mancato chi ha visto in questi progetti un attacco all’articolo 12 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che recita: “Nessuno deve essere soggetto a interferenze arbitrarie con la sua privacy, famiglia, casa o corrispondenza, né ad attacchi al suo onore e alla sua reputazione”.
Che giudizio dare sul sistema di social scoring, in particolare su quello cinese che è allo stadio più avanzato? I media occidentali l’hanno spesso definito come il nuovo “Grande Fratello” cinese, con riferimento al romanzo distopico 1984: senza dubbio un paragone suggestivo, ma a oggi non più vicino alla realtà di quanto lo sia la stessa opera di Orwell. Il Sistema di Credito Sociale cinese è un progetto tramite cui Pechino mira principalmente a risolvere annose questioni interne – sociali ed economiche – che l’apparato normativo ha dimostrato di non saper fronteggiare. Senza dubbio esistono delle criticità, ma per ora niente psicopolizia né stanze 101, nelle quali coloro che hanno deviato dal volere del partito, vengono riportati, attraverso la tortura, all’amore per il leader assoluto.
Mario Grasso
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